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Fascicolo Sanitario Elettronico: se lo conosci lo frequenti

di Michelangelo Bartolo

23 FEB -

Gentile direttore,
sono ormai anni che il Fascicolo Sanitario Elettronico è una realtà a diposizione di tutti i cittadini e non solo di chi lo richiede; questo è sicuramente un punto di forza ma, ci chiediamo, che conoscenza e che percezione ha il normale utente del proprio FSE?

Da quasi un anno ho l’incarico di seguire i servizi di telemedicina della Regione Lazio e la mia sensazione, di cui mi sono accorto più volte, è quella di un certo scollamento tra le potenzialità ed i servizi che il FSE già offre e la percezione da parte dei comuni utenti. Non poche volte sento pazienti che vanno a ritirare, o si fanno inviare via e-mail o peggio ancora via WhatsApp (cosa che non sarebbe consentita), le prescrizioni dal Medico di Medicina Generale, ignorando che, nel Lazio, ma non solo, queste sono già disponibili sul proprio Fascicolo Sanitario. Altre volte scopro un piacevole stupore in chi, frequentando il proprio FSE, trova referti, esami del sangue, certificati vaccinali o diverse altre informazioni sul suo stato di salute.

Certo, la presenza di dati sul FSE dipende da diversi fattori: solo se il medico usa la richiesta dematerializzata questa sarà disponibile; solo se i referti o i sistemi applicativi di Ospedali o di Aziende Sanitarie territoriali osservano i protocolli richiesti (firma digitale o altro) potranno essere disponibili sul FSE. Ma si sa, ogni cambiamento richiede i suoi tempi; le prime richieste dematerializzate sono iniziate più di 5 anni fa e solo da poco sono ampiamente diffuse.

Ma so bene che non si può scrivere una riflessione su un’autorevole testata come “Quotidiano Sanità”, basandoci solo su impressioni soggettive e mi avvalgo quindi del conforto dei numeri. Sono dati che non hanno la presunzione di esaminare nei dettagli il fenomeno, ma ci possono sicuramente aiutare a ragionare sulla percezione che il cittadino medio ha del FSE.

Nel Lazio ci sono circa 5,7 milioni di abitanti; ad oggi solo 1,4 milioni (24 %) ha effettuato l’accesso al FSE, poco più di una persona su quattro. Tra questi solo 383.000 (27%) ha dato il consenso alla consultazione del proprio FSE ai sanitari.

Certo, i dati devono essere interpretati; tendenzialmente se un cittadino è in buona salute non ha la necessità di consultare il FSE, ma la bassa percentuale riportata esprime comunque un dato eloquente di quanto il FSE sia poco utilizzato: Nel Lazio nel 2021, anno caratterizzato dal covid, ci sono stati 2,1 milioni di accessi; nel 2022 gli accessi scendono a 1,2 milioni.

Nel gennaio scorso presso la Regione Lazio, nel corso dell’incontro annuale con i rappresentanti di una cinquantina di associazioni dei pazienti, è stata loro sottoposta una survey con alcune domande circa i servizi di “Digital Health” con un particolare focus sul FSE. E’ chiaro che ci trovavamo davanti ad una platea selezionata, di persone che ben conoscono la realtà sanitaria e le difficoltà che incontrano i pazienti che rappresentano, ma forse, proprio per questo, i risultati di questa indagine sono ancor più eloquenti.

Quasi tutti i rappresentanti delle associazioni dei pazienti hanno accesso al loro FSE ma il 60% di loro afferma di non consultarlo mai, perché non ne trova l’utilità.

Alla domanda: “Ha autorizzato i sanitari a consultare il proprio FSE?” il 68% ha risposto che non sapeva di dover dare questa autorizzazione; il 14% aveva dato l’autorizzazione; il rimanente 18% sapeva di dover dare l’autorizzazione ma non l’ha mai fatto, non ne aveva compreso l’utilità.

La quasi totalità degli intervistati non sapeva che l’autorizzazione a consultare i propri dati sanitari da parte dei sanitari può essere modulata per tipologia del dato e del sanitario.

Solo 1,3% degli intervistati ha usato la funzione di “taccuino” del FSE; Il 98,7% non sapeva cosa fosse o non lo aveva utilizzato (Il taccuino permette all’utente di inserire autonomamente proprie informazioni sanitarie).

Bene, dopo aver dato più sostanza all’impressione iniziale di scarso uso del FSE mi permetto alcune considerazioni:

C’è bisogno di una maggiore campagna divulgativa che faccia sì che i tanti servizi già offerti dal FSE, siano utilizzati e apprezzati. Il ruolo dei mass media, dei social, può essere determinante, ma non solo. Il maggior coinvolgimento delle associazioni dei pazienti, delle farmacie o di altre realtà di prossimità, può essere una carta vincente.

Anche i servizi di telemedicina hanno ed avranno sempre più il loro fulcro sul FSE. Ma al momento se il referto di una televisita- solo per fare un esempio – è disponibile solo sul FSE, vuol dire che 3 pazienti su 4 avranno difficoltà ad avere quel referto. Bisognerà forse prevedere, come da linee guida, la possibilità di inviare referti di televisita anche con modalità sicura (doppia autenticazione, OTP, come facciamo con il nostro Bank internet) almeno per un primo periodo di transizione.

Per ogni cambiamento c’è bisogno di tempo. Anche qui, la gradualità, come è stato fatto per la ricetta dematerializzata, è fondamentale. A mio modesto avviso, tener conto di questa gradualità sull’uso dei diversi servizi della Digital Health sarà una delle carte vincenti per attuare la riforma disegnata dal DM 77. E’ una sfida che coinvolge tutti e alla quale anch’io, che gestisco servizi di telemedicina da oltre un decennio, affronto con convinzione.

Fra pochi anni, ne sono convinto, grazie ai finanziamenti del PNRR, all’impegno di AGENAS e delle Regioni, consultare il proprio FSE sarà un’abitudine per tutti; quasi come consultare la propria e-mail.

Michelangelo Bartolo

Responsabile Telemedicina Territoriale ed Ospedaliera della Regione Lazio



23 febbraio 2023
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