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Morrone (San Camillo Forlanini) risponde alle critiche. La mia solo propaganda? Ma non scherziamo

di Aldo Morrone

16 NOV - Gentile Direttore,
ringrazio lei ed i colleghi che hanno voluto dedicare del tempo prezioso all’analisi dell’intervista da me rilasciata al suo quotidiano e rispondo volentieri alle diverse osservazioni riportate. Non entro nel merito delle considerazioni politiche e non sindacali che qualcuno tra i colleghi fa circa la mia presunta propaganda che è una palese falsità, anche per la mia storia personale. Vorrei invece chiarire meglio alcuni aspetti, come le questioni del bilancio, la riduzione delle attività, il costo medio delle prestazioni, il sovraffollamento del pronto soccorso, le liste di attesa e l’attività di fundraising svolta. Problemi importanti che meritano una risposta.
 
Preliminarmente c’è da sottolineare come sembra che si ignorino le varie proposte di efficientamento dell’Azienda avanzate non solo da me, ma anche dal precedente DG (Dr. Macchitella)  che, però, senza un intervento della Regione sono rimaste sulla carta, impedendo un miglioramento, se non la risoluzione, di molti problemi, tra cui anche quello, non secondario, della riduzione del deficit. Tale riduzione si è determinata non solo per aumento delle entrate ma anche per un pesante intervento sulla spesa degli appalti e dei servizi di supporto e tali interventi non sono né facili, né semplici né secondari come si vorrebbe far apparire, visto che fino ad ora non erano stati fatti. Come pure l’applicazione di pesanti sanzioni economiche a seguito di contestazioni rivolte alle diverse società di beni e servizi.
 
Occorre inoltre sottolineare che l’incremento di entrate da parte della Regione Lazioè il frutto di una battaglia condotta dalla DG perché fosse riconosciuta, anche sul piano economico, la rilevanza del San Camillo Forlanini  nella cura delle persone con le situazioni patologiche più complesse e quindi anche economicamente più costose. Il San Camillo presenta un indice di case mix molto più alto della media regionale: dal 5% al 50% in più a seconda della diverse specialità cliniche considerate.
Le proposte di cui parlavo sopra hanno avuto anche un’eco sulla stampa specializzata, in particolare le mie osservazioni sul lavoro Altems cui rimando (vedi Sole 24 ore sanità n. 28/13).
 
La riduzione dei posti letto effettivamente agibili al S. Camillo-Forlaniniche si è determinata negli ultimi anni senza una riorganizzazione complessiva dell’Azienda ospedaliera (impossibilitata senza l’approvazione del nuovo atto aziendale da parte della Regione) non ha solo prodotto una riduzione dell’offerta assistenziale, ma si è accompagnata ad una sensibile riduzione sensibile dell’efficienza operativa e degli indicatori economico-finanziari. È infatti evidente che riducendo i posti letto in grande quantità si riduce anche il numero di ricoveri (non essendo pensabile che in tempi brevi si possa aumentare l’efficienza operativa fino al punto di riassorbire completamente il notevole taglio anche in costanza di una assenza di servizi territoriali adeguati e appropriati) e, conseguentemente, anche il relativo valore della produzione che, a sostanziale parità dei costi di produzione,riduce l’efficienza operativa e quindi il rapporto ricavi/costi.
 
Quindi i tagli lineari, in assenza di una programmazione regionalehanno prodotto effetti pesanti sotto l’aspetto economico e di qualità dei servizi.
Altre iniziative pur avviate, vedono non nei DG (la cui autonomia è ormai pari allo zero, nelle Regioni sottoposte al Piano di rientro) ma nella Regione l’attore fondamentale. Ne ricapitolo di seguito alcune, con una proiezione anche di possibili effetti sul deficit di bilancio. Già con il trasferimento al S. Camillo  delle attività per acuzie e la conseguente rimodulazione del futuro del Forlanini si potrebbero risparmiare stabilmente 11 milioni di euro, al netto dei costi di investimento che sarebbero una tantum. Con gli interventi sul personale con prescrizioni si otterrebbero circa altri 13 milioni di euro. L’eventuale affidamento a soggetti pubblici terzi (che oggi pagano locali privati) di parti del Forlanini comporterebbe invece o una maggiore entrata per l’Azienda (come affitto) o un minor costo per il complesso della spesa sanitaria Regionale quantificabile in almeno 3,5 milioni di euro. Voglio sottolineare tali dati di bilancio perché questi incidono pesantemente sul costo medio delle prestazioni di cui alcuni dei miei interlocutori attribuiscono a me la responsabilità.
 
