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Le grandi ipocrisie sul Ssn

di Roberto Polillo

15 DIC -

Gentile direttore,
due grandi ipocrisie inquinano da anni il dibattito pubblico sulla crisi del SSN. La prima consiste nello svilente stratagemma di attribuirne costantemente la responsabilità ai governi precedenti e mai a quello in carica. La seconda nell'assunzione che, stante le condizioni date, non si possa fare nulla di meglio e che gli aggiustamenti potranno avvenire solo con il tempo e solo se il governo in carica si manterrà stabile.

Due tesi che danno una lettura della realtà distorta e che fondamentalmente tendono a mantenere un'opportunistico status quo che deresponsabilizza la politica e perpetua profonde e crescenti diseguaglianze di salute tra i cittadini.

La desertificazione del SSN

La desertificazione del SSN di cui, insieme ad altri, ho cominciato a parlare già molti anni fa, promovendo tra l'altro con il quotidiano online "il diario del lavoro" un convegno con questo titolo presso il CNEL, è ormai un fatto compiuto.

Le risorse finanziarie messe oggi a disposizione, con grande enfasi dell'attuale governo, nella realtà non sono sufficienti neanche per compensare gli aumenti indotti da inflazione e caro energia.

Quelle professionali sono invece un esercito in rotta che fugge dagli ospedali, diserta i concorsi e cerca salvezza all'estero: dalla Svizzera ai paesi del Nord Europa per finire a quelli arabi che, con grande munificenza, offrono compensi tre volte superiori ai nostri, vitto, alloggio e biglietti aerei "all inclusive".

La causa di questo depauperamento senza precedenti delle componenti strutturali del SSN è della politica.

Una politica, senza sostanziali differenze di colore, che ha deliberatamente scelto di abbandonare al proprio destino un servizio sanitario pubblico di cui le élites politiche (di governo e opposizione) non hanno più da tempo bisogno in caso di necessità.

Non serve dunque chiamare in causa i poteri forti governati dall'ineffabile Soros, ma rivolgere lo sguardo al nostro cortile di casa e alle scelte fatte e non fatte per mantenere il consenso di cui si dispone non scontentando i propri elettori con l’imposizione di comportamenti responsabili.

Un sistema duale e la rete di salvataggio delle strutture private e accreditate.

Esiste ormai un sistema "duale" forse più ipocrita di quello made in USA, dove le condizioni di accesso sono chiare nella loro spietatezza.

Il sistema dei "privilegiati " e dei "diversamente eguali" che hanno accesso alla grande rete degli ospedali privati o di quelli accreditati attraverso percorsi diretti o semplificati (polizze assicurative, conoscenze e raccomandazioni) e il sistema dei cittadini chiunque "solo formalmente eguali" che rimangono nei pronto soccorso giorni prima di riuscire a conquistare un posto letto di degenza ordinaria.

Una condizione mortificante e non priva di conseguenze come dimostra un recente studio su JAMA Medicine da cui emerge un aumento del 40% della probabilità di morire entro un mese per gli over 75 che passano una notte nei dipartimenti di emergenza in attesa di un posto letto in corsia.

Un sistema sottofinanziato per scelte di politica fiscale

In un paese dove il debito pubblico ha ormai raggiunto il 146% e il costo per interessi è di 80 miliardi annui non esistono modi con cui finanziare adeguatamente il nostro SSN che non passino per il recupero, oggi possibile, dell' evasione fiscale e un rafforzamento dell'imposizione a carico delle grandi ricchezze.

Questa è l'unica strada per reperire quelle risorse (4/5 miliardi annui per almeno un quinquennio) indispensabili per rianimare il corpo ormai esangue della sanità pubblica.

Basterebbe dunque poco: recuperare un decimo o meno dell'evasione fiscale (80/100 miliardi annui) e imporre per un quinquennio una tassa di solidarietà sulle ricchezze superiori ai 100 milioni annui sul modello Spagnolo per trovare le risorse non altrimenti reperibili.

Una scelta che solo la politica potrebbe fare e che invece non fa e non farà per non scontentare la massa di elettori che non vogliono pagare il giusto: quel giusto che il presidente del consiglio, dando loro supporto, ha derubricato a pizzo di stato.

Le risorse immateriali, Marcel Mauss e il cerchio del kula

Ancora più ipocrita la posizione di chi sostiene che, risolto il problema finanziario, tutto riprenderebbe a marciare.

In questo caso ci si illude o si finge di non vedere che l'investimento in risorse immateriali (ruolo, autonomia professionale, status etc) e gli atti che se conseguono (riforma del rapporto di lavoro, della contrattazione e della governance delle aziende) ha un'importanza di non minore rilievo e che questo è la premessa indispensabile per rifondare una sanità ormai logora.

Questi signori dovrebbero sapere che i rapporti economici seguono e non precedono altri tipi di transazioni come hanno evidenziato già molti anni orsono molti studi di antropologia

Magistrali quelli condotti da Marcel Mauss osservando il mondo primitivo e le tribù delle isole Trobrand.

In quei paesi, Mauss dimostrò ampiamente come le relazioni economiche e il commercio di beni con le altre popolazioni potessero avvenire solo dopo lo scambio di doni rituali; oggetti di nessun valore materiale ma saturati di altissimo valore simbolico.

