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Fibrillazione atriale. Il 40% degli italiani non sa cosa sia, il 60% ne ignora il legame con l’ictus


È quanto emerso da un’indagine condotta dal Censis. I risultati hanno mostrato un vuoto informativo preoccupante nonché dati sorprendenti: oltre il 40% delle persone affette da fibrillazione atriale, ad esempio, non ne conosce con esattezza caratteristiche, complicanze e possibili cure.

21 NOV - Trasferire agli italiani maggiori informazioni sulla fibrillazione atriale e su sintomi e gravi complicanze che ne derivano. È questo uno dei principali outcome emersi da “La Fibrillazione atriale: diffondere le conoscenze e migliorare le cure”, l’indagine condotta dal Censis con l’obiettivo di tracciare un quadro più dettagliato del livello di consapevolezza della patologia da parte della popolazione. Nonostante rappresenti, infatti, il più comune tra i disturbi del ritmo cardiaco, come testimoniano le 850 mila persone che ne sono affette in Italia, l’analisi, effettuata su 3 gruppi differenti di persone (1.000 cittadini provenienti da tutte le Regioni, 300 medici di medicina generale e 1.200 pazienti affetti dalla patologia) ha evidenziato che l’anomalia cardiaca è un fenomeno ancora poco conosciuto presso l’opinione pubblica: il 36,5% dei cittadini rispondenti ha indicato di non sapere cosa sia, mentre il 28,5% ha dichiarato di averne sentito parlare, ma di non sapere esattamente di cosa si tratti.

Uno scenario reso ancora più preoccupante dalla scarsa consapevolezza degli intervistati in merito alla più pericolosa complicanza derivante dalla fibrillazione atriale: l’ictus cerebrale. Circa un italiano su sei non è a conoscenza del fatto che la patologia accresce di ben cinque volte la possibilità di essere colpiti da un ictus, con un impatto letteralmente devastante per la salute dell’individuo: la metà dei pazienti perde la vita entro 12 mesi, mentre la probabilità di invalidità è del 60%.

Nel nostro Paese sono 40 mila le persone che soffrono della combinazione delle due patologie, un elevato indice di diffusione destinato ad aumentare ulteriormente: secondo alcune recenti stime, infatti, il numero complessivo dei casi di fibrillazione atriale raddoppierà entro il 2050, una crescita del tasso d’incidenza che provocherà un incremento della probabilità di essere colpiti da un ictus, con conseguenti ripercussioni sia sulle condizioni di salute dell’intera collettività, sia sulla spesa sanitaria.

A fronte di questo basso grado di consapevolezza, l’indagine ha esaminato ed evidenziato quali siano le principali fonti d’informazione sanitaria consultate dai cittadini. In tal senso è risultata determinante la centralità della figura del medico di medicina generale come testimonia ben il 73,3% degli intervistati, dato che elegge tale figura quale interlocutore chiave per i cittadini.

Oltre al ruolo di divulgatore scientifico, la ricerca ha evidenziato infatti il contributo fondamentale offerto dal medico di medicina generale nel processo di trattamento della fibrillazione atriale con una terapia a base di anticoagulanti orali, una classe di medicinali in grado di ridurre in maniera efficace il rischio della formazione di coaguli di sangue che provocano l’ictus cerebrale.

La somministrazione di tali farmaci richiede un’azione sinergica da parte di medici di medicina generale e specialisti i quali hanno in maggioranza l'onere della impostazione e della definizione della terapia, come hanno segnalato il 61,3% degli intervistati, mentre ai primi viene delegato soprattutto la responsabilità del follow up del paziente, come sottolineato dal 53% dei medici che hanno indicato di svolgere una funzione essenziale di monitoraggio e di affinamento delle cure.  

Seguire il decorso della patologia dei propri assistiti e calibrare la terapia in modo corretto sono mansioni necessarie anche alla luce del profilo del paziente con fibrillazione atriale emerso dalla ricerca: un degente mediamente anziano e con bassi livelli di istruzione, come sottolineato dal 40,7% degli intervistati stessi i quali, pur sapendo di soffrire della patologia, non ne conoscono con esattezza le caratteristiche.

