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Università e Ssn. Il convegno della Cattolica. Oggi si parla di responsabilità del medico


"Gli Ospedali  Universitari e il processo di cambiamento del Servizio Sanitario Nazionale. Questo il titolo della due gioni promossa dall'Università romana. Quattro le tematiche: la mission degli ospedali universitari, costi e opportunità dell'innovazione, l'integrazione con il territorio, la responsabilità professionale.

08 NOV - Nella prima giornata del convegno invece su un punto tutti hanno concordato: gli ospedali universitari sono un valore aggiunto per la sanità nazionale e regionale. Tuttavia dei correttivi di rotta vanno apportati se non si vuol rimanere indietro. Soprattutto ora che la globalizzazione delle cure e la mobilità dei pazienti impone di alzare l’asticella dell’offerta assistenziale, e i problemi di sostenibilità economica accorciano gli spazi di manovra. Di certo assistenza, didattica e ricerca rimarranno sempre pilastri fondanti.
 
È un universo variegato quello degli Ospedali universitari: Policlinici universitari, Aziende ospedaliero universitarie azienda, ed anche Fondazioni universitarie. Tanti diversi modelli organizzativi, ma con un’unica mission: offrire eccellenza per rispondere alla complessità delle cure. Ma anche con i medesimi problemi: affrontare un sistema che cambia, con una coperta economica sempre più corta, presunta inefficienze nella gestione dei economica ed un ingiustificato surplus di presenze sul territorio.
 
Insomma, tante questioni aperte alle quali oggi hanno cercato di dare risposte, nel corso del convegno “Gli Ospedali universitari e il processo di cambiamento del Ssn” al Policlinico Gemelli, rettori, presidi di facoltà e direttori generali, ed anche esperti della sanità. Non era presente, a causa di impegni istituzionali il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin che ha inviato un messaggio (Vedi il programma completo delle due giornate).
Ad aprire i lavori della prima giornata Monsignor Claudio Giuliodori, che in un lungo intervento ha ricordato i principi che ispirano il rapporto medico paziente in un Policlinico universitario di ispirazione cattolica.
 
È un compito non facile quello dei Policlinici universitari, perché come ha spiegato Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, promotrice insieme al Gemelli del convegno: “Mettere insieme la Facoltà di Medicina e il Policlinico significa non solo portare la cura al letto dei pazienti, prestando attenzione al rapporto umano, ma anche offrire ai nostri studenti formazione impartendo quelli che sono gli alti valori delle università. Significa fare ricerca, consapevoli di aver bisogno di bravi clinici e non fittizi ricercatori. Per questo rivendichiamo la nobiltà e l’autonomia delle nostre Università che si inseriscono nel Ssn e reclamano la massima attenzione”.
  
 
Un’attenzione che sia il sindaco di Roma, Ignazio Marino sia il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, hanno riservato loro. “Gli ospedali universitari meritano tutto il sostegno che le istituzioni, la politica e il territorio possono offrire, in considerazione del ruolo unico e fondamentale che svolgono nella nostra società. A loro volta, devono sentirsi protagonisti del cambiamento e gestire con trasparenza e responsabilità i delicati compiti delineati nella loro mission” ha detto Marino, ricordando che la capitale è forse l’unica città al mondo ad avere 5 Policlinici Universitari. “Una peculiarità, un’anomalia, forse – ha aggiunto – ma non un problema organizzativo, un buco nero di spesa, un costo ingiustificato. Anzi, si tratta di una vera e propria risorsa, con un’enorme capacità di attrazione sia di pazienti fuori regione, sia di studenti, di medicina e delle professioni sanitarie, con tutto l’indotto relativo”.
 
Come ha ricordato Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio: “C’è una sfida che ci accomuna: rimettere finalmente al centro delle politiche regionali il diritto alla salute, la vita e la qualità dei servizi, e non solo la compatibilità degli equilibri finanziari. Ma abbiamo bisogno di stringere un patto fortissimo con gli attori che si occupano di sanità per condividere gli obiettivi e attivare un processo virtuoso. In questo processo di trasformazione ho trovato nel Policlinico Gemelli un interlocutore pronto a mettersi in gioco. I protocolli d’intesa sui quali stiamo lavorando con il Gemelli ed anche con gli altri Policlinici – ha aggiunto – rappresentano grandi sfide alla modernizzazione del sistema di ricerca. A noi non interessa se chi eroga sia pubblico o privato, ma solo che ci sia appropriatezza e venga offerta qualità dei servizi. Voltiamo quindi pagina”.
 
