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Manovra sanità. Con queste cifre la tutela della salute è un miraggio

05 AGO - Gentile Direttore,
la recente approvazione dell’emendamento al Decreto Enti locali su cui il Governo ha posto la fiducia, è fonte inesauribile di equivoci assolutamente voluti. Questi provvedimenti si inseriscono nella manovra diretta a rastrellare risorse ritenute necessarie per l’equilibrio dei conti. I tagli colpiscono, tra le altre cose, la spesa per beni e servizi, dispositivi medici, il personale ospedaliero, la ospedalità convenzionata e le prestazioni di riabilitazione giudicate inappropriate.

A parte altre considerazioni, lo scopo dichiarato: lotta agli sprechi, ai doppioni, alla corruzione, alla non appropriatezza delle prestazioni etc (l’elenco è molto lungo) hanno lo scopo di realizzare risparmi.

Secondo la “vulgata” ufficiale, di cui si è fatta portavoce e garante la Ministra Lorenzin, i risparmi realizzati debbono (dovrebbero) restare nella Sanità. E’ lecito qualche dubbio, ma se questo fosse vero non si capirebbe perché questo capitolo è inserito nel complesso delle misure dirette a ridurre la spesa pubblica. Se gli euro risparmiati vengono riutilizzati nel Comparto Sanità dov’è il risparmio per le esauste casse dello Stato? Lo stesso Presidente della Conferenza delle Regioni Chiamparino ha parlato esplicitamente di tagli. Ora è certo che la Sanità ha già pagato conti salatissimi.

La Corte dei Conti nella sua relazione sulle finanze territoriali ha dichiarato che tra il 2008 e il 2015 la dimensione complessiva delle correzioni di spesa posta a carico degli enti per i vincoli imposti dal patto di stabilità, ha comportato il taglio del finanziamento del comparto Sanità per complessivi 17,5 mld di euro. In particolare per l’anno 2015 il finanziamento del FSN scende da 112,062 mld a 109,710 mld di euro (-2,350 mld). Anno 2016: scende da 115,444 a 113,098 mld di euro (-2,352 mld).

Queste sono le cifre ufficiali. Ci sarebbero da aggiungere il taglio di 285 milioni per l’edilizia ospedaliera. (ad abundantiam, direbbero Totò e Peppino)

Due considerazioni di merito e di metodo.

Quando nel patto di stabilità si è calcolato in 4 mld di euro la riduzione della spesa (diciamolo in italiano, anche se dire spending review è più a la page) a carico delle Regioni, esse hanno chiesto di decidere dove e come apportare i tagli e con il voto contrario della Campania, del Veneto e della Ministra Lorenzin hanno deciso di operare sulla Sanità.

Sul complesso delle spese regionali: indennità per i Consiglieri e gli Assessori Regionali (le cui retribuzioni – o rimborsi spese – di 200.000 euro all’anno) sono in media le più alte in assoluto rispetto agli equivalenti livelli dei paesi dell’OSCE (si pensi per fare un esempio ai Lander della Germania che sono 16 rispetto alle nostre 21 regioni, più le due province autonome di Trento e Bolzano); Consulenze (in gran parte inutili), 900 milioni di euro, trasferimenti alle aziende regionali provinciali (a proposito le province erano state soppresse ma nessuno se ne è accorto) comunali ed enti consortili 3,200 mld; spese per beni e servizi altri 6 mld di euro, non si è realizzato alcun risparmio.

Si è acquisito anche il Fondo per lo sviluppo e la coesione sociale che rientra tra gli interventi pubblici per rimuovere gli squilibri economico e sociale che ostacolano l’effettivo esercizio dei diritti della persona (art.129 della Costituzione).

A parte tutto questo, per l’anno in corso (siamo arrivati ad Agosto) si dovrebbero realizzare nei pochi mesi rimasti i risparmi previsti per l’intero anno. E’ credibile?

C’è di più. Le risorse approvate prevedono tra l’altro la riduzione della spesa per beni e servizi e dispositivi medici. E’ lecita una domanda: per i futuri contratti si potrà incidere, anche se le previsioni sembrano eccessive? Si vedrà, ma per i contratti in corso? Si pensi al contenzioso legale che sicuramente scaturirebbe oppure, ed è ancora peggio, le ditte fornitrici (alcune in ambiti di sostanziale monopolio, potrebbero fornire prodotti di minor qualità). Come ha evidenziato il Servizio Bilancio del Senato si rappresenta infine che “l’ammontare dell’aggregato oggetto del taglio ammonta al medesimo valore indicato dall’RT al decreto legge n.95 del 2012.

Considerando che tale decreto legge e la legge di stabilità 2013 operano interventi analoghi a quelli in esame si ritiene di dedurre logicamente una sovrastima dell’ammontare di spesa cui sono correlati i risparmi indicati nella presente RT, ovvero l’inefficacia sul contenimento della spesa di tale tipologia di intervento”.
Queste considerazioni valgono anche per la previsione di riduzione dei dispositivi medici e altro.

