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Liberalizzazione farmaci. Non è solo una questione economica

di Massimo Brunetti

09 GEN - Gentile direttore,
ho letto con piacere l’intervento del presidente della Fofi, Andrea Mandelli, cui rinnovo i sentimenti di amicizia che prescindono dal confronto acceso su tematiche che evidentemente ci vedono su versanti contrapposti, al quale ha fatto seguito il suo articolo, che ha ripreso argomentazioni a mio parere non rispondenti alla realtà delle parafarmacie, per certi viziate da luoghi comuni che alla luce dei fatti appaiono vetuste.

Il presidente Fofi afferma che non essendo io un farmacista non sarei titolato ad esprimere una posizione complessiva sul tema della distribuzione del farmaco essendo la stessa riconducibile non solo ad aspetti di natura economica, ma anche, soprattutto, di carattere sanitario, che solo il farmacista nell’esercizio e nella personale responsabilità professionale può assicurare ai cittadini, che di quel servizio usufruiscono. Temi importanti, per certi versi complessi, sui quali si dibatte da tempo e che inevitabilmente assumono il carattere di questione politica, essendo gli stessi intrisi di aspetti pubblici e di regolazione di un servizio tra i più importanti per la popolazione, che non possono essere piegati nell’ambito di un banale confronto di carattere economico.

Sul piano strettamente personale, il presidente Mandelli sa bene che pur non essendo un farmacista respiro, condivido, quotidianamente le frustrazioni professionali della categoria, avendo tra l’altro, il resto della famiglia composta di sole farmaciste. No, la posizione che Anpi esprime da sempre è quella di una rivendicazione sul piano professionale complessiva, non solo economica, quanto meno non è l’aspetto prevalente, essendo la quasi totalità degli iscritti all’Associazione farmacisti-titolari di parafarmacia. Mi permetterà l’amico Mandelli di cimentarmi su alcune delle questioni che a suo parere sovrastano gli aspetti di carattere economico, pur importanti, prova ne sia l’ossessiva questione della remunerazione che da mesi vede impegnati i titolari di farmacia, che forse le questioni economiche sono importanti solo se riguardano la farmacia?

Uno dei refrend più in uso da parte dei detrattori delle parafarmacie, inaugurato dall’allora Ministra Turco, è quello che solo la farmacia può assicurare una corretta e sicura dispensazione del farmaco ovvero solo la farmacia è in grado di coniugare capillarità, esperienza professionali e tecnologia, nel rispetto delle procedure di controllo definite dal Ministero della Salute. Caratteristiche che da sempre caratterizzano la farmacia, sia pure con qualche disavventura (vedi i numerosi scandali che negli ultimi tempi la stanno investendo), e che sono divenute patrimonio anche delle parafarmacie, grazie ai provvedimenti legislativi del 2012 e ai recenti Decreti del Ministro della Salute in materia di detenzione, farmacovigilanza e dispensazione dei farmaci nelle parafarmacie.

Dunque anche le parafarmacie con la presenza obbligatoria del farmacista sono in grado di garantire quel servizio che i titolari di farmacia si ostinano a ritenere dover essere esclusivo della farmacia, una pretesa, quest’ultima, che bene ha confutato il TAR di Reggio Calabria nella sua ordinanza dello scorso maggio: “I farmacisti che esercitano nelle c.d. parafarmacie sono soggetti che, a parità di titolo di studio e di requisiti professionali rispetto ai farmacisti “tradizionali”, sono chiamati a vendere dei beni che hanno attinenza con la salute umana, e quindi sono titolati ad effettuare valutazioni analoghe rispetto a quelle demandate ai farmacisti “tradizionali”, addirittura con un maggior grado di autonomia e conseguente responsabilità, dal momento che manca il “controllo a monte”, demandato al medico che rilascia la ricetta. Indubbiamente i farmaci somministrabili senza ricetta medica comportano dei rischi per la salute umana inferiori rispetto a quelli dei farmaci per i quali è prescritta la ricetta. Ciò non toglie che si tratta pur sempre di farmaci, il cui abuso od uso improprio potrebbe produrre dei seri danni alla salute dell’utente. Ma se il legislatore ha ritenuto che i farmacisti delle c.d. parafarmacie possono, in piena autonomia, vendere i farmaci che non necessitano di ricetta medica, ritenendo che tali soggetti siano muniti di conoscenze scientifiche e di professionalità adeguate ad esercitare tale incombenza, non si vedono le ragioni per cui gli stessi soggetti non possano vendere i farmaci di c.d. fascia C, la cui utilizzabilità da parte di uno specifico cliente dipende non da un’esclusiva valutazione del farmacista (come per i farmaci da banco e per i farmaci per i quali non è richiesta la ricetta medica), ma da un controllo “a monte”, affidato al medico che ha effettuato la prescrizione.”

