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Troppi psicologi? Ognuno si prenda le sue responsabilità

10 LUG - Gentile Direttore,
sento l’esigenza di esprimere qualche considerazione sulla riflessione compiuta dal dott. Mario Sellini, Segretario generale dell’ Associazione Unitaria Psicologi Italiani, circa le criticità che investono la condizione professionale degli psicologi, e ripresa dal suo quotidiano.

L'Ordine Psicologi Lazio conta il maggior numero di iscritti in Italia e ben conosce le difficoltà con cui questi, quotidianamente, si confrontano. Non è facile comprendere, tuttavia, cosa intenda Sellini quando, con riferimento alla condizione della categoria, afferma che come AUPI cercherà “di approfondire la questione e se ci sono delle responsabilità precise, qualcuno dovrà risponderne". Il sindacato AUPI – di cui è segretario generale oramai da moltissimi anni - esiste dall'istituzione della professione di Psicologo in Italia, circa 25 anni fa, ha da sempre espresso la maggioranza in Consiglio Nazionale Ordine Psicologi e, dunque, dettato le politiche di sviluppo della comunità professionale. Chi da un quarto di secolo svolge questo ruolo non credo possa esordire, nel 2016, assumendo una posizione simile.

Nel Lazio, citato da Sellini, i pochi colleghi rimasti nel SSR hanno una età media di oltre 58 anni, sono clamorosamente sottodimensionati, non esistono concorsi e, aggiungo, delle recenti 300 ed oltre assunzioni effettuate dal Sistema Sanitario regionale Lazio non vi è presenza di un solo psicologo. Una situazione "a esaurimento", a svantaggio prima di tutto dei cittadini, cui il sindacato AUPI non ha saputo porre rimedio negli ultimi due decenni.
 
Detto questo, l'Università è sicuramente un soggetto che deve porsi in maniera critica, ma non certo l'unico. E non è certo addossando le responsabilità a uno piuttosto che ad altri che si riuscirà ad avviare un confronto tra mondo accademico, Ordine, ENPAP capace di generare discontinuità, a vantaggio degli psicologi e dei cittadini.

Allo stesso tempo, non trovo corretto né produttivo questo approccio “sindacalistico” e “corporativista”. Gli psicologi sono solo una delle tante famiglie professionali in difficoltà. Giornalisti, avvocati, veterinari, medici - tanto per citarne alcune - sono categorie con un eccesso di iscritti tanto e più del nostro e si stanno confrontando con queste medesime problematiche: tuttavia, lo stanno facendo mettendosi in rete, creando nuovi mercati e sinergie, certamente non fingendo di svegliarsi oggi - immacolati - per individuare specifici responsabili. Pur comprendendo che nell'autunno a venire si terranno le elezioni per il rinnovo della carica di Segretario Generale AUPI, continuo a non condividere queste modalità.

Venendo ai problemi e alle soluzioni, c'è sicuramente un eccesso di iscritti da prendere in carico, c'è sicuramente da negoziare nuovi modelli di ingresso ed uscita con le Università, ma allo stesso tempo è urgente lavorare - come Ordine - in modo diverso: adottando un’ottica di promozione professionale, riposizionandosi presso i cittadini, facendo rete con altre famiglie professionali sanitarie, allineando i profili di competenza dei colleghi rispetto alle domande emergenti di Psicologia. Non ultimo, cominciando a presidiare le relazioni istituzionali: come Presidente dell’Ordine Psicologi Lazio posso testimoniare che, prima dell’insediamento dell’attuale Consiglio, i decisori politici regionali non avevano mai visto in faccia né Ordine, né tanto meno AUPI, mentre ad oggi siamo interlocutori riconosciuti.

Fatto questo, starà agli iscritti donarsi una dirigenza nazionale capace di generare cambiamento evolutivo, di rappresentare e valorizzare il contributo professionale dello psicologo senza nascondersi dietro giochi di parole e comunicati stampa a effetto. Nell’interesse della cittadinanza, degli appartenenti alla categoria e di chi si sta ancora formando per farne parte.
 
Nicola Piccinini
Presidente dell’Ordine degli Psicologi del Lazio 

10 luglio 2016
© Riproduzione riservata

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