Ma veniamo ad altre due questioni sollevate che riguardano direttamente la qualità dell’assistenzaa cui tengo in modo particolare: il  sovraffollamento del pronto soccorso e le liste di attesa. Anche qui se si vuole ragionare con un po’ di onestà intellettuale bisogna riconoscere che il problema non è certo nato nel 2012 o è solo del S. Camillo.  È ampiamente generalizzato per una serie di fattori noti a tutti che non è il caso qui di riprendere. Che il problema sia nazionale e regionale e che coinvolga una serie di fattori ed attori che sono al di fuori del governo e della gestione del DG di una Azienda ospedaliera è una osservazione perfino banale e dimostrata, per ultimo, anche dalla recente adozione da parte del Presidente/ Commissario della Regione, di un Piano regionale sulle liste di attesa. Quello che in Azienda è lo strumento maggiormente strategico per tentare di migliorare questi aspetti è la gestione del personale. È necessario ringiovanire notevolmente la dotazione di personale, in particolare relativa ai profili sanitari.  Attualmente siamo di fronte ad una carenza non tanto in termini assoluti di personale, quanto in termini “funzionali”.  Infatti esiste una grave criticità legata alla presenza di un rilevantissimo numero di lavoratori del ruolo sanitario oggetto di prescrizioni sanitarie che ne limitano il pieno utilizzo nelle turnazioni e nelle mansioni proprie a livello dei reparti ospedalieri. Tale situazione determina in un’ Azienda ospedaliera, in cui è molto limitata la possibilità di ricollocazione in ambito ambulatoriale, una situazione paradossale di carenza di personale all’interno delle  corsie e un eccesso in ambito ambulatoriale. Diverse misure potrebbero essere adottate, per acquisire nuove risorse umane e professionali, pur nell’attuale situazione di blocco del turn-over, ma tutte necessitano dell’autorizzazione e di provvedimenti regionali che non sono stati mai emanati e che impediscono, quindi, qualsiasi iniziativa autonoma da parte del DG.
 
Ne cito un paio:
1. Si potrebbe procedere ad una mobilità del personale con prescrizioni alla normale attività di servizio in eccesso, prima volontaria e solo successivamente d’ufficio, verso le Aziende territoriali di residenza, o verso attività territoriali nuove, come quelle richieste di assistenza presso le  RSA; in questo aiuta enormemente la previsione contenuta nel combinato disposto nell’ultimo comma (8) dell’art. 1 della Legge 189/2012 e dall’art. 4 bis della medesima legge; (per es. su 500 infermieri “prescritti”  che escono dalla azienda in mobilità, il 15% di turn-over previsto per le Regioni con Piano di rientro dalla Legge sopra citata – art. 4-bis – porterebbe alla possibilità di assumere 75 nuovi infermieri).
 
2. Si potrebbe utilizzare, l’articolo 1, comma 23-bis, del DL n. 138/11, convertito nella Legge n. 148/11, per trasformare il costo delle prestazioni aggiuntive e degli straordinari in numero di posti equivalenti in deroga al blocco del turn-over.
Naturalmente l’applicazione dei precedenti punti 1. e 2. dovrebbe trovare a livello regionale  una modalità flessibile nel senso di non impedire in modo assoluto la possibilità di nuove assunzioni ma, bensì,  utilizzare questo strumento da un lato per ridurre nettamente i costi, ma, dall’altro, per consentire che una quota parte dei risparmi venga investita in assunzione di giovani professionisti. Tra l’altro il semplice “scambio” tra un posto ricoperto da operatore neoassunto e quello ricoperto da un operatore con 40 anni di contributi o con i requisiti delle vecchie quote pre riforma Fornero produce risparmi notevoli quantificabili mediamente in  un procapite annuo di  € 2.500 per infermiere professionale e di € 30.0000  per un medico.
 
Per quanto riguarda l’attività del PS, occorre anche sottolineare che, nonostante il blocco completo delle assunzioni, le deroghe concesse al San Camillo per assunzioni a tempo indeterminato hanno riguardato dal 2011 ad oggi n. 5 medici e n. 5 infermieri al Pronto soccorso, contro una richiesta di n. 10 medici e n. 18 infermieri. Inoltre sono state autorizzate deroghe a tempo indeterminato per n. 9 medici e n. 4 tecnici e a tempo determinato per n. 20 medici e 45 tra tecnici ed infermieri.  Purtroppo le previsioni normative impongono che le nuove assunzioni siano autorizzate “tramite lo scorrimento di graduatorie di concorsi pubblici espletati da Aziende ed Enti del SSR ed in corso di validità” con notevoli ripercussioni nel ritardo dell’effettiva assunzione dei professionisti. Tale problematica riguarda anche le assunzioni a tempo determinato per la sostituzione del personale assente per maternità  o in aspettativa.
 
In merito all’esiguità del numero di deroghe per le assunzionia tempo indeterminato in sostituzione del personale che va in quiescenza, occorre anche sottolineare che pur essendo coscienti dei limiti normativi imposti ad una Regione sottoposta al piano di rientro  il limite del 10% del turn over medio regionale dovrebbe essere modulato secondo la strategicità delle diverse strutture del SSR e l’onere di cure complesse che esse erogano alle persone malate.
 
