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Competenze professionali. Cimo: " Non è tempo di crociate, siamo tutti in prima linea"

di Guido Quici

19 NOV - Gentile direttore,
una Organizzazione sindacale è credibile quando riesce a contestualizzare la propria linea politica rispetto ai processi di cambiamento soprattutto in un periodo storico, quale l'attuale, di profonda crisi economica e sociale.

Viviamo, oggi, un momento difficile dove è in crisi tutto il Ssn: non vi è più sostenibilità economica, perché circa 9 milioni di Italiani non sono in grado curarsi, ricorrendo ad una sanità “low cost”; non c'è universalità delle cure perché circa il 22% degli italiani paga in proprio le cure a causa degli elevati costi dei ticket; non ci sono più livelli uniformi di assistenza su tutto il territorio nazionale a causa della eccessiva regionalizzazione della sanità. Abbiamo parlato di balcanizzazione del Ssn che, tuttavia, non riguarda solo le organizzazioni dei vari servizi sanitari regionali ma anche le professioni sanitarie come si evince, ancor di più, dalla bozza di accordo sulle professioni sanitarie che prevede una regionalizzazione anche delle nuove competenze sulla base delle specifiche esigenze organizzative.

In questo ambito alcuni hanno immaginato di avviare una sorta di “crociata” contro le professioni sanitarie o contro i medici, a seconda dei punti di vista, ma soprattutto c’è chi spinge verso un “conflitto” tra professionisti che non ha alcun motivo di esistere perché danneggia solo gli interessati; pur tuttavia i conflitti servono a chi vuole accelerare quei processi di cambiamento che non sempre sono condivisi.

Se, infatti, dalle “strategie” di politica sanitaria scendiamo “sul campo”, ovvero nelle corsie ospedaliere, nei pronto soccorso, nelle sale operatorie, la visione professionale cambia profondamente perché tutti i professionisti della salute sono il vero terminale con il paziente; perché medici, infermieri o tecnici lavorano quotidianamente fianco a fianco in situazioni di criticità; perché ciascuno di essi si trova a gestire, non solo,   contesti clinici ed assistenziali complessi ma anche processi organizzativi non dipendenti dalla propria volontà tanto che oltre l'80% degli eventi avversi non è legato ad errori umani ma a problemi di natura organizzativa.

Gli atteggiamenti campanilistici fanno parte di un’altra epoca e nessun professionista della salute ha voglia e tempo da perdere su questa problematica. Occorre, pertanto, superare i pregiudizi e gestire il cambiamento attraverso una concertazione tra le parti; innanzitutto occorre rendere più trasparente il contesto e sfatare alcuni preconcetti.    

Certamente le motivazioni che spingono allo sviluppo di nuove competenze per le professioni sanitarie non sono legate alla carenza di medici ma a valorizzare chi ha compiuto un percorso formativo che ha portato alla laurea triennale prima, specialistica dopo incluso la partecipazione a master post laurea. Pur tuttavia è palese che questa operazione, abbinata alla drastica riduzione degli incarichi di struttura complessa e semplice per i medici, conduce ad un minor fabbisogno di medici e ad una riduzione dei costi del personale proprio attraverso lo spostamento delle competenze e responsabilità verso altre figure professionali i cui costi sono inferiori.

Premesso quanto sopra, CIMO ritiene che le attuali priorità del medico siano almeno due: risolvere, in via legislativa, l’annosa problematica della colpa professionale e delle polizze assicurative e valorizzare la professione medica attraverso una nuova progressione di carriera. Se consideriamo, infatti, che dal 2007 al 2011 il contenzioso è aumentato del 228% e per i medici del 315%, che i premi assicurativi sono aumentati del 1.381%, che alcuni ginecologi arrivano a pagare annualmente premi anche 12-15.000 euro, che la probabilità di ogni chirurgo di ricevere, durante la propria vita lavorativa, un avviso di garanzia supera l'85%, allora è del tutto legittimo da parte di Cimo voler definire, in questo nuovo contesto, l’atto medico (noi siamo pronti) e voler chiarire quali saranno le responsabilità derivanti dall’affidamento delle nuove competenze ad altre professioni.

CIMO contesta, quindi i pericoli derivanti dalla “regionalizzazione” con la quale si vuole affidare a percorsi formativi la possibilità di attività diversificate per la stessa figura professionale in ambito nazionale. I rischi più immediati potrebbero essere legati all’ampliamento della “platea” di professionisti che rischiano di essere coinvolti in contenziosi laddove non vi sia sufficiente chiarezza tra ruoli e responsabilità.  

Questo è il motivo per il quale tutti i professionisti che lavorano in sanità devono lottare uniti affinché i numerosi disegni di legge sulla responsabilità escano dal “letargo” parlamentare e sanciscano il principio secondo cui la responsabilità civile, per eventuali danni subìti a causa di imperizia da parte del personale, sia posta a carico della struttura dove è avvenuto l'evento avverso.

La seconda priorità per CIMO è quella della valorizzazione della professione attraverso quello sviluppo di carriera che la dirigenza non è stata in grado di offrire. Come CIMO abbiamo sempre sostenuto che la dirigenza per i medici era una sorta di “medaglia di latta”, basti pensare allo stipendio tabellare  uguale sia all’atto dell’assunzione che al momento del pensionamento. Noi vogliamo andare oltre la dirigenza che, per un dipendente pubblico, significa collocare la professione medica nell’ambito di una categoria speciale analoga a quella dei Magistrati e delle Forze dell’Ordine.

Questo perché sono falliti i principi della riforma sanitaria e del pubblico impiego. Nel primo caso si voleva creare una cultura manageriale senza affidare ai medici i necessari strumenti (vedi budget virtuali); nel secondo caso, invece, si sono introdotti strumenti di spoil system che possono andare bene per la dirigenza dello Stato ma non per la dirigenza del Ssn. Si è, infatti, passati dalla mancata separazione tra organo politico ed organo dirigenziale al principio di “relazione fiduciaria” fino al concetto di “fidelizzazione delle figure apicali” richiesta dalla Conferenza delle Regioni nel 2012 in Commissione Parlamentare.

Non siamo disponibili ad accettare il concetto di “fidelizzazione” dei medici perché le competenze e l’autonomia professionale solo elementi ineludibili della professione e questo è un ulteriore elemento per la richiesta di una categoria speciale.

Noi immaginiamo uno sviluppo di carriera che valorizzi gli aspetti professionali lasciando quelli di natura strettamente gestionale ai soli direttori di dipartimento; immaginiamo il recupero del vecchio ruolo del Primario cui affidare gli strumenti di governo clinico (formazione, appropriatezza, ebm, protocolli, linee guida, ecc.); immaginiamo una figura intermedia che funga da tutor alle nuove generazioni; immaginiamo una graduale progressione professionale ad iniziare dal medico in formazione fino al medico di alta specialità.

Queste aspettative non sono in contrasto con la dirigenza perché vanno oltre la dirigenza e non sono in contrapposizione con le altre professioni perché in entrambi i casi si tende a valorizzare le specifiche competenze.

Guido Quici
Vice Presidente Vicario CIMO-ASMD

19 novembre 2013
© Riproduzione riservata

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