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Al via il 15° Forum Risk Management. Si parte dal Covid e Ippolito (Cts e Spallanzani) lancia la proposta: “Servono un piano nazionale e norme vincolanti come abbiamo fatto con l’Aids”

“Le epidemie vanno gestite a catena corta e il modello a cui ispirarsi è quello adottato per la lotta all’Aids” ha detto Giuseppe Ippolito, Direttore Scientifico dello Spallanzani e membro del Cts in un confronto a tutto tondo sulla gestione della pandemia, dalla quale bisogna ripartire per ripensare il sistema sanitario, come ha ricordato aprendo i lavori, Vasco Giannotti, Presidente del Comitato Scientifico della kermesse annuale che mette a confronto i principali attori del sistema salute

15 DIC - Il sistema di gestione dell’epidemia va ripensato, nonostante il Paese abbia riposto bene dopo il knock out iniziale inferto dalla Covid 19. Di fronte alla mancanza di una regia europea, che va recuperata, e anche di un’Oms che ha mostrato le sue maglie deboli, bisogna guardare a un modello di gestione centralizzato che rispetti le competenze della scienza e della politica. Un modello di gestione ben delineato come quello adottato nella lotta contro l’Aids.
Anche perché la posta in gioco è alta: se la sfida a breve termine è quella di offrire la più ampia copertura vaccinale, nel medio lungo periodo è far sì che la pandemia diventi un’occasione non solo di ripartenza, ma di rinascita del sistema sanitario.

Questi i temi sotto riflettori nella giornata di apertura della 15ª edizione del Forum Risk Management, che mette a confronto i principali attori del sistema salute, dal titolo “Nuovo rinascimento tecnologico e nuovo umanesimo in sanità. Riforma e rigenerazione”. Un Forum in versione digital, ma con la cabina di regia ad Arezzo.
 
“Questa nuova edizione del Forum si vuole presentare come rivoluzionaria e in tutti i sensi, a partire dalla modalità di incontro – ha sottolineato Vasco Giannotti, Presidente Comitato Scientifico, dando il via ai lavori – per la prima volta ci confrontiamo in modalità on demand, ma non dimentichiamo lo spirito del Forum che è quello di creare interazione tra tutti gli attori. Vogliamo e dobbiamo imparare da questa pandemia, per ripensare il sistema sanitario nel breve e nel lungo termine, usufruendo dei fondi europei che il Governo sta immettendo nel Ssn. Soprattutto – ha aggiunto – dobbiamo avviare una riflessione sul post pandemia per ripartire da chi veramente conosce i bisogni di cura del paziente. Una rivoluzione copernicana per ripartire dalla base, ossia dalle migliaia di operatori che hanno saputo mostrare la loro resilienza e che devono poter interloquire con i decisori a tutti i livelli, dall’aziendale al regionale al nazionale”.
 
Tema centrale della mattina è stata la gestione della pandemia Covid. A parlarne in apertura dei lavori il Presidente dell’Istituto Superiore di SanitภSilvio Brusaferro. “Dal primo caso datato 20 febbraio 2020 ad oggi – ricorda Brusaferro – tanta strada è stata percorsa insieme ad altri soggetti istituzionali, grazie ai quali siamo riusciti ad affrontare una pandemia nuova e sconosciuta”.
 
“Oggi – ha aggiunto – la fase Covid /post Covid ci offre alcuni elementi su cui riflettere: Preparazione (rapidità di azione, flessibilità, produzione e logistica) Prevenzione e Public Healt (essenziale per la salute della comunità, per la crescita del Paese, coordinamento tra soggetti Regioni, Asl e autorità sanitarie locali) Centralità delle risorse umane (programmazione, formazione), Fragilità/anziani (modelli da ripensare, integrazione soci sanitaria), Digitalizzazione (sistemi informativi, piattaforme interoperabilità, normative e tariffazione prestazioni, coordinamento regionale e nazionale), Comunicazione e Social media.  Così, ricorda Brusaferro, dico che “le parole chiave per il nostro futuro sanitario saranno: Promozione, Predizione prevenzione, Protezione, Precisazione/Personalizzazione, Partecipazione”.
 
L’Istituto Superiore di Sanità ha concluso Brusaferro, “farà come sempre la sua parte e porterà il proprio contributo alla lotta di questa pandemia. Ad oggi I rapporti Iss Covid-19 sono 58, 15 tradotti in inglese, tutti indirizzati al personale sanitrio per affrontare i diversi aspetti della pandemi. Rapporti che forniscono indicazioni essenziali per la gestione dell’emergenza”.
 
A seguire l'intervento del presidente dell'Iss, è intervenuto Giuseppe Ippolito, Direttore Scientifico Inmi L. Spallanzani e componente della Cts. “Le epidemie vanno gestite a catena corta”, ha detto in un confronto a tutto tondo moderato dal direttore di QS Cesare Fassari. E il modello da cui imparare deve essere quello adottato per la lotta all’Aids.
 
“L’epidemia ha trovato impreparati tutti – ha spiegato Ippolito – come è emerso da una valutazione su 195 Paesi della Johns Hopkins University, nessuno Stato occidentale era totalmente preparato a fronteggiare un evento catastrofico. Quindi piuttosto che flagellarci, come è nostra abitudine, possiamo dire che, nonostante le criticità, l’Italia ha saputo gestire bene la situazione. Il modello utilizzato dal Cts nel corso dell’epidemia è stato un’ottima soluzione. Ma come è avvenuto nella gestione dell’Aids, va compreso che se la politica ha bisogno della scienza, anche questa deve capire che la politica ha un suo ruolo. Serve insomma un rispetto delle competenze”.
 
Bisogna tenere la barra a dritta. Anche perché se l’Europa ha trovato una coesione comune per l’acquisto del vaccino anti Covid, altrettanto non è avvenuto nella gestione della pandemia, complice anche il fatto che la sanità è in capo agli Stati membri. “C’è stata una debolezza delle agenzie di supporto – ha detto Ippolito – l’Oms ha cambiato più volte modello strategico a causa dell’assenza iniziale di conoscenze scientifiche che consentissero di prendere posizioni chiare. Credo quindi che la futura base di discussione sia ripartire dall’Europa, per avere modelli di risposta unici”.
 
Se è mancata una regia europea, anche in casa nostra sono stati tanti i momenti di tensione tra centro e periferie. “Molte Regioni – ha aggiunto Ippolito – sono state antesignane anticipando le decisioni dettate a livello centrale. Sono convinto però che le epidemie vadano gestite a catena corta. La scuola è stata paradigmatica delle divergenze di gestione. Questa esperienza ci ha insegnato che il sistema di gestione dell’epidemia va ripensato, nonostante i buoni risultati che abbiamo comunque conseguito. Ci vogliono quindi sistemi di governo che partano da modelli centrali. La pandemia non è finita, dobbiamo vaccinare la popolazione e capire quali segni lascerà sull’organizzazione sanitaria”.
 
Purtroppo, ha rimarcato Ippolito abbiamo perso l’afflato che in passato ha unito: “Serve un modello chiaro, come è avvenuto per l’Aids quando c’era stata una stima dei bisogni, abbandonata negli anni perché abbiamo tagliato la sanità per motivi politici”.
 
In sostanza, ha sottolineato, le epidemie andrebbero gestite come se il Titolo V non ci fosse. “La cancelliera Merkel ci ha insegnato che anche i Laender più riottosi di fronte a una gestione forte fanno un passo indietro. Inoltre come ha detto Gino Strada abbiamo bisogno di una sanità pubblica: dobbiamo avere il coraggio di dire che il pubblico ha dato al privato una quota importante di gestione della sanità. Ecco perché serve a un momento centralizzante per la gestione delle pandemie, con un piano di bisogni che copra tutto. Abbiamo perso la rete nazionale di malattie infettive programmata creata con l’Aids, anche a causa di corporativismi. Va ricreata, perché i nuovi patogeni sono dietro l’angolo”.
 
C’è anche bisogno dell’Oms, ma di una Organizzazione riformata, ha poi aggiunto: “Dal '92 si parla di una sua riforma e pensavamo che dopo l’esperienza della Sars ci sarebbe stato un profondo cambiamento. Ma non è avvenuto e non credo che arriverà a breve”.
 
A tenere viva l’attenzione è anche il triste primato italiano del tasso di letalità da Covid 19. “Non sappiamo ancora perché questo avvenga - ha detto Ippolito - anche se la mortalità nelle terapie intensive è la stessa degli altri Paesi mentre è più alta per la letalità fuori dall'ospedale”. Le cause non sono chiare “vanno indagate coinvolgendo tutti e garantendo la massima trasparenza nei dati - ha detto ancora - ma è certo che qualcosa nella medicina territoriale non ha funzionato a dovere”.  “La mia idea - ha aggiunto - è che sia ora di trasformare il rapporto di lavoro dei Mmg da medici convenzionati e dipendenti su modello spagnolo, con un modello flessibile che preveda per le nuove generazioni un lavoro di equipe con responsabilità di prescrizione e consumo e in collegamento con l’ospedale”.
 
La sfida immediata ora è quella delle vaccinazioni, il via libera dell’Ema al vaccino Pfizer/Biontech potrebbe essere anticipata a prima di Natale e l’obiettivo è vaccinare tutti entro l’autunno. Ma Ippolito avverte: “Bisogna essere cauti nel pensare di vaccinare alcuni prima di altri, anche perché il vaccino previene la malattia, ma non sappiamo se previene anche l’infezione”.
 
“Tutte le società scientifiche diranno che i loro pazienti hanno la priorità – prosegue – ma bisogna aspettare ulteriori risultati. La vaccinazione non è stata sperimentata sotto i 18 anni e non sono stati considerati gli immunodepressi, vanno quindi fatti nuovi studi. Arcuri ha stilato un Piano estremamente dettagliato per completare le vaccinazioni entro 16 settembre e le forze messe in campo sono imponenti. Sono inoltre convinto che gli italiani supereranno tutte le ritrosie verso un vaccino sviluppato in poco tempo, ma che ha rispettato in maniera assoluta tutte le condizioni di sicurezza”.
 
Quanto all’obbligo della vaccinazioni per gli operatori sanitari, Ippolito si è detto contrario all’obbligo “per definizione”, anche perché negli anni non ha sortito effetti. “L’unico vaccino che ha registrato tra gli operatori una alta adesione è stato quello contro l’epatite B, questo perché c’è stata una campagna ad ampio spettro inserita in un percorso di valutazione dei rischi. Chiamarlo obbligo quindi non mi piace, meglio pensare ad attività condizionate dall’essere o meno stato immunizzato”
 
Di certo la pandemia ha messo sotto pressione ogni pezzo del sistema, come ha ricordato, Sergio Iavicoli Direttore Dipartimento Medicina, Epidemiologia e Igiene del lavoro e ambientale Inail: “Tutte le competenti dell’Istituto si sono attivate per dare risposte la pandemia è stato un test da sforzo per tutti, ma anche un punto di riflessione per riportare tutto il sistema sanitario e chi si occupa di sanità pubblica all’attenzione della funzione pubblica del nostro Ssn”.

Mmg e Pdl, nelle coperture Inail. E buone notizia potrebbero arrivare per i Medici di medicina generale, Pediatri di libera scelta e altre categorie che non rientrano nella copertura assicurativa dell’Inail. La richiesta di inserimento fatta già dal mese di marzo dalla Fnomceo trova il consenso di Inali ma a decidere deve essere la politica: “Abbiamo dato piena apertura e la disponibilità per altro auspicata in passato – ha assicurato Iavicoli – siamo contenti che venga la ampliata platea. Certo servirà un correttivo normativo”.
 
Per quanto riguarda la vaccinazione degli operatori sanitari, secondo Iavicoli sarà fondamentale una campagna comunicativa e il ruolo dei medici competenti, “anche perché l’obbligo alla vaccinazione per il personale sanitario non stato imposto da nessun paese europeo”.
 
Ester Maragò

15 dicembre 2020
© Riproduzione riservata

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