La ricerca ha inoltre permesso di verificare quanto l’effettiva percezione della gravità della disfunzione sia diffusa tra coloro che ne sono affetti. La maggioranza dei pazienti considera la patologia abbastanza grave (55,3%), esprimendo dunque un atteggiamento di moderata preoccupazione. Il 33% valuta l’anomalia molto grave, mentre di parere del tutto opposto è circa l’11% degli intervistati che evidenzia un rapporto nei confronti del disturbo connotato da scarsa preoccupazione. Solo il 10,9% ritiene che sia poco grave, cui si aggiunge uno 0,7% secondo cui non si configurerebbe alcun rischio per la salute.

L’insieme di tutte queste evidenze generate dalla ricerca potranno essere utilizzate quale punto di partenza per la promozione di una maggiore e costante informazione a favore di una cultura della prevenzione, un approccio in grado di promuovere una gestione multidisciplinare del paziente e un conseguente miglioramento della loro qualità della vita.

“La fibrillazione atriale rappresenta una patologia complessa che necessita di un impegno concreto da parte delle Istituzioni e del Mondo Scientifico per analizzare e proporre soluzioni efficaci nella lotta a questa grave problematica - ha dichiarato Antonio Tomassini, Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato - la realizzazione in Italia di questa prima roadmap conferma la disponibilità immediata delle diverse componenti sociali ad impegnarsi per poter arginare le drammatiche conseguenze derivanti da questo fenomeno sempre più diffuso e dalle sue gravi complicanze”.

La ricerca elaborata dal Censis è stata supportata da un gruppo indipendente di esperti composto da alcuni specialisti italiani e internazionali nella diagnosi e nel trattamento della fibrillazione atriale.

“L’elevato numero di italiani colpiti da fibrillazione atriale rende questa patologia una vera e propria emergenza sanitaria nazionale, un fenomeno la cui gravità impone modalità di azione da parte della Comunità Scientifica all’insegna della compattezza e dell’urgenza - ha illustrato Gianfranco Gensini, preside di Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Firenze - l’indagine del Censis ha coinvolto una rappresentanza di professionisti di caratura nazionale ed internazionale, esperti in varie discipline mediche, il cui operato è confluito nel documento presentato oggi in Senato, un lavoro che riflette proprio l’approccio sinergico che ha caratterizzato il lavoro di quanti hanno partecipato alla realizzazione di questo importante progetto”.

Il lavoro condotto dal Censis, con il contributo di Boehringer Ingelheim, è stato realizzato tramite un percorso metodologico strutturato in due fasi: la prima ha avuto come obiettivo quello di valutare la conoscenza e la percezione generale della patologia da parte dei cittadini, mediante un questionario strutturato che è stato somministrato per via informatica; la seconda, invece, ha riguardato nello specifico le condizioni dei pazienti tramite l’organizzazione di interviste face-to face e la distribuzione di un questionario.

“Il Censis ha raccolto con grande entusiasmo l’opportunità di realizzare questa indagine e di fornire un contributo concreto rispetto ad una patologia che dal punto di vista sanitario, e quindi sociale, rappresenta una realtà preoccupante quanto diffusa a livello nazionale e globale – ha commentato Ketty Vaccaro, responsabile del Settore Welfare del Censis - questo lavoro sperimentale, oltre a suggerire quanto sia importante individuare le modalità idonee per colmare il vuoto informativo che è emerso, ha permesso di raccogliere una serie di segnali positivi in termini di disponibilità da parte di Istituzioni, classe medica e attori coinvolti nella lotta alla patologia ad individuare soluzioni utili ad arrestare le gravi complicanze da essa derivanti”.

Il quadro dettagliato sui livelli di conoscenza dei sintomi e delle complicanze della fibrillazione atriale delineato dalla ricerca offrirà al Paese un contributo per il miglioramento della gestione clinica della patologia, contribuendo alla definizione di dettagliate indicazioni relative alla consapevolezza dei fattori di rischio e ai reali bisogni assistenziali di chi ne è affetto.

“I dati generati dall’indagine confermano l’esigenza di approfondire il tema della fibrillazione atriale e dell’ictus all’interno del piano sanitario nazionale così come dei diversi piani regionali, con il fine comune di rendere disponibile su tutto il territorio, in modo equo ed uniforme, le nuove opportunità terapeutiche previste per un corretto trattamento della patologia – ha concluso Tonino Aceti, Responsabile del Coordinamento Nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici - solo in questo modo i cittadini continueranno a fare tesoro della capacità, della disponibilità e della serietà di medici e Istituzioni, prerogative che rendono l’Italia un modello per quanto riguarda l’eccellenza e la qualità dei professionisti che operano ogni giorno nel mondo della sanità”.

21 novembre 2012
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