Questo il tema politico posto dal presidente Monti e prima di lui da Bersani, ovvero rimuovere gli ostacoli che ancora oggi rendono esclusiva la vendita dei farmaci a pagamento nella sola farmacia “tradizionale” e dunque ridimensionare il peso corporativo di una ristretta cerchia di titolari di farmacia, che impedisce alla stragrande maggioranza dei farmacisti di poter esprimere compiutamente l’esercizio della professione. In altre parole rimuovere gli ostacoli che  impediscono il ripristino dell’”ascensore sociale” che solo può garantire nell’ambito delle “professioni” maggiore competitività in termini professionali ed economici a tutto vantaggio del sistema Paese. Questa la sfida politica di Bersani e Monti, nell’ambito delle professioni, per contribuire alla ripresa dello sviluppo e per stimolare la domanda interna.  

Una scelta politica che certamente deve essere accompagnata ed integrata da correttivi capaci di garantire da un lato la capillarità del servizio farmaceutico su tutto il territorio, specie nei comuni che per numero di abitanti sono meno appetibili, e dall’altro riformulare i criteri di remunerazione delle farmacie  all’insegna di una vera spending rewiev: riorganizzazione del processo distributivo del farmaco in termini di: determinazione del prezzo dei farmaci; centralizzazione dell’acquisto di tutti i farmaci in conto Ssn; unificazione nella farmacia della distribuzione sul territorio di tutti i farmaci in conto Ssn, per garantire ad un tempo efficienza ed economicità del servizio. Infine è opportuno introdurre nel dibattito qualche riflessione sull’apertura della proprietà della farmacia al capitale, avendo cura di salvaguardare la professionalità del farmacista e introducendo forti limitazioni alla sovrapposizione tra casa farmaceutica/grossista e proprietà della farmacia, per impedire che a pagare il prezzo alla fine sia il malcapitato cittadino.

Questa la nostra posizione che come è evidente non riguarda solo gli aspetti economici, oggi determinanti per la sopravvivenza di molti dei nostri esercizi, ma molto di più è orientata a dare al sistema farmaceutico una prospettiva per il futuro, nell’interesse generale dei cittadini e di tutti i farmacisti.
 
Riguardo agli argomenti da lei trattati, mi preme precisare che non è affatto vero quanto afferma ovvero che “i risultati modesti ottenuti in termini di reale convenienza per il cittadino (sconti risibili rispetto a ciò che ci si era aspettato) e ancor meno per la creazione di nuove opportunità di lavoro per i farmacisti non titolari”. Guardi direttore che è solo grazie alla presenza concorrenziale delle parafarmacie sul territorio, che ha “costretto” la farmacia a praticare lo sconto (Decreto Storace 2005 docet), al punto che i maggiori risparmi per i cittadini, in termini di volume, è generato proprio dalla farmacia, mentre in valore assoluto (dati Anifa dicembre 2012) “il prezzo medio dei farmaci senza ricetta è più elevato in farmacia (7,6 euro) rispetto alle parafarmacie(7,0 euro) e, soprattutto rispetto ai corner della GDO (5,8 euro)”.