In merito alle osservazioni di alcuni colleghi sul ruolo dei progetti di ricerca clinico-assistenzialesi desidera sottolineare che dal 2011 ad oggi sono stati attivati oltre 20 progetti con diversi interlocutori istituzionali, nazionali, europei ed internazionali per un importo totale che supera i 6,2 milioni di euro, escludendo le numerose sperimentazioni cliniche su farmaci e dispositivi, che si realizzano, previa autorizzazione del Comitato etico. Credo che l’importanza di tali progetti di ricerca, ai fini della crescita professionale di nuove leve di operatori di diverse professionalità dovrebbe essere condivisa. Numerose aziende ospedaliere hanno un ufficio apposito per queste attività. Un’Azienda ospedaliera non si qualifica certo per Corsi di formazione, siano essi rivolti agli operatori sanitari che in genere li ricevono solo dalle industrie farmaceutiche o da Congressi sponsorizzati dalle stesse, o siano rivolti ad altre professionalità. La letteratura scientifica però conferma l’importanza di attività culturali ed artistiche, in particolare nei reparti di malati oncologici. La cooperazione clinico-scientifica con i Paesi dell’area del Mediterraneo, rappresentano una tradizione dell’ospedale san Camillo. Tutte queste attività sono state portate avanti da anni al San Camillo. La novità con l’attuale gestione è che da tali attività siano entrati nel bilancio dell’ azienda oltre 6,2 milioni di euro, che, come sa qualcuno dei miei interlocutori, vengono utilizzati anche per consentire la partecipazioni  ai progetti di ricerca di giovani ricercatori all’interno degli ospedali.
 
Grazie ad alcuni di questi progettisiamo riusciti ad acquistare alcune apparecchiature necessarie alle diverse attività e ad avere la presenza di ulteriori professionalità al PS, in un periodo in cui il blocco del turn-over è totale. Persino l’attività sportiva è stata patrocinata perché grazie ad essa si potessero acquistare strumenti utili per chi svolge sport nel territorio dove insiste l’ospedale San Camillo e prevenire incidenti. 
Su un piano più generale credo che dovremmo tutti, nessuno escluso, operare per cercare di indirizzare le politiche sanitarie nella direzione della promozione di salute, prevenzione delle malattie, diagnosi precoce, trattamento appropriato, riabilitazione e follow up. In medicina esiste un paradosso, responsabile dell’inversione delle leggi del mercato tipica del settore: è l’offerta di servizi che genera la domanda di salute e non viceversa.
 
Oggi abbiamo creato un supermercato della salutee gli ospedali sembrano esserlo diventati davvero, anche organizzativamente. I cittadini sono i protagonisti e i complici inconsapevoli di un sistema di consumismo sanitario che sottrae risorse agli interventi utili per indirizzarli a prestazioni assolutamente inappropriate ma frutto di una organizzazione che ha posto al centro il profitto e non la salute e la dignità della persona malata. Quando la cura della salute si trasforma in un prodotto industriale, come affermava Ivan Illich in Nemesi medica, già nel lontano 1976, è necessario “inventare” patologie, modificare i criteri diagnostici che moltiplicano i nuovi malati, riorganizzare i servizi in cui si sono ormai incuneate le “truppe” di una certa industria farmaceutica e di presidi sanitari. Se si riduce la capacità delle persone di far fronte alle situazioni della vita che possono comportare sofferenza o disagio, se medicalizziamo ogni apparente disturbo fisico o psichico, dalla timidezza alla difficoltà di concentrazione, allora non ci saranno mai ospedali in grado di accogliere tutte le persone “convinte” da una divulgazione maldestra o da una pressione del sistema del “business” sanitario a farsi curare un’ansia di salute opportunamente indirizzata. Ne ci sarà mai una riduzione delle liste di attesa per prestazioni sanitarie costantemente inappropriate. È necessario che nell’attività di programmazione socio-sanitaria si tenga conto del coinvolgimento di tutti gli operatori sanitari, dei cittadini, delle associazioni di difesa dei malati, delle forze sociali e sindacali per un cambiamento culturale sui costi della Sanità, che spesso non corrispondono a quelli della salute.
 
Fatte queste considerazioni è credibile l’affermazione che tutte le cose negative e i problemi presenti nel S. Camillo siano attribuibili all’operato del DG negli ultimi 30 mesi e quel poco o tanto di positivo sia solo merito di altri? Lascio al giudizio dei lettori la risposta.
In ogni caso ritengo che il prossimo DG potrà utilmente avvalersi del miglioramento dell’equilibrio di bilancio del San Camillo e delle azioni di rilancio clinico assistenziali già impostate.
 
Aldo Morrone
Direttore generale Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini

16 novembre 2013
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