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Riforma Titolo V. Lusenti: "Sanità allo Stato o alle Regioni? Meglio una terza via"

di Marzia Caposio

Ed è quella di "manterere il sistema concorrente ma con livelli di raccordo e connessione trasversali più forti e più solidi, che devono essere rappresentati dalle agenzie come l'Agenas e l'Aifa". Per l'assessore alla Sanità toscana, Luigi Marroni, “il Patto Salute sarà la cornice in cui le Regioni potranno dimostrare la loro capacità di autogovernarsi e governare insieme il sistema”.

31 MAR - “No al governo della sanità centralizzato a livello nazionale”. Si tratta di una “ricetta vecchia di cui conosciamo gli esiti negativi” e che ha portato alla necessità di “raddrizzate ogni 6 mesi i divari che si creavano tra un’area e un’altra del Paese per evitare che aumentassero”. Concordano su questa posizione (che sembra coincidere con quella del premier RenziCarlo Lusenti e Luigi Marroni, rispettivamente assessore alla Salute dell’Emilia Romagna e della Toscana, che pur ritenendo importante che il governo centrale mantenga un ruolo di “controllo e coordinamento”, rivendicano l’autonomia regionale nella gestione della sanità e si dicono convinti della capacità delle Regioni di organizzarsi per “governare unitariamente l’intero sistema”.

L’occasione per rivendicare l’autonomia regionale in sanità è stato il convegno sull’Innovazione nelle cure primarie promosso dalle Regioni Emilia Romagna e Toscana, appunto, e che si è aperto oggi a Bologna. In particolare, rispondendo a una domanda precisa sulle Riforme Costituzionali, oggi al centro del Consiglio dei Ministri convocato alle 15.00 e, in particolare, del Titolo V, ha sostenuto l'esistenza di "tre possibilità, o tre correnti di pensiero". La prima , "non perseguibile" ma "prepotentemente sostenuta da alcuni", riguarda la nascita di un "neo centralismo". A sostenere questa strada sono coloro che ritengono che l'affidamento della gestione della sanità alle regioni "sia la causa dei problemi, ma non è assolutamente così. Le differenze tra le Regioni nella salute non nascono con il Titolo V o con il regionalismo ma sono vecchie come l'unità del paese", ha sttolineato Lusenti secondo il quale è piuttosto "il centralismo che ha già dmostrano di essere fallimentare". Secondo l'assessore alla Sanità dell'Emilia Romagna, inoltre, "non credo che ci sia qualcuno pronto ad accettare che l’ospedale di Milano, Padova, Bologna siano gestiti da Roma".

La seconda possibilità è quella di affidare la legislazione esclusiva alle Regioni, che per Lusenti "potrebbe avere qualche presupposto a partire dalla legge 229", ma è "una direzione rischiosa" perché "se il diritto alla salute è fondamentale, le differenze di esigibilità che già ci sono e che già sono eccessive tenderebbero ulteriormente ad aumentare". La soluzione, allora? Per Lusenti è in una "terza strada, che è anche la più complicata" e consiste nel "manterere il sistema concorrente su due livelli di responsabilità costituzionale, ma con punti di raccordo e connessione trasversali più forti, più solidi e di maggior tenuta, che devono essere rappresentati dalle agenzie quali l'Agenas e Aifa" a cui, a parere di Lusenti, andrebbe aggiunta una "Agenzia di acquisti".

Lusenti aveva già accennato questa posizione nel corso della sua relazione di apertura del convegno sulle cure primarie promosso dall'Emilia Romagna e dalla Toscana. “La volontà di organizzare questo incontro – ha spiegato - nasce da alcune considerazioni che sono punti di riferimento che guidano il nostro operato in sanità non solo in ambito cure primarie”. La prima riguarda l’innovazione. “Un obiettivo che non va perseguito perché va di moda. Vogliamo fare cose nuove perché siamo in un mondo nuovo. Perché dobbiamo dare risposte nuove a bisogni nuovi, a diritti nuovi, a una società che cambia”. Questo, secondo Lusenti, “non può essere fatto difendendo vecchi modelli o aspettando che qualcuno ci dica cosa dobbiamo fare”. Per l’assessore alla sanità dell’Emilia Romagna, in questo senso, c’è quindi bisogno di “più integrazione”. Ma per Lusenti non significa solo “più integrazione istituzionale, tra professioni, organizzativa e tra ospedale e territorio”. Per Lusenti quello di cui c’è bisogno è “più integrazione all’interno del Ssn proprio perché è nazionale, così come lo è il diritto costituzionale alla salute”. Il messaggio che ha voluto lanciare Lusenti è che “non possiamo convivere facendo finta che sia naturale che in buona parte del Paese questo diritto non sia esigibile e che si tratti di una cosa che ci riguarda solo perché viviamo in una Regione che eroga i servizi adeguatamente”. L’integrazione che intende Lusenti è quella tra Regioni. Significa “dire no alla deriva competitiva e autoreferenziale di ciascuna regione” e sì alla cooperazione per superare le differenze che oggi penalizzano l’assistenza sanitaria di offerta ai cittadini di alcune Regioni rispetto a quelli di altre Regioni.

Posizione, come detto, condivisa da Luigi Marroni, secondo il quale perpetuando l’attuale modello significa perpetuare in divari che “hanno bisogno di essere raddrizzati ogni 6 mesi per evitare che aumentino”. Anche per l’assessore alla Salute della Toscana, quindi, “la soluzione non è un centralismo totale, ma l’autonomia regionale”. D’altra parte, secondo Luigi Marroni, “non è che dal livello nazionale ci sia mai stata una grande direzione dei lavori”. Secondo Marroni, “il Patto per la Salute sarà la cornice in cui le Regioni potranno dimostrare la loro capacità di autogovernarsi e governare unitariamente il sistema”.

E una dimostrazione di questa possibilità l’hanno offerta proprio Emilia Romagna e Toscana, come sottolineato dai due assessori, che hanno ricordato il recente protocollo che mira a studiare insieme, selezionare e diffondere le buone pratiche. “Abbiamo dimostrato – ha sottolineato Lusenti - che il rapporto tra Regioni non è solo contabile, burocratico, di mobilità e di discussione in sede di riparto ma che sappiamo lavorare e migliorare insieme in uno scenario di valori e obiettivi condivisi”.

Gli assessori alla sanità di Emilia Romagna e Toscana hanno poi sottolineato un altro obiettivo da raggiunge, che sarà anche al centro dei lavori del convegno promosso a Bologna. “Il percorso di cambiamento e implementazione che stanno compiendo le professioni sanitarie va seguito attraverso l’introduzione di modelli che, valorizzando queste professionalità, permettano di riportare i malati a casa”. Dunque, costruire strutture, organizzazioni e competenze che garantiscano un sistema il più possibile umanizzato e vicino al cittadino.

Marzia Caposio

31 marzo 2014
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