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Iss. Un progetto europeo studierà come sostituire gli interferenti endocrini


Gli interferenti endocrini, usati nell’industria, sono dannosi per la salute. La ricerca scientifica cerca di sostituirli con “equivalenti” non dannosi. Questo è l’obiettivo di LIFE-EDESIA, progetto europeo coordinato dall’Iss, che studia alternative più sicure per la salute e altrettanto valide per gli usi industriali.


17 OTT - Si chiamano “bisfenoli”, “ftalati” e “parabeni” e sono sostanze utili e dalle molteplici applicazioni industriali (dagli strumenti medici ai prodotti per l’igiene e la cura personale al food packaging) che, tuttavia, creano preoccupazione per il loro carattere di interferenti endocrini, cioè per la loro capacità di alterare il sistema endocrino, causando rischi per la salute.
 
Pertanto, la ricerca scientifica e le autorità regolatorie europee cercano di sostituirli con “equivalenti” che non siano interferenti endocrini. A tale scopo, nasce LIFE-EDESIA
(“Endocrine disruptors in silico/in vitro - Evaluation and Substitution for Industrial Applications”), un progetto europeo LIFE, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, nel cui ambito i ricercatori lavoreranno per individuare alternative ai tre gruppi di sostanze che siano più sicure ai fini della tutela della salute umana e altrettanto valide per gli usi industriali.


 
Gli interferenti endocrini, come le sostanze considerate dal progetto LIFE-EDESIA, sono da tempo nel mirino della ricerca scientifica e del Programma REACH per la rivalutazione delle sostanze chimiche prodotte o usate in Europa in quanto sostanze “molto”, analogamente alle sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la riproduzione. Ciò anche perché la popolazione generale è largamente esposta a questi interferenti endocrini, che sono presenti in numerosi prodotti della vita quotidiana.


 
”Quello che intendiamo realizzare – spiega Alberto Mantovani, coordinatore di LIFE-EDESIA – è lo sviluppo di una strategia scientifica per attuare il principio di sostituzione nei confronti di questi specifici interferenti endocrini. La strategia sviluppata potrà anche essere applicata ad altri ambiti. Un approccio che sia innovativo, che poggi su solide basi sperimentali, ottimizzando l’utilizzo dei test in vitro e riducendo la necessità di ricorrere ai test in vivo, perlomeno nel campo degli interferenti endocrini, e che sia anche ‘conveniente’ dal punto di vista dei costi e dei tempi”. 


 
Esiste già una lista di sostanze potenzialmente sostitutive, ma spesso mancano i dati relativi alla loro eventuale tossicità. “Il nostro primo obiettivo – dichiara Stefano Lorenzetti, responsabile scientifico del progetto – è sviluppare un sistema integrato in silico (modelli informatici)/ in vitro (utilizzando linee cellulari umane) che valuti l’attività di interferenza endocrina delle sostanze candidate alla sostituzione facendo uso di marcatori funzionali e/o di effetto già utilizzati nella pratica clinica. Ci aspettiamo di identificarne da tre a cinque per ognuno dei tre gruppi di sostanze considerate, e di valutarne il possibile impatto sulla sicurezza dei prodotti negli specifici settori considerati (materiali a contatto con gli alimenti, cosmetici, plastiche utilizzate nei dispositivi medici)”.
 
Verranno cioè prodotti veri e propri prototipi che saranno poi valutati comparativamente con gli analoghi prodotti normalmente in uso.

Sono partner del progetto l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, l’Università di Napoli “Federico II” e la EtnaLead srl.

17 ottobre 2013
© Riproduzione riservata

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