Ictus. Meglio fare la riabilitazione in ospedale
di Kathryn Doyle
La riabilitazione post-ictus richiede “uno sforzo sostenuto e coordinato” da parte di diverse figure professionali; ed è per questo che, secondo una dichiarazione congiunta dell’American Heart Association e dell’American Stroke Association, il posto migliore per farla è una struttura in regime di ricovero.
05 MAG -
(Reuters Health) - “Gran parte dell’intervento su pazienti colpiti da ictus si è focalizzato su come affrontiamo il singolo evento nelle prime fasi. Così, rivolgersi quanto prima al pronto soccorso è un primo importante passo – ha dichiarato
Carolee Winstein, professoressa di biokinesiologia e terapia fisica all’University of Southern California di Los Angeles – ma molti pazienti restano con disabilità che si portano dietro tutta la vita e la riabilitazioni conseguente a questi eventi deve essere trattata come una patologia cronica.È molto importante per la vita futura, per la qualità della vita e per l’indipendenza”.
Le nuove linee guida
Secondo le raccomandazioni descritte dalle due associazioni, i pazienti non dovrebbero essere dimessi prima di aver preso parte a un programma strutturato di prevenzione delle ricadute. Un programma che dovrebbe includere spiegazioni su come prendere misure di sicurezza in casa, per esempio eliminando tappeti e migliorando l’illuminazione, in modo da ridurre al minimo il rischio di caduta, uno degli effetti collaterali dei medicinali per la terapia post-ictus. Inoltre, i pazienti dovrebbero essere istruiti sull’uso in sicurezza di carrozzine, girelli e stampelle.
Ma i malati dovrebbero anche fare una formazione per capire le funzioni della mobilità, seguire un programma di esercizi su misura e impegnarsi in attività cognitive come usare il computer, leggere e ascoltare musica. “La riabilitazione deve far capire al paziente e alla sua famiglia cosa si può fare per ridurre il rischio di un secondo ictus”, ha sottolineato Winstein. La riabilitazione in strutture adeguate, dunque, dovrebbe includere un team di lavoro multidisciplinare che comprende una terapia medica, fisica, neuropsicologia e logopedica. “Si avrebbe così un’equipe che lavora per il paziente e la sua famiglia, un team che si può avere solo in strutture specializzate”, ha dichiarato l’esperta.
La terapia, inoltre, richiede un minimo di tre ore di attività al giorno, ma non tutti i pazienti che hanno subito un ictus sono in grado di mantenere questi ritmi, soprattutto all’inizio. “Se un paziente non ha una buona resistenza all’inizio si dovrebbe rivolgere a una struttura specializzata con l’obiettivo di migliorare la resistenza allo sforzo, per tornare poi a farsi seguire dall’unità di riabilitazione”, ha spiegato Winstein.
Fonte: Stroke 2016
Kathryn Doyle
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
05 maggio 2016
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Scienza e Farmaci
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001
Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma
Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari
Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto
Joint Venture
- SICS srl
- Edizioni
Health Communication srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013
Riproduzione riservata.
Policy privacy