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Sanità di montagna, stessi problemi dalla Valtellina alla Calabria

di Silvano Marini

24 FEB - Gentile Direttore,
per la maggior parte dei valtellinesi la Calabria è laggiù dimenticata da Cristo che notoriamente nel romanzo di Carlo Levi si è fermato a Eboli. Nelle terre alte dell’Aspromonte dove risiedono gli “ultimi” la buona novella non è arrivata si è fermata prima. Una similitudine demografica e orografica con alcune provincie di quella Regione è quella della Provincia di Sondrio.
 
Tutti sappiamo che i servizi socio-sanitari con la viabilità e sicurezza sono per una comunità le fondamenta su cui progettare il proprio futuro. Anche noi valtellinesi con la Sanità di Montagna da anni abbiamo una nostra “Eboli lombarda” dove Cristo si è fermato, non ci ha portato la buona novella.
 
Sebbene avremo nei prossimi anni soluzioni solo apparenti, 9 Case della Comunità, (non della Sanità o Salute) e 4 Ospedali di comunità, strutture edili già esistenti da riempire di contenuti più socio, che sanitari. Gli indici demografici e le notizie comparate con alcune provincie di laggiù sono lo strumento idoneo per evidenziare quanto la tutela della nostra salute si accosta sempre più alla realtà di quei territori.
 
La prima comparazione è la scarsa attrazione che le professioni mediche hanno per la marginale sanità di montagna, a volte scelta come opzione di ripiego. La seconda comparazione è la mancanza di personale per coprire ruoli e primariati delle Unità Operative ospedaliere medico/chirurgiche, in particolare nelle specialità di alta chirurgia dove solo la quantità migliora la qualità. La terza comparazione è il rapporto abitanti/decessi, e da ultimo l’indice di anzianità over 65.
 
Sono tutti elementi che sommati indicano un trend simile a quei territori anche se l’italico stivale è lungo, dalle Alpi Retiche al Mare Ionio. I Servizi Sanitari Regionali di una Provincia, sia in Valtellina che in Calabria confermano che il parallelismo statistico/demografico ha un ruolo determinante per valutare l’evolversi di una congiuntura.
 
La mortalità in rapporto alla popolazione è l’indicatore di valutazione più attendibile perché non lascia lo spazio a interpretazioni soggettive al braccio operativo della politica che su argomenti sensibili è sempre reticente.
 
E ora alcune considerazioni oggettive e comparative con altre realtà demografico/territoriali lombarde censite ogni anno. Per esempio in questo caso il rapporto che c’è fra la popolazione residente in una Provincia ed i decessi comparati con altre entità territoriali.
 
I dati comparati sui decessi riferiti alla Provincia di Sondrio (rilevabili nel sito dell’Istituto Nazionale di Statistica ISTAT) dovrebbero farci riflettere se messi a confronto con altre provincie lombarde tra cui la città metropolitana di Milano. Nel 2019 (pre covid) in Provincia ci sono stati 2.049 decessi su una popolazione di 179.234 residenti, si desume che nell’arco di un anno ci sia 1 decesso ogni 87 abitanti.
 
Di fatto dividendo il numero degli abitanti con i decessi si ottiene 87. Ipotizzando che tutti gli abitanti residenti nella di Provincia di Sondrio avessero vissuto nella Città Metropolitana di Milano i decessi anziché 2.049 sarebbero stati 1.740, il che significa 309 decessi in meno, il15%. Questo perché nella metropoli il rapporto di mortalità derivato da residenti/decessi è tra i più bassi d’Italia: 1 decesso annuo ogni 103 abitanti.
 
Tenuto conto, ovviamente, che la percentuale di over 65 di Milano è identica a quella della Provincia, il 23% sui residenti, da non confondere con il fuorviante indice di vecchiaia che è il rapporto: over 65 under 14 anni. Dicono che l’evidenza scientifica si fonda sulla verifica delle ipotesi attraverso un processo logico/statistico del risultato atteso.
 
Sarebbe interessante sapere a questo punto se in Alta Valle il costituito Comitato Scientifico, avvalendosi anche della statistica, nelle sue elaborazioni epidemiologiche abbia preso in considerazione questi dati e li abbia contestualizzati con altre realtà extra provinciali.
 
Questo per trarne indicazioni sociosanitarie utili a trovare eventualmente se c’è un nesso causale con i dati numerici sopradetti e l’offerta sanitaria (qualitativa e quantitativa) nei presidi ospedalieri in Provincia di Sondrio.
 
In conclusione i cittadini generalmente sono soggetti passivi a cui non bisogna fare conoscere troppe cose, per evitare che perdano fiducia del nostro SSN, tutt’oggi in Valtellina buono, ma migliorabile anche senza l’aiuto di personaggi in cerca di autore che da anni delegittimano in continuazione con argomenti capziosi i direttori generali dell’ATS della Montagna i quali hanno capito che il “buco” (che esiste) è meglio della “pezza” proposta dai pirandelliani personaggi eterodiretti, ma senza arte ne parte, che gironzolano attorno alla Sanità della Montagna.

Silvano Marini
Pensionato

24 febbraio 2022
© Riproduzione riservata

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