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Infezione da Hcv. Gli sforzi per eradicare il virus in Italia


Lo screening della popolazione generale, e in particolare della popolazione a rischio, per l’HCV è il primo fondamentale passo per l’eradicazione della malattia. L’Italia si sta muovendo in questo senso, con progetti regionali e reti che coinvolgono attori ospedalieri e del territorio. Grazie ai farmaci antivirali attualmente disponibili è possibile curare la malattia e prevenire nuovi contagi, come ci raccontano Loreta Kondili (Iss), Emanuele Monti (Regione Lombardia) e Vito Di Marco (Rete Epatologica Siciliana)

19 GEN -

L'epatite virale C è un importante problema di salute pubblica. In seguito all’approvazione dei farmaci ad azione antivirale diretta che permettono di trattare l’infezione, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha stabilito la necessità di eradicare la malattia entro il 2030. In Italia, il Ministero della Salute ha promosso una campagna di screening per l’Epatite C in tutti i soggetti nati tra il 1969 e il 1989, al fine di effettuare una diagnosi precoce e intervenire tempestivamente. La Conferenza Stato Regioni ha sancito la proroga del Fondo nazionale per lo screening nazionale gratuito per l’eliminazione del virus dell’Hcv fino a dicembre 2024 per la coorte di nascita dal 1969 al 1989, ma anche per tutti i soggetti seguiti dai Servizi per le dipendenze (Ser.D.) e per tutti i detenuti in carcere, che rappresentano una popolazione particolarmente a rischio di infezione.

A che punto siamo in Italia

“In Italia, l’infezione da virus dell'epatite C è da sempre un problema di salute pubblica. In questo Paese, in passato, si registrava una mortalità tre volte più importante di quella rilevata in altri Paesi europei”, ricorda Loreta Kondili, ricercatrice presso l’Istituto Superiore di Sanità.

“Grazie all'arrivo dei farmaci con azione virale diretta contro l'epatite C abbiamo trattato oltre 257.000 pazienti”, continua, “Inoltre, ora disponiamo di un fondo dedicato allo screening per l’epatite C”. Attualmente, sottolinea l’esperta, l’aderenza allo screening è bassa, probabilmente perché i cittadini pensano che l’infezione riguardi solo le popolazioni a rischio, soprattutto le persone che fanno uso di droghe. Non è così: il virus infetta anche la popolazione generale. Il contagio può avvenire, per esempio, anche in occasione di procedure estetiche che in passato non venivano eseguite prestando attenzione alle norme igieniche. Per questo si chiede a tutta la popolazione generale di effettuare, una volta nella vita, il test per l’epatite C, che è molto semplice e non invasivo. “Oggi disponiamo di cure veramente molto efficaci che in 2-3 mesi permettono di eliminare del tutto l'infezione e il rischio di progressione della malattia verso la cirrosi o il cancro del fegato”.

A che punto siamo in termini di screening in Italia? Kondili nell’intervista fornisce i dati aggiornati a fine 2023. “Abbiamo effettuato lo screening di più di 860.000 persone e abbiamo identificato circa 1.300 pazienti con infezione da epatite C”.

L’esperta nota come, nelle carceri e nei Ser-D., la prevalenza dell’infezione sia particolarmente elevata: “circa il 20-25 % di queste persone risulta positiva all’infezione. Nel corso dell’anno, in queste popolazioni a rischio, abbiamo identificato circa 8.000 nuove infezioni”. E conclude: “se riuscissimo ad eliminare l'infezione in queste popolazioni potremmo anche intervenire sulla trasmissione del virus: la terapia permette anche di fare prevenzione”.

Al momento dell’intervista, l’esperta sottolineava come la proroga del fondo nel 2024 (che come abbiamo visto è avvenuta), fosse indispensabile: l’obiettivo è l’eradicazione della malattia e in Italia c’è ancora molto lavoro da fare.

Lombardia: una campagna di prevenzione facilitata dalla comunicazione tra ospedali e territorio

In un Paese caratterizzato da tanti sistemi sanitari quante sono le Regioni, è importante valutare il contributo di ognuna alle campagne di prevenzione. Vediamo quindi come affrontano la lotta all’epatite C due territori che si trovano agli estremi opposti del Paese: Lombardia e Sicilia.

“La Regione Lombardia è impegnata nell'implementazione di campagne importanti nel campo della vaccinazione, dello screening e della prevenzione”, commenta in un’intervista Emanuele Monti, Presidente della Commissione permanente Welfare della Regione Lombardia. La Lombardia, continua Monti, ha collaborato attivamente anche in sede di conferenza Stato Regioni, mettendo in luce la necessità di collegare gli ospedali, gli stakeholder, i medici di medicina generale, alle nuove strutture del territorio (le case di comunità e le strutture private accreditate con la Regione Lombardia) per avviare campagne attive sulla popolazione.