Con l’appropriatezza il discorso è più complesso ma ineludibile.
In premessa: non è accettabile scaricare sul cittadino le responsabilità e il costo circa l’appropriatezza delle prestazioni. La norma che la prevede deve essere necessariamente meglio precisata a tutela del cittadino, come già è stato fatto per alcune condizioni di erogabilità.
Si può parlare di prestazioni ad alto rischio di inappropriatezza e si può usare la formula: tali prestazioni non possono essere messe a carico del SSN.
Ma che cos’è l’appropriatezza?
Ci sono molte definizioni. Ne riportiamo una, quella che sembra essere la più completa, semplice ed esaustiva (ANMDO: Associazione Nazionale Medici Direttori di Ospedale) l’appropriatezza è fare le cose giuste, al paziente giusto, al momento giusto, nel posto giusto, dal professionista giusto, con le risorse giuste, nel modo giusto.
Nella letteratura anglosassone questo termine definisce un riferimento a standard di qualità. E’ appropriata una prestazione e quindi una spesa che fornisca un risultato qualitativamente accettabile, in tema di efficacia ed efficienza.
In Italia il termine appropriatezza si riferisce pressoche esclusivamente alla compatibilità finanziaria. Il Direttore Generale virtuoso non è colui che nell’azienda, che è una struttura complessa, riesce a raggiungere lo scopo di tutela della salute delle persone, ma colui che risparmia tagliando e riducendo anche i LEA (v.classifica nazionale).

Abbiamo esaminato gli effetti dell’intesa Stato e Regioni nello scegliere la sanità come settori in cui operare i tagli e abbiamo visto dove invece si sarebbe dovuto e potuto risparmiare.

E’ più facile colpevolizzare i medici sugli esami inutili quando sono stati proprio i medici a denunziare il problema dell’appropriatezza, sollecitando una legge sulla responsabilità professionale che restringesse, come avviene in tutti, dico tutti, i paesi civili, la responsabilità medica, come per i magistrati, alla colpa grave o al dolo, mettendoli così al riparo della deriva giustizialista che invoca ad ogni piè sospinto il pretesto della malasanità, per richiedere consistenti risarcimenti (peraltro sacrosanti quando sono dovuti).

E’ preferibile avviare un confronto con i Sindacati dei Medici, gli Ordini Professionali e anche le Società scientifiche per varare protocolli scientificamente validi, lasciando solo per quelle prestazioni che si discostano l’onere della motivazione da parte dei medici. Minacciare sanzioni anche di tipo patrimoniale è come le grida di manzoniana memoria, sono prive di efficacia e servono solo a creare tensione e contrasti inveche che la necessaria collaborazione.

Le varie riforme, ammoniva uno che se ne intendeva, Lenin, non si possono fare senza la collaborazione concreta di coloro che debbono attuarle.
Credo che a questo punto sia necessaria una conclusione.

Che ci siano in Sanità sprechi inammissibili è un fatto; che vi siano responsabilità anche dei medici è un altro fatto. Vi è certamente una inappropriatezza prescrittiva.
Chiamiamola medicina difensiva, che c’è, anche se non credo sia possibile quantificarla. E’ necessaria rimuoverla o almeno ridurla fortemente, con un grande sforzo di condivisione che coinvolga anche altri organi dello Stato, soprattutto il Parlamento, che si decida a varare la legge sulla responsabilità professionale ferma da alcuni anni.

Detto questo bisogna aggiungere che il FSN è abbondantemente sottostimato se si confronta con altri paesi dell’OSCE. L’On.le Vargiu Presidente della Commissione affari sociali della Camera dei Deputati e quindi non un pericoloso sovversivo, denunzia che le risorse del FSN non sono sufficienti a garantire la salute delle persone.

Le fa eco la Senatrice Dirindin (PD) che registra la preoccupante contrazione dell’incidenza della spesa sanitaria sul PIL.
L’Italia spende per la prevenzione solo lo 0,5 del PIL, un pò di più di Cipro.

Con queste cifre la tutela della salute è un miraggio. Eppure è ormai definitivamente accertato che la salute non è più un bisogno ma un diritto costituzionalmente protetto. E se è messo in discussione si mette in crisi il Welfare State di cui la Salute è l’altro pilastro insieme alla Previdenza e quindi si mette in discussione la democrazia.
E’ forse il caso che il Governo e le Regioni, insieme ai Partiti di cui sono espressione, più che giocare a rimpiattino, riflettano molto seriamente. Si incomincia a giocare con il fuoco.

Senza allarmismi ma con molta chiarezza, Salviamo il SSN.

Bruno Ravera
Presidente Ordine dei Medici ed Odontoiatri della provincia di Salerno


05 agosto 2015
© Riproduzione riservata

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