Numero chiuso alle facoltà di medicina.Sul tappeto c’è anche la questione dell’accesso alla facoltà di medicina e il restyling delle scuole di specializzazione. Una questione sulla quale si sono confrontati i presidi di facoltà. Tutti hanno concordato che il numero chiuso va difeso: è una garanzia, ha commentato Eugenio Gaudio, preside della Facoltà de La sapienza di Roma, “contro la bolla inflazionistica delle professione medica degli anni passati, una cattiva formazione dello studente e una proliferazione di sedi in tutta Italia che ha raggiunto gli oltre 40 corsi di laurea in Medicina”. Così come la durata delle scuole di specializzazione non va toccata. “Uno stato non può permettersi di non avere uno sbocco alla fine del corso di laurea – ha detto il Presidente del Cun, Andrea Lenzi - dobbiamo avere un numero adeguato di posti per la scuole di specializzazione, soprattutto non accorceremo la durata delle scuole o rimarremo indietro rispetto a resto d’Europa”
Per Cristina Messa rettore dell’Università di Milano Bicocca bisognerebbe coinvolgere anche medici non universitari nelle attività di formazione e ricerca: “Dobbiamo fare in modo che le scuole di specializzazione siano un vero “esercizio” per gli studenti. Devono imparare a vivere anche il rischio diventando responsabili e autonomi in tempo breve”.Policlinici, costi o opportunità? Come ha ricordato il preside della Facoltà di medicina della Cattolica, Rocco Bellantone (vedi intervista su Quotidiano Sanità) uno degli scogli che gli ospedali universitaridevono affrontare è quello delle false convinzioni, purtroppo tutte italiane, che vedono gli ospedali universitari poco efficienti dal punto di vista economico. Un problema avvertito dai chi è chiamato a gestire le grandi strutture.
 
“Quando nel Lazio si parla di Piano di rientro – ha affermato Enrico Bollero, Dg del Policlinico Tor Vergata – sembra sempre che il problema sia nei policlinici. Il vero problema è che paghiamo un difetto di programmazione, che passa su una linea guida di riduzione di unità complesse e posti letto. La programmazione deve invece essere fatta su un’analisi dei bisogni ‘veri’ e sugli esiti.  Inutile quindi parlare di costi standard se non parla di standard organizzativi, prima stabiliamo di cosa abbiamo bisogno qual è la proporzione del personale in base all’intensità di cure”.
 
Anche per  Raffaele Calabrò, deputato e  consigliere del presidente della Giunta della regione Campania,  bisogna fare programmazione. “Nel guardare gli ospedali universitari si commette l’errore di osservarli da un punto di vista solo economicistico. Bisogna uscire da una visione ragionieristica e tornare ad una cultura di ordine clinico, di ordine formativo, didattico e di ricerca. Bisogna però fare programmazione introducendo concetti nuovi: complessità ed esiti dell’attività che si svolge. Iniziamo a ragionare su come misurare la nostra sanità, sulla capacità dei Policlinici di dare risposte e premiare se si raggiungono gli obiettivi”. Ma i Policlinici, ricorda Calabrò, devono uscire fuori dal concetto di autoreferenzialità.
 
Un piano nazionale per la ricerca biomedica, per rilanciare e sviluppare l’attività clinica che viene svolta dai policlinici è invece la proposta lanciata da Maurizio Guizzardi, direttore Policlinico Gemelli di Roma “altrimenti il Paese rimane indietro in questo settore”. “È necessario che gli ospedali si riorganizzino.  Uno degli altri compiti di un policlinico universitario è quello di promuovere anche lo sviluppo ma per farlo le facoltà si devono aprire e collaborare con l’industria, farmaceutica e biomedicale, una possibilità che il Paese non deve farsi sfuggire”.

08 novembre 2013
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