In quei contesti nessuna transizione economica poteva realizzarsi se prima che fosse stato consolidato un legame sociale; un reciproco riconoscersi che valeva come una moneta simbolica indispensabile per realizzare lo scambio mondano.

Anche nel nostro caso quelle regole sono valide e si può certamente aumentare il salario del personale sanitario ma si illude chi pensa che solo questo sia sufficiente per arginare il loro esodo dalle strutture sanitarie e dal paese.

Per arrestare questa fuga da Alcatraz questo serve altro per fortuna; serve un’altra moneta che non suoni di latta e che vada oltre la bruta mercificazione del lavoro professionale.

Una riforma complessiva del ruolo dei sanitari e della governance aziendale

Abbiamo più volte espresso il concetto che il nostro SSN è in crisi, ma non dobbiamo dimenticare che nell' etimo della stessa parola è anche contenuta la sua soluzione. “Crisi”, infatti, rimanda a due altre parole dense di conseguenze: "scelta" e "decisione".

Si esce dunque dalla crisi scegliendo e decidendo di rinnovare profondamente quel che non va della governance del nostro sistema.

Un profondo cambiamento che si realizza solo iniettando dosi significative di democrazia partecipata in tutto il sistema.

Agendo con decisione su ciascuno dei diversi livelli di scomposizione: quello macro dei rapporti istituzionali tra stato, regioni ed enti locali stabilendo una reale bilateralità; quello meso dello statuto dell’azienda portandola fuori dal monocratismo dittatoriale del direttore generale; quello micro della relazione tra il sanitario l’amministrazione e il paziente valorizzando la qualità e il miglioramento Bottom up.

Ancora sulla riforma Bindi e su quello che ne è seguito

Ho più volte sostenuto che la riforma ter del SSN (L.229/99) ha rappresentato una svolta importante, sebbene i suoi effetti siano stati fortemente e precocemente mutilati dalla riforma del Titolo V immediatamente successiva.

Con quella riforma furono sanciti alcuni principi, purtroppo rimasti sulla carta, come appropriatezza, prioritarizzazione e governo clinico; istituti di importanza vitale per una conduzione condivisa della cosa pubblica

Con quella riforma si posero le basi per la partecipazione dei medici alla vita aziendale che il successivo contratto, di cui fui firmatario per conto di FP Cgil Medici, trasformò in precise norme sulla concertazione e sull' obbligo dell’accordo tra le parti.

Strumenti di grande innovazione purtroppo fatti a stracci da Renato Brunetta e mai reintrodotti dai successivi ministri della Funzione pubblica

Con quella stessa legge, voglio ricordare ancora una volta, gli assistenti medici furono sanati e i loro aumenti salariali furono del 50% mentre per le altre qualifiche si superò ampiamente il 35%.

La politica in quel caso riprese la sua autonomia avendo in mente una nuova idea di sanità.

Certo ci furono delle cadute e tra queste una grave carenza sull' effettivo controllo dell’intramoenia e sul rapporto tra i volumi da rispettare tra attività istituzionale e attività privata. Una funzione che tuttavia doveva essere a capo delle regioni e non dello stato centrale.

Il sistema in ogni caso fu migliore del precedente quando l'accesso ai reparti passava dallo studio privato del primario.

Questo è quanto avveniva nei reparti di un ex ospedale di Roma dove ho lavorato per anni e dove la stanza più prossima alla medicheria, la migliore, era la "clinichetta" privata del direttore del reparto.

Una sconcezza che l’intramoenia non ha risolto ma sicuramente mitigato. E queste furono le ragioni per cui alla fine di una lunga trattativa firmai il contratto che la disciplinava.

L'autonomia del politico e la deriva del paese

Esiste una dimensione del politico che consiste nella sua capacità di assumere decisioni proponendo al paese visioni, prospettive e impegni da raggiungere anche rinunciando a qualcosa pagando con senso di responsabilità tasse e tributi per il benessere collettivo

Di tutto questo oggi non c'è traccia.

Siamo un paese che invecchia, che vive di meno e si ammala di più.

L' attesa di vita alla nascita è crollata in pochi anni e l’Italia è passata dal secondo al nono posto della classifica.

La mortalità per tumore ha drammaticamente alzato la testa e gli screening sono drasticamente diminuiti. Le strade delle nostre città sono diventate una lunga vetrina di bar, vinerie, pub e ristoranti dove, a tutte le ore del giorno e della notte si mangia, si consuma alcoolici e si fuma incuranti delle esalazioni emesse dai tubi di scappamento delle auto.

La politica ha reso obsoleta la stessa idea di salute disinvestendo sulla sanità pubblica, incoraggiando stili di vita sbagliati e proponendo un individualismo rancoroso verso gli stranieri, i poveri e i più fragili.

Abbiamo messo ampiamente le basi per una prossima tragedia ballando sul ponte di una nave che affonda in cui non si potrà più garantire nulla ai propri cittadini.

Una deriva che è politica, sociale e che purtroppo sta diventando anche antropologica.

Da qui dovrebbe ripartire la buona politica proponendo un paese diverso che prioritarizza diritti, salute per tutti e che responsabilizza i cittadini a impegnarsi in prima persona per rilanciare la coesione sociale.

Roberto Polillo



15 dicembre 2023
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