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Forum Mediterraneo in Sanità. Il Pnrr convince le Regioni del Sud. “Ma serve personale e procedure di appalto snelle”

di Lucia Conti

Confronto al Forum Mediterraneo in Sanità tra il presidente del Molise Toma; gli assessori alla Salute di Abruzzo e Sardegna, Verì e Nieddu; il Dg dell’Asl Na 1 Centro, Verdoliva,  e il Dg dell’Aress Puglia,  Gorgoni. Tutti concordi che il Pnrr rappresenti una grande occasione. Ma serve “un intervento finanziario governativo forte” contro la carenza di personale e “procedure di appalto più snelle per rispettare i tempi imposti dall’Europa”. E sul contratto di lavoro dei mmg, tutti votano per la dipendenza.

06 OTT - C’è grande fiducia tra le Regione del Sud sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per la sanità. La sfida è ambiziosa, le cose da fare tante e i tempi strettissimi, ma le Regioni sono già al lavoro per non perdere questa opportunità, unica, di traghettare la sanità italiana e i servizi sanitari regionali nel futuro. È questa, in sintesi, la posizione espressa dal confronto promosso ieri tra il presidente della Regione Molise, Donato Toma; gli assessori alla Salute di Abruzzo e Sardegna, Nicoletta Verì e Mario Nieddu; il Dg dell’Asl Napoli 1 Centro, Ciro Verdoliva, e il Dg dell’Aress Puglia, Giovanni Gorgoni, nell’ambito del 5° Forum Mediterraneo in Sanità in programma fino al 7 ottobre a Bari.

Nel Prnn, però, non c'è una soluzione per tutto. La carenza di personale continua ad essere gravissima in ogni parte di Italia, e ancora di più nelle Regioni del Sud, dove anni di piani di rientro e tetti di spesa hanno acuito il problema. Ma a preoccupare gli amministratori della Regioni sono anche le procedure di appalto, troppo complesse e lente. “Paludose”, le ha definite il Dg Verdoliva. Che ha evidenziato come, inoltre, “espongano facilmente i responsabili al rischio di vedersi recapitare avvisi di garanzia, non sempre motivati”. Osservazione condivisa dagli altri protagonisti della tavola rotonda, che hanno chiesto procedure più snelle e veloci per evitare “di iniziare a costruire oggi un ospedale pensato 10 anni fa e che, inevitabilmente, nasce già vecchio”.

Eppure, si diceva che l’emergenza Covid avesse permesso di scoprire che, se si vuole, le cose si possono fare anche in fretta. “Non è esattamente così”, hanno sottolineato i rappresentanti delle Regioni. “Perché gli effetti delle decisioni prese in emergenza inizieremo a vederle solo ora”. Gli amministratori sono convinti alcuni atti deliberati dalle Regioni in emergenza passeranno sotto la scure della Corte dei conti e le altre autorità competenti, e non è detto che tutte si risolvano senza conseguenze.

Toma e Nieddu hanno poi evidenziato la necessità di “un intervento governativo finanziario incisivo” per risolvere il problema della carenza di personale. Un finanziamento che, hanno evidenziato i responsabili delle Regioni, “deve essere continuativo e non una tantum, perché abbiamo bisogno di fare programmazione e per farla servono certezze”.

I protagonisti della tavola rotonda promossa al Forum Mediterraneo in Sanità sono comunque convinti che le azioni messe in campo con il Pnrr vadano nella giusta direzione e che la sanità italiana sia veramente in procinto di compiere un grande salto in avanti, soprattutto per quanto riguarda la sanità territoriale e le potenzialità offerte dalla digitalizzazione e dalla telemedicina.

E sulla questione della digitalizzazione è intervenuto il Direttore Generale dell’Aress Puglia, che già nella mattinata aveva presentato alla platea riunita per il 5 Forum Mediterrano Sanità la nuova Centrale Operativa Regionale di Telemedicina delle cronicità e delle reti cliniche – COReHealth, un progetto a supporto degli operatori delle reti di cura e, soprattutto, dei pazienti, che potranno usufruire di un nuovo servizio altamente innovativo con accesso in modalità telematica che consisterà loro di essere curati da casa, accompagnati ad una auto-gestione della propria malattia cronica riducendo così le ospedalizzazioni e le visite presso gli ambulatori e i medici.

Per Gorgoni la telemedicina renderà possibile fare della casa il primo luogo di cura. Ma questo non significa digitalizzare le vecchie soluzioni, significa inventare processi nuovi. Che non potranno prescindere da un precedente investimento sul capitale umano in termini di formazione.
 
