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Sciopero delle ricette dematerializzate. Il Veneto fa gli interessi del cittadino o solo i suoi?

di Roberto Mora (OMCeO Verona)
18 SET - Gentile Direttore,
l’altro ieri, a Padova, in una assemblea intersindacale affollatissima, si è parlato di sciopero. Nei prossimi giorni i medici di famiglia del Veneto inizieranno la protesta. La formula scelta prevede il blocco, in prima battuta, dell’informatica. Non si farà più la ricetta dematerializzata e si tornerà a stampare la  vecchia ricetta rossa sul ricettario SSN.

Alla comunicazione della modalità di sciopero, la Regione prima, con una lettera inviata alle sigle sindacali, i Direttori Generali di ASL dopo, con una è-mail inviata a tutti i medici di famiglia (che riproponeva nella forma e nella sostanza le ragioni di quanto scritto ai Sindacati dal Segretario Regionale alla Sanità) ha