Sul fronte occupazionale, è proprio grazie alla parafarmacia che negli ultimi anni migliaia di farmacisti, per lo più giovani, hanno trovato un posto di lavoro, mentre negli altri comparti della farmaceutica c’è stato il blocco delle assunzioni o forse sarebbe meglio dire c’è stata una diminuzione della forza lavoro. Solo per darle un esempio reale, con riferimento all’ultimo censimento degli “esercizi commerciali  art.5 del D.L. 223/2006” effettuato dal Ministero della Salute e pubblicato a fine dicembre, risulta che il numero di esercizi attivi sono complessivamente 4.493, di queste le nuove aperture nell’ultimo mese sono 58 e nello stesso periodo le chiusure 25. Ebbene delle 58 nuove aperture circa 38 sono riconducibili a farmacisti, mentre tra le chiusure solo 7 sono le parafarmacie di farmacisti.

Cosi come non è affatto vero che sono molte le parafarmacie riconducibili alla GDO ovvero a catene di capitale. Guardi che, salvo alcune catene sorte negli ultimi mesi, che per altro non versano in buone acque, il numero di corner di GDO sono ancora intorno a 300 con tendenza negli ultimi mesi a diminuire. Cosi come è vero che non sarà la liberalizzazione dei farmaci di fascia C che potrà indurre la GDO ad entrare nel mercato farmaceutico se non l’ha fatto fino ad oggi. Ricordo che il fatturato globale annuo dei farmaci di fascia C con obbligo di ricetta è di circa 3,1 miliardi di euro/anno ( 9,4 miliardi di euro/anno è il fatturato complessivo tra SOP/OTC e parafarmaco), dunque ben poca cosa in termini di fatturato, specie se rapportato al numero di specialità di cui si compone.

In altre parole, salvo pochi prodotti, sono tutti farmaci a bassa rotazione, che non corrispondono con le aspettative della grande distribuzione. Dunque non mi preoccuperei della concorrenza della GDO, mentre la liberalizzazione dei farmaci di fascia C è fondamentale per il farmacista titolare di parafarmacia, che ricordo ha i piedi ben piantati per terra, perché la presenza del farmaco con ricetta rende sostenibile l’esercizio sia in termini professionali che dal punto di vista economico. Infine due parole sulla farmacia dei piccoli comuni, per lo più sussidiata, vero ed unico presidio sanitario, un patrimonio di professionalità al servizio quotidiano di una comunità bisognosa di ogni assistenza. Guardi direttore che in quei comuni non trova una parafarmacia a fargli concorrenza, anzi come ho precisato in precedenza ritengo necessario introdurre correttivi che preservino queste realtà. Ritengo altresì, utile e necessario aiutare quanto più possibile queste realtà, introducendo subito per loro l’unificazione nella farmacia della distribuzione di tutti i farmaci in conto Ssn o per lo meno limitando quanto più possibile la distribuzione diretta e quella per conto operata dalle strutture Asl. Questo si che sarebbe un reale contributo per far sopravvivere dignitosamente queste farmacie, che oggi soffrono più delle altre l’attuale congiuntura economica e finanziaria.

Massimo Brunetti
Segretario nazionale Anpi-Associazione nazionale parafarmacie italiane

 
 
Gentile dottor Brunetti,
Sui numeri come sa potremmo disquisire a fondo. Le valutazioni sull'effettivo (scarso) vantaggio per i cittadini in termini di prezzo dei farmaci non sono mie ma degli stessi consumatori.
 
Ma il punto che ho cercato di sollevare non è tanto questo, quanto quello della necessità di un dialogo diverso e più proficuo di tutta la cetegoria dal quale possa emergere una proposta nuova di organizzaione del settore mettendo al primo punto l'obiettivo di garantire un idoneo servizio di assistenza farmaceutica territoriale agli italiani.
 
Una proposta che anticipi il futuro e non lo subisca (nel bene o nel male) come ritengo sia avvenuto fino ad oggi.
 
Poi, se il nostro Paese vuole andare verso un'organizzazione diversa della rete delle farmacie così come l'abbiamo conosciuta lo faccia. Penso però che dovrebbe farlo avendo ben chiaro il "come" e soprattutto il "perché" in termini di vantaggio per i cittadini e per l'economia del Paese.
 
Due visioni che, sbaglierò, non vedo chiare in nesuno dei programmi di liberalizzazione fin qui adottati.
 
Cesare Fassari

09 gennaio 2013
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