Per Gorgoni sarà poi essenziale trovare soluzioni utilizzabili da tutti i cittadini, di qualsiasi età, livello di istruzione o estrazione sociale. “Se questi strumenti saranno fruibili solo da alcuni, perché troppo tecnologici e costosi, o poco intuitivi, la digitalizzazione anziché rappresentare una risorsa per cancellare la disomogeneità dei livelli di cura, finirà per aumentare le differenze”.

Il dg dell’Aress Puglia ha anche evidenziato come questa nuova era digitale si scontri, spesso, con i limiti imposti dalla privacy. “Ed è paradossale, se si pensa che ci sono siti di shopping online che sanno tutto di noi. Social che conoscono tutti i nostri dati e contatti personali. Il rischio è che la sanità pubblica resti bloccata dalle regole, lasciando alle grandi multinazionali del web lo spazio per mettere le mani sulla salute e l’assistenza sanitaria ai pazienti”.

Al centro del dibattito anche il ruolo del medico di medicina generale. I rappresentanti delle Regioni si sono detti molto delusi dell’adesione “ben sotto le aspettative” dei medici di medicina generale alle azioni di contrasto all’emergenza Covid, tra queste l’esecuzioni dei tamponi e delle vaccinazioni. E intervenendo nel dibattito sulla trasformazione del rapporto di lavoro dei medici di medicina generale dalla convenzione alla dipendenza, hanno optato per la dipendenza. “Apriremo un dialogo e troveremo la migliore soluzione possibile, ma è assurdo che, in una situazione di grande emergenza sanitaria e di grave carenza di personale, i presidenti di Regione non abbiano potuto contare sui medici di medicina generale”, ha detto Nieddu.

Per i rappresentai delle Regioni è comunque possibile che si arrivi a un sistema “misto” in cui alcuni medici saranno in convenzione e altri in dipendenza. “Appare evidente che per i medici di medicina generale che lavoreranno nelle Case di Comunità, la formula più adatta sarebbe la dipendenza”, hanno concordato i protagonisti della tavola rotonda. Quel che è certo, per tutti, è che “il contratto della medicina generale vada profondamente ripensato”.

Nel corso del pomeriggio Toma ha spiegato gli obiettivi prioritari del Molise, per i prossimi mesi e anni, sarà “rafforzare la resilienza e la tempestività di risposta del sistema sanitario molisano alle patologie croniche e alle altre emergenze sanitarie. Altro punto sul quale ci si sta concentrando in Molise è quello relativo alla riprogettazione dei servizi distrettuali e territoriali. Le direttive da seguire sono prossimità delle cure, telemedicina e rafforzamento della dotazione organica, “anche attraverso l’immissione in ruolo di nuove professionalità totalmente dedicate alle cure territoriali”.

L’assessore Verì ha ricordato la misura messa in campo dalla Regione Abruzzo per far fronte alla carenza di personale. “Abbiamo approvato una delibera che consente l’assunzione a tempo indeterminato del personale già dipendente a tempo determinato nelle Asl abruzzesi, ma collocato in posizione utile in graduatorie di concorso di aziende sanitarie extraregionali”. Questo dovrebbe contribuire anche a “consentire che le professionalità formate in Abruzzo non si disperdano, ma possano continuare a dare il proprio contributo alla nostra Regione”.

Quanto al rapporto con il Governo e il ministero della Salute, i rappresentanti delle Regioni hanno evidenziato come troppo spesso le decisioni siano “calate dall’alto”. Per Nieddu è dunque necessario che la collaborazione tra livello centrale e livello periferico sia più stretta. “Ci sono competenza che devono senza dubbio rimanere in mano al livello centrale, ma chiediamo più flessibilità, perché ci sono situazioni, sul territorio, a cui occorre rispondere e le Regioni non possono sempre avere le mani legate né per ogni intervento può essere necessario un decreto che corregga un decreto che a sua volta correggeva un altro decreto”.
Per Verdoliva tale spirito di collaborazione deve esistere “a tutti i livelli, dal rapporto tra i direttori generali e le Regioni, a quello tra le Regioni e il governo centrale. È evidente che poi c’è un organo che decide, ma serve un confronto e un approfondimento preventivo”.
Per Verì, invece, la questione non sta tanto nel rapporto tra le competenze del ministero della Salute e le Regioni. “Ma dobbiamo strappare la programmazione sanitaria dalle mani del Mef. Questo non significa non tenere i conti in ordine. Ma i bisogni della sanità non possono essere calcolati solo considerandoli una spesa”.
 
Lucia Conti

06 ottobre 2021
© Riproduzione riservata

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