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Accesso ai farmaci, innovazione e formazione. A Trieste l’incontro sulle nuove sfide per la professione del farmacista

Per il farmacista e alla farmacia di comunità si prospettano un ruolo e una funzione sempre più complessi per i quali si renderà necessaria un’evoluzione del sistema che forma il farmacista, con una sempre più forte integrazione con la realtà concreta della pratica. Questo in sintesi quanto emerso dall'incontro, tenutosi lo scorso sabato, organizzato dagli Ordini dei Farmacisti di Gorizia e Trieste e dalla Federfarma.

18 FEB - Sala affollata oltre la sua capacità e un uditorio sempre attento per un intero pomeriggio di lavori. Questo il bilancio in sintesi dell’incontro organizzato sabato scorso a Trieste dagli Ordini dei Farmacisti di Gorizia e Trieste e dalla Federfarma del capoluogo giuliano, intitolato “Nuove sfide della professione del farmacista. L'accesso ai farmaci, l'innovazione, la formazione come pilastri del sistema farmacia".

Bilancio che non rende conto però del coinvolgimento e della partecipazione dei professionisti presenti, in particolare i più giovani. Gli interventi erano affidati al presidente della Fofi Andrea Mandelli, al professor Stefano Vella, responsabile del Centro di Riferimento per la Salute globale dell’Iss, a Marco Cossolo, presidente nazionale di Federfarma; Silvia Pagliacci, presidente del Sunifar e a Luigi D’Ambrosio Lettieri, vicepresidente della Fofi e presidente della Fondazione Cannavò.
 
Il dato di partenza dei lavori, hanno spiegato gli Organizzatori Anna Olivetti, presidente dell’Ordine di Gorizia e Marcello Milani, presidente di quello di Trieste, è il profondo cambiamento che interessa i termini del trinomio farmacista-farmaco-farmacia. Un cambiamento che presenta caratteristiche spesso differenti da quelle comunemente descritte. E se gli strumenti dell’evoluzione del professionista, come illustrato nella relazione del presidente Mandelli, sono stati resi disponibili nei termini che la Fofi aveva delineato già con il documento federale sulla professione del 2006 (dalla Legge sulla farmacia dei servizi al Dossier farmaceutico alla sperimentazione dei servizi cognitivi del farmacista), il prossimo passo è giungere alla standardizzazione, in termini di qualità e uniformità, delle prestazioni professionali del farmacista. Questa è una condizione fondamentale per il loro riconoscimento, tanto dal punto di vista sanitario quanto dal punto di vista economico.
 
Un aspetto che torna anche se si considera il cambiamento nella struttura in cui il farmacista opera, la rete delle farmacie di comunità: per il presidente di Federfarma Cossolo, è un errore ritenere che la competizione con le catene delle società di capitali si svolgerà sul piano della capillarità, o del prezzo. Il punto nodale è il ruolo professionale, che si esprime nei servizi cognitivi, capace di generare valore aggiunto. Ed è questo l’aspetto su cui puntano le società di capitali, con l’intenzione di offrire questo valore aggiunto non soltanto al Servizio Sanitario, ma anche all’industria o alle assicurazioni. Quello che serve alle farmacie dei professionisti è la capacità di iniettare efficienza nelle loro attività e la risposta di Federfarma è il modello di Sistema Farmacia Italia, l’aggregazione in una catena virtuale “forte” capace di creare economie di scala mantenendo la caratteristica di “impresa del professionista”.
 
Anche il farmaco sta evolvendo: l’innovazione che pareva essersi arrestata in realtà è ripresa con grande intensità, ha riassunto il professor Vella, e in forme differenti dal passato: i nuovi farmaci sono sempre più mirati e capaci di curare patologie un tempo ritenute al massimo “trattabili”: è il caso ben noto dell’epatite C cronica ma anche di malattie non trasmissibili come i tumori polmonari, o alcune forme di leucemia. Farmaci mirati, dunque, ma anche sempre più costosi, così da rendere necessaria la ricerca di nuove modalità di contrattazione del prezzo e di remunerazione della ricerca nella quale, spesso, sono coinvolti anche enti pubblici. E che soprattutto pone un problema di accesso sia nei paesi a più basso reddito ma anche nei cosiddetti paesi ricchi.
 
E che la farmacia come presidio polifunzionale sia un elemento chiave non solo per l’accesso all’assistenza farmaceutica, ma anche alle prestazioni sanitarie in senso generale è stato ricordato da Silvia Pagliacci: sono in moltissimi casi l’unico presidio sanitario disponibile in comunità di poche migliaia – o anche centinaia - di persone nelle cosiddette aree interne del paese.
 
In conclusione, al farmacista e alla farmacia di comunità si prospettano un ruolo e una funzione sempre più complessi per i quali, ha riassunto Luigi D’Ambrosio Lettieri, occorre un’evoluzione del sistema che forma il farmacista, con una sempre più forte integrazione con la realtà concreta della pratica professionale, soprattutto, con una determinazione di tutta la professione a perseguire – “noi insieme” ha ribadito il presidente della Fondazione Cannavò - questo obiettivo.

La giornata si è chiusa con la consegna di una targa ad alcune figure di rilievo della professione a Trieste: Eliana Frontali, per 15 anni vicepresidente dell’Ordine, il professor Roberto della Loggia, ultimo preside della Facoltà di Farmacia dell’ateneo triestino, Gianni Rubino, presidente dell’Ordine dal 1990 al 1995 e Vittorio Zamboni, che ha rivestito la stessa carica fino al 2005.

18 febbraio 2019
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