“Per quanto riguarda l'epatite C, la Lombardia è da sempre attiva con campagne di screening e collaborazioni con il Ministero della Salute,”, precisa Monti. E spiega come sia stato avviato anche un lavoro con i laboratori analisi, per effettuare dei prelievi di sangue ed effettuare le analisi degli anticorpi in modo pratico e veloce. “Questo ha portato a degli ottimi risultati: in un anno abbiamo contattato circa 100.000 persone target, su un campione di 400.000. Quindi il 25% delle persone chiamate attivamente dalle nostre strutture territoriali ha aderito all’iniziativa”. Secondo Monti ciò dimostra che la rete ospedale-territorio funziona.

“Il lavoro che abbiamo fatto sull'epatite C può diventare uno standard a nazionale ed essere applicato anche ad altre campagne (vaccinali, di prevenzione, di screening) sulle quali si gioca il futuro del nostro Paese”, conclude Monti. “Per ogni euro investito in prevenzione il Sistema Sanitario Nazionale ne risparmia quasi tre*. Ecco quindi che la prevenzione, anche da un punto di vista di sostenibilità economica, diventa fondamentale”.

In Sicilia una rete per la gestione delle malattie del fegato

Anche la Sicilia punta sulle reti che mettono in collegamento tutti gli attori della sanità per riuscire a gestire ed eradicare le patologie. Nel 2023 è stata attivata, con decreto Sintesi PBC, : Sicilian Network for Therapy, Epidemiology and Screening in Hepatology, come ci racconta Vito Di Marco, Responsabile scientifico Rete Epatologica Siciliana.

“La rete coinvolge le strutture pubbliche - cominciando dall’Assessorato alla Salute, ma anche le Università e le Aziende Sanitarie della Sicilia - i Medici di Medicina Generale, le aziende farmaceutiche e i farmacisti, le associazioni scientifiche e le associazioni pazienti”, spiega. “Sono state create cinque reti di settore: due per le malattie da virus dell'epatite C e da virus dell'epatite delta, una per le malattie immunologiche, una per la malattia da steatosi e una per l’epato-carcinoma e della cirrosi”.

In realtà la rete HCV in Sicilia era già attiva (esiste da circa 10 anni), e ha permesso la gestione di tutti i pazienti infetti dal virus con terapia antivirale. “Abbiamo registrato circa 20.000 pazienti e ne abbiamo curati più di 17.000”, nota l’esperto. Una volta che il processo dell’eradicazione del virus nelle persone in cui l’infezione è nota è a buon punto, i medici si concentrano sullo screening dei pazienti che non sanno di avere l’HCV. “Per prima cosa abbiamo coinvolto i Medici di Medicina Generale e le farmacie per aiutarci a individuare i pazienti a rischio e avviarli allo screening. Abbiamo poi dato il via a una campagna di informazione, sul web, sui giornali, per le strade (con dei manifesti), per informare i cittadini della possibilità di sottoporsi al test che viene eseguito gratuitamente e senza ricetta o ticket in tutti i laboratori di analisi della Sicilia”.

In presenza di infezione il paziente viene inviato a uno dei 32 centri di epatologia della Sicilia che partecipano al progetto per una valutazione dello stato della malattia e per poter essere sottoposto velocemente a una terapia adeguata.

Oltre alla popolazione generale, come abbiamo accennato, occorre concentrarsi in particolare sui gruppi a rischio, come le persone che fanno uso di sostanze o i carcerati. Per questo la Sicilia ha dato il via anche a dei progetti dedicati a queste popolazioni. “La rete HCV Sicilia ha ricevuto un finanziamento da Gilead International, grazie al quale abbiamo sviluppato un progetto nelle carceri”, spiega Di Marco. “In Sicilia ci sono 23 carceri, per un totale di circa 6.000 detenuti. Siamo riusciti a testarne circa 5.000 e abbiamo riscontrato una prevalenza dell’infezione da HCV del 5%. È stato un grande successo, perché abbiamo avuto l’occasione di curare tutti quei pazienti all’interno delle carceri”. È un ottimo esempio di appropriatezza del test, che ha portato a un risultato immediato.

La rete sta lavorando anche all’interno dei Ser.D. I risultati ottenuti a Palermo e Catania mostrano per ora una prevalenza dell’infezione tra le persone con dipendenze del 22-23%. Continuando questo lavoro, secondo Di Marco, “nei prossimi anni in Sicilia, potremo arrivare all’eradicazione dell’infezione. Non so se ci riusciremo entro il 2030, ma ci stiamo provando”.


*The European House Ambrosetti, Meridiano Sanità, Le coordinate della Salute, Rapporto 2022. Testo disponibile in: https://www.ambrosetti.eu/news/investire-sulla-salute-per-una-crescita-sostenibile-dellitalia/



19 gennaio 2024
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