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Guardiamo all’Europa se vogliamo vincere la sfida sulla sanità del futuro

di Luisa Regimenti

23 FEB -

Gentile Direttore,
siamo a un crocevia decisivo per la sanità italiana. Con la pandemia Covid tutti gli italiani hanno compreso quanto le donne e gli uomini del nostro Servizio sanitario nazionale siano la spina dorsale del nostro Paese, quanto il diritto alle cure e all’assistenza garantito dall’articolo 32 della Costituzione sia un prerequisito per godere di tutti gli altri diritti.

Conosciamo tutti i problemi che sono sul tavolo e su cui sta già lavorando il Ministro della Salute Orazio Schillaci: la carenza di personale, la fuga dei medici all’estero, il fenomeno dei medici a gettone, la riforma dell’assistenza territoriale e i progetti finanziati dalla Mission 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il problema annoso delle liste di attesa, l’Italia dei Livelli essenziali di assistenza sempre più a macchia di leopardo, il nodo delle risorse che aumentano ma che non sono mai abbastanza.

In questa discussione, necessaria perché i cittadini e i professionisti chiedono risposte urgenti, risulta tuttavia assente un respiro più ampio e una visione di prospettiva senza la quale rischiamo sempre di inseguire l’ultima emergenza.


La grande emergenza sanitaria che abbiamo superato ha insegnato a tutti noi l’importanza della collaborazione e della sinergia tra istituzioni e professionisti, ma anche quanto sia stata determinante una politica europea uniforme per superare la pandemia. Soprattutto, sono necessarie regole comuni. Sono necessari protocolli uguali per tutti i Paesi, bisogna rinforzare la catena di produzione europea per evitare la carenza di medicinali, occorre una cartella sanitaria unica europea, attraverso la quale i dati dei pazienti saranno disponibili per tutte le strutture sanitarie Ue.

È vero che la responsabilità primaria per la tutela della salute e, in particolare, per i sistemi sanitari rimane degli Stati membri. Tuttavia, all'Unione europea spetta un ruolo importante nel miglioramento della sanità pubblica in termini di prevenzione e gestione delle malattie, limitazione delle fonti di pericolo per la salute umana e armonizzazione delle strategie sanitarie tra gli Stati membri. Ma soprattutto ha strumenti fondamentali a dispozione. Basti pensare al Piano europeo di lotta contro il cancro: un esempio virtuoso, in questo senso, con azioni destinate a sostenere, coordinare e integrare gli sforzi profusi dagli Stati membri, riflettendo l'impegno politico a non lasciare nulla di intentato nella lotta contro il cancro.

Ed è proprio in quest’ottica di sistema che ho voluto mettere insieme i migliori professionisti della sanità in Europa, oltre 300 specialisti ed esperti del settore riuniti nel Comitato Tecnico Scientifico europeo, per rendere le istituzioni in grado di progettare una rinnovata sanità europea, che sia condivisa da tutti e 27 gli Stati, che sia diffusa ed avanzata per portare tutti i Paesi allo stesso livello. E anche per capire quali siano le buone pratiche dei sistemi sanitari che possono diventare patrimonio comune di tutti i paesi dell’Unione europea.

Ed è in particolare su due settori che una politica sanitaria comunitaria può fare la differenza: la prevenzione e l’applicazione delle tecnologie in ambito sanitario. I dati parlano chiaro: il 40% dei casi di tumori e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitate intervenendo su fattori di rischio prevenibili. E lo stesso vale per le patologie cardiovascolari, che sono la prima causa di morte in Europa e nel mondo. In Italia purtroppo la prevenzione rimane una ‘cenerentola’ e spesso i tassi di adesione agli screening non sono sufficienti. Per alcune patologie specifiche, bisognerebbe rendere obbligatori gli screening per le persone considerate a rischio. E poi c’è il tema degli stili di vita e della giusta informazione: nelle scuole deve essere insegnata l'educazione alla salute per assicurare che i bambini e gli adolescenti imparino a condurre uno stile di vita sano e anche una corretta alimentazione.

Altro nodo è lo sviluppo tecnologico. L’Europa sta puntando forte sulla digitalizzazione per ripartire dopo l’emergenza Covid-19 anche in ambito sanitario. Va in questa direzione il Programma Eu4Health 2021-2027, che mira a superare il divario attuale tra gli Stati membri. Pensiamo ai dati: rappresentano una grande ricchezza, eppure si stima che oltre l'80 % di quelli messi a disposizione non venga utilizzato anche se è noto che potrebbero avere risvolti positivi soprattutto in termini di salute. In Europa stiamo lavorando al Regolamento sui dati sanitari per creare uno spazio comune in cui i cittadini possano facilmente controllare i propri dati sanitari elettronici. Allo stesso tempo consentirà a ricercatori, innovatori e responsabili delle politiche di sfruttarli per sviluppare cure e strumenti innovativi sempre tutelando la privacy di ogni cittadino.

La scienza si sta innovando profondamente, con la medicina a distanza, la telemedicina, la medicina digitale, il metaverso, la chirurgia robotica. Se perdiamo il treno dell’innovazione, rischiamo di offrire ai nostri cittadini una sanità non al passo con i tempi. E soprattutto rischiamo di aumentare il divario tra cittadini, come ha evidenziato una recente pubblicazione dell’Ufficio regionale Oms per l’Europa che sottolinea come gli strumenti digitali per la salute non sono accessibili a tutte le comunità e aree europee allo stesso modo e che persone in cattive condizioni di salute sono tra quelle che fanno maggiormente fatica ad accedere a questi strumenti.

Per questo è fondamentale avere una visione d’insieme che metta insieme i tasselli del complesso mosaico della sanità.

On. Luisa Regimenti
Europarlamentare Forza Italia



23 febbraio 2023
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