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Agenas paralizzata e collaborazione Governo Regioni al palo

di Filippo Palumbo

06 GIU - Gentile Direttore,
richiamo l’attenzione su due aspetti dell’attuale momento del nostro Servizio Sanitario Nazionale che sembrano apparentemente separati ma che invece hanno tra loro un forte rapporto.
 
Primo aspetto. Leggendo questo quotidiano, in pochi giorni o addirittura in poche ore si sono susseguite notizie di questo tipo:
1. Bufera sulla sanità del Piemonte. Indagate 19 persone e 5 società per turbativa d’asta e corruzione per la fornitura di dispositivi medici
2. Marche. Non ci sono pazienti, chiude il Covid Center di Civitanova. Costato 12 milioni, aveva aperto il 27 maggio
3. Sottraevano prodotti dalla farmacia ospedaliera per rimetterli sul mercato. Due arresti a Saronno
4. Terremoto nella ASL Napoli1 per presunte infiltrazioni camorristiche. Si valuta il commissariamento

Sembra suonare forte il campanello d’allarme che ci avverte che i fenomeni di corruzione e di cattiva amministrazione sono ancora ampiamente presenti e possono costituire una minaccia seria per il nostro SSN. Essi, infatti, non solo si confermano come un fattore critico molto rilevante dell’organizzazione sanitaria italiana, ma indeboliscono anche la posizione del nostro Paese rispetto alla Unione Europea su tutto il fronte delle risorse straordinarie da attribuire all’Italia per il superamento della drammatica crisi economico sociale e per la ricostruzione e potenziamento delle strutture e degli interventi sanitari.
 
Secondo aspetto. Passano i giorni, passano le settimane, corre veloce il contatore delle scadenze da rispettare per i programmi operativi con i connessi i piani di   potenziamento  e  riorganizzazione sia funzionale che strutturale   delle reti regionali di assistenza sanitaria che le Regioni devono adottare ai sensi degli artt. 1 e 2 del Decreto legge n. 34/2020 (cosiddetto Decreto Rilancio), ma non si avverte nel Paese e nelle singole Regioni quella “tensione programmatica” straordinaria che ci si aspetterebbe  a fronte delle disponibilità di risorse aggiuntive così rilevanti.
 
Qual è il legame tra questi due aspetti?
 
Parto da un elemento solo apparentemente scontato: il rapporto tra buona amministrazione (compresa la buona programmazione) e contrasto alla corruzione e al malgoverno.
 
Se ci si trova a Venezia, è d’obbligo trovare il tempo per visitare il complesso dell’Ospedale di Venezia. Parlo dell’Ospedale SS Giovanni e Paolo cui si accede tramite la facciata di quella che fu la Scuola grande di San Marco.
Appena varcato l’ingresso se si alza lo sguardo e si guarda a destra si vede una lapide.
 
Se ci avvicina si può leggere lo scritto che è scolpito sulla lapide
 
“Domenico Rizzo fu Guardian della
Scuola di San Marco bandito dall'Eccelso
Conseglio di Dieci per l'infedeltà del suo
maneggio, et per haver intaccatti, e ven-
duti li capitali della medesima, con ini-
que forme, e fraudi enormi.”
 

 
Ho ricordato la scritta sopra riportata, per richiamare l’attenzione su questo esempio poco conosciuto della grandezza politico civile della Repubblica della Serenissima: scolpire sulla lapide il ricordo di un episodio di ruberia di un pubblico funzionario, di cui viene detto il nome e raccontato il malfatto a perenne memoria e condanna civile. Un piccolo ma significativo episodio che spiega uno dei perché la Repubblica di Venezia Serenissima fu grande: forza militare ed economica ma anche buon governo, complesso bilanciamento dei poteri e severità contro la corruzione.


Tutto ciò per evidenziare non solo che, con strumenti ovviamente diversi, anche nella fase attuale, senza aspettare le iniziative della Giustizia penale e della Giustizia contabile, la lotta alla corruzione e agli sprechi resta fondamentale, ma anche che essa è più facilmente conducibile quando si opera in un quadro trasparente di pesi e contrappesi tra i vari livelli decisionali e programmatici.
 
Eccoci allora all’altro punto di attenzione, che è quello di tornare a invocare per la Sanità un metodo di lavoro condiviso tra Stato e Regioni basato sulla leale collaborazione.
 
Tutti i momenti più significativi dell’evoluzione del nostro SSN sono stati caratterizzati da una forte partecipazione e condivisione delle Regioni.  Cito solo due esempi; l’approvazione dei Piani Sanitari Nazionali, la definizione dei documenti alla base dei DPCM sui LEA, il lavoro preparatorio dei Patti per la salute.
 
Attenzione, non parlo solo del confronto politico istituzionale ma anche di quello tecnico istruttorio, regolarmente verbalizzato e consultabile. Voglio dire che qui si parla non di rapporti meramente politici, ma di spazi e metodi di lavoro istruttorio interistituzionale.
 
Lo schema che invece si sta seguendo - basato sul fatto che il Ministero elabora indicazioni, poi le Regioni approvano i loro programmi e piani, poi ancora il Ministero anzi i Ministeri (Min Salute e MEF) approvano/bocciano - appare del tutto inadeguato. L’inadeguatezza nasce dal fatto che questo schema (il Ministero come mandante e le Regioni come mandatari, quindi esecutori) ha da tempo mostrato tutta la sua inefficacia.
 
Qui occorre richiamare quel concetto di stewardship, su cui insiste da ormai parecchi anni l’OMS. Una modalità gestionale e relazionale tra Ministero e Regioni, in cui i rispettivi ruoli vengono giocati sul piano della interlocuzione, della collaborazione, del supporto che porta alla elaborazione dei documenti tecnici alla base degli atti programmatori che vanno poi ovviamente all’approvazione dei rispettivi organi politico istituzionali. È intuitivo immaginare che un tipo di lavoro elaborativo e istruttorio così trasparente e condiviso non solo è quello che garantisce un esito favorevole all’iter di adozione degli atti programmatori ma è anche fortemente impermeabile a pressioni illecite e a forzature.
 
Purtroppo, la strada imboccata non è questa. Se lo fosse, in queste settimane dovremmo registrare un lavorio cospicuo, una fitta interlocuzione tecnica e trasparente tra livello centrale e livello regionale, che oltretutto potrebbe essere utile a chiarire alcuni aspetti meritevoli di forte e condivisa attenzione, come quello del rapporto con il DM n. 70/2015 e quello della zona di flessibilità che deve esserci tra area intensiva, area sub intensiva e area non intensiva e tra queste e le altre forme di residenzialità sanitaria.
 
Di tale lavorio non si vede traccia. Eppure, la rilevanza di queste problematiche è tale che errori previsionali o inadeguatezze dei moduli organizzativi sono destinati a creare nel tempo non solo diseconomie, ma soprattutto mancate risposte all’ emergente quadro dei bisogni assistenziali.   
 
A questo proposito, vi è anche da chiedersi se sia stato producente il modo in cui da parte ministeriale è stata gestita la vicenda Agenas. L’Agenzia sarebbe potuta essere lo strumento attraverso cui realizzare questo rapporto Ministero-Regioni basato sulla stewardship . Sarebbe,  ma non lo è stata per l’imperdonabile modo di conduzione di questo delicato dossier, per cui proprio quando dell’Agenas c’era bisogno, essa è stata paralizzata.
 
In questa situazione bisogna allora insistere perché ciò che non si è fatto venga fatto nel corso del prossimo mese. Come dire (modificando per forza di cose) “fare, anche con un leggero ritardo, ma fare bene”. Sottolineo leggero, a  scanso di equivoci!
 
Filippo Palumbo
Già Capo del Dipartimento per la Programmazione sanitaria del Ministero della salute

06 giugno 2020
© Riproduzione riservata

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