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Infermieri. Ma il ruolo dell'Ipasvi oggi è davvero utile alla categoria?

di Daniele Carbocci

03 LUG - Gentile Direttore,
una frase di Andrea Bottega sulla questione della delibera sulle “competenze avanzate” delle badanti in Emilia Romagna mi muove a questo intervento per cercare di chiarire, per primo a me stesso, quale è oggi il ruolo che IPASVI, a tutti i suoi livelli, sta esercitando nel panorama professionale e politico.

Dice Bottega “eppure immagino che su tale tema (nda, affidamento alle badanti di competenze infermieristiche) siano stati interpellati i Collegi IPASVI perché se così non fosse mi chiedo cosa fanno se non monitorare e intervenire a nome nostro a tutela della professione”.

Già, cosa hanno fatto i collegi IPASVI nel caso delle delibera dell’Emilia Romagna? E che cosa hanno fatto i colleghi IPASVI in tre momenti estremamente importanti per la professione che li hanno visti coinvolti (?) negli ultimi mesi.

Prima di arrivare alla questione badanti dell’Emilia Romagna, faccio un passo indietro sulla questione degli standard assistenziali della Regione, una questione che per i risvolti di interesse nazionale a cui probabilmente porterà, avrebbe meritato molta più attenzione da parte fors’anche della federazione nazionale invece di essere lasciata gestire da  un coordinatore regionale palesemente manchevole.

Questione, quella degli standard assistenziali, che ha chiaramente messo in luce come la maggior parte dei presidenti dei collegi provinciali IPASVI siano ormai lontani anni luce dai luoghi dove gli infermieri svolgono la loro attività.

Non si giustifica altrimenti il fatto per il quale alcuni dei rappresentanti di quello che si vorrebbe diventasse un ordine professionale, avallano una proposta politica che porta ad una sensibile diminuzione del personale infermieristico in servizio con il non lusinghiero risultato di un innalzamento dei carichi di lavoro e una riduzione della qualità assistenziale per i cittadini malati: due falli nella stessa azione, la mancata tutela del professionista e la mancata tutela del cittadino malato.

In Veneto abbiamo anche assistito ad una conflittualità fra i presidenti dei Collegi provinciali, (quelli illuminati si sono posti a difesa di standard assistenziali più alti, mentre altri hanno avallato le scelte di politica regionale tese all’abbattimento dei professionisti infermieri in servizio) che ha offerto uno spettacolo obiettivamente deprimente.

Quello che viene spontaneo chiedersi è quale altro ordine professionale avrebbe agito in modo così sgangherato e avallato decisioni tese alla diminuzione occupazionale dei professionisti che deve tutelare. Ma forse, ci diranno a loro difesa, che quello degli standard assistenziali è più tema sindacale che professionale.

C’è poi un altro tema che pare essere anni luce lontano dai pensieri dei rappresentanti dei Collegi, il demansionamento a cui la maggior parte degli infermieri italiani deve sottostare: per la Presidente della Federazione, ma anche per la maggior parte dei presidenti provinciali di cui sopra, il tema è, ancora una volta, prettamente sindacale. Non sto qui a spiegare il perché non lo sia (il prof. Cavicchi ha sviscerato il tema approfonditamente e con più autorevolezza di quanto possa fare io), ma va bene, prendiamo per buona anche questa. Del resto ormai da anni facendo sindacato ho affrontato più volte la questione nell’indifferenza dei rappresentanti IPASVI.

Poi però, nello stesso momento in cui si dice che il tema demansionamento non è di competenza dell’IPASVI, ecco che la presidente fa una video chat sulla mobilità prevista dal decreto sulla riforma della Pubblica Amministrazione.

No, scusate, la mobilità è un tema professionale e il demansionamento è un tema sindacale? Onestamente c’è qualcosa che non torna.

Sarà che affrontare il tema del demansionamento vuol dire scontrarsi con le direzioni aziendali e le direzioni infermieristiche? Sarà che troppi presidenti IPASVI sono dirigenti infermieristici nelle aziende in cui il demansionamento è all’ordine del giorno e che quindi si troverebbero in conflitto con se stessi? Sarà che la dirigenza infermieristica è al guinzaglio delle dirigenze aziendali e quindi impotente?

C’è infine la questione della delibera della regione Emilia Romagna che lascia di stucco: si decide di affidare alle badanti competenze infermieristiche, fra cui alcune di quelle che si ritengono “avanzate” attraverso corsi di formazione di poche ore, e nessuno dei collegi IPASVI dell’Emilia Romagna  dice una parola.

A detta della Presidente della Federazione (che accidentalmente è dirigente infermieristica nella maggiore Azienda Sanitaria della Regione) i collegi IPASVI non ne sapevano niente.

Ed ecco che ritorna qua la frase di Andrea Bottega a cui facevo riferimento in apertura: sono stati interpellati o no i collegi IPASVI dell’Emilia Romagna? E se sì, è dato sapere quale è stata la loro posizione in merito alle decisioni assunte dalla giunta regionale? E se non sono stati interpellati, cosa stavano facendo tutti i presidenti dei collegi dell’Emilia Romagna quando è uscita quella delibera? Sono o non sono loro i titolari della funzione di controllo rispetto alla tutela del professionista infermiere e della qualità assistenziale fornita ai cittadini?

Come si dice nei romanzi polizieschi? Tre indizi fanno una prova. Ecco, quanto sopra è a mio parere la prova che la politica professionale e di tutela dei collegi IPASVI e del massimo organo di rappresentanza nazionale, anche solo nei confronti del singolo iscritto, è assolutamente inadeguata allo stato dell’arte della “questione infermieristica” in Italia e men che mai adatta alle sfide che gli infermieri sono chiamati ad affrontare per iniziare a svolgere un ruolo determinante nello sviluppo del Sistema Salute del nostro Paese. Un ruolo che al momento, anche grazie alla politica di questa dirigenza, gli infermieri non hanno.

Non saranno le competenze avanzate di cui si vanno vantando i vertici IPASVI e le loro avanguardie che risolveranno i mali dell’infermieristica in Italia.

Anzi quello delle competenze avanzate è l’ulteriore indizio che fa il pari gli standard assistenziali: sanno i dirigenti IPASVI cosa fanno gli infermieri nelle corsie dei nostri ospedali?

Le competenze avanzate saranno per la stragrande maggioranza degli infermieri italiani una serie di enunciati che rimarranno sulla carta, così come è rimasta sulla carta quella lapalissiana quanto impalpabile affermazione scritta nel profilo professionale che recita “l’infermiere è l’operatore sanitario che (omissis…) è responsabile dell’assistenza generale infermieristica.

Qualcuno, a distanza di 20 anni, ci spieghi che cosa è cambiato nella considerazione sociale e nell’organizzazione del lavoro infermieristico (e anche in questo caso il prof. Cavicchi docet), perché onestamente non so chi di noi possa essere nelle condizioni di dire oggi più di ieri che “l'Infermiere del terzo millennio è il professionista sanitario (omissis…) orgoglioso e soddisfatto del proprio lavoro, e che un domani possa suggerire ai propri figli di seguire le proprie orme, giusto per citare una  frase che un collega ha detto in chiusura alle risposte alle “10 domande agli Infermieri” della collega Chiara D’Angelo.

Ecco perché, a mio parere l’IPASVI, così come è stato e come continua ad essere oggi, è “un’entità” che non serve agli infermieri italiani.

Daniele Carbocci
Segretario Amministrativo NurSind


03 luglio 2014
© Riproduzione riservata

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