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Veneto. Due sentenze della Corte Costituzionale: una promuove il Veneto, l'altra lo boccia

Dichiarata l’incostituzionalità parziale della norma che obbliga le Regioni a ridurre del 15% i canoni di locazione degli immobili a uso istituzionale. Esito negativo ha invece ha avuto l’impugnativa che riguardava un taglio alla spesa delle regioni pari a 500 milioni di euro per il 2014 ed a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017.  


25 MAR - “Una vittoria piena sui i canoni di locazione ad uso istituzionale, che vanno gestiti sulla base del concetto di costo standard e non possono essere ulteriormente tagliati dove già è stata raggiunta la massima virtuosità; e la fondamentale affermazione che la Regione ‘non erra’ a sostenere che la spesa sanitaria è incomprimibile nelle Regioni virtuose, pur in una sentenza con esito complessivamente contrario. Le buone ragioni del Veneto continuano a trovare attenzione e seguito nell’attività della Corte Costituzionale, a dimostrazione che non vi ricorriamo per partito preso o per motivazioni politiche, ma quando siamo convinti che qualcosa non funzioni nella legislazione nazionale, come nel caso dei tagli alla sanità”. Con queste parole, il Presidente del Veneto, Luca Zaia, commenta due sentenze della Consulta riguardanti altrettanti ricorsi proposti dalla Regione .

Con la sentenza n. 64 del 2016, depositata ieri, è stata dichiarata l’incostituzionalità parziale della norma che obbliga le Regioni a ridurre del 15% i canoni di locazione degli immobili a uso istituzionale: la norma prevede che tale riduzione si inserisca automaticamente nei contratti in corso, anche in deroga alle eventuali clausole difformi apposte dalle parti, salvo il diritto di recesso del locatore. La norma quindi prescinde dallo sforzo fatto dalle realtà regionali virtuose, che potrebbero non avere più margini per ulteriori riduzioni, incorrendo così in pericolose ed anti economiche rescissioni dei contratti. La difesa regionale aveva evidenziato come la norma non contenesse alcun riferimento a livelli standard di spesa o anche all’ammontare medio dei canoni di locazione.

La Corte costituzionale ha accolto il ricorso della Regione Veneto (difesa dal prof. Avv. Luca Antonini e dall’avv. Ezio Zanon, responsabile dell’Avvocatura regionale), dichiarando illegittima la disposizione in quanto di carattere permanente, e ne ha quindi limitato la vigenza fino alla fine del 2016. Questo perché “le disposizioni restrittive della spesa regionale devono dunque operare per un periodo di tempo definito, in quanto necessarie a fronteggiare una situazione contingente”. 

Esito negativo ha invece ha avuto l’impugnativa che riguardava un taglio alla spesa delle regioni pari a 500 milioni di euro per il 2014 ed a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017. Nella sentenza n. 65 del 2016, la Corte Costituzionale sostiene che stabilire un criterio di riparto del taglio, ove non sia raggiunta l’intesa con le Regioni, in modo da ripartirlo in base al PIL regionale e alla popolazione residente costituisce un “un indice non implausibile della capacità di ciascuna Regione di assorbire la riduzione di risorse”.

La Regione Veneto aveva evidenziato che le Regioni con un PIL più elevato sono anche “quelle più efficienti sul lato della spesa pubblica e, nonostante ciò, sarebbero le più esposte alla riduzione”, e che la spending review“dovrebbe essere diretta a contenere innanzitutto la spesa ‘cattiva’ e “non premiare, del tutto indebitamente, le realtà regionali inefficienti, confermandole nella propria condizione, penalizzando, invece, quelle rivelatesi virtuose, grazie all’esercizio in termini responsabili della propria autonomia”. Infine aveva evidenziato come dalla spending review disposta dal Governo fossero, del tutto paradossalmente, più penalizzate proprio le Regioni, tra cui il Veneto, addirittura dal Governo stesso “assunte come benchmark per la spesa sanitaria efficiente”.




 

25 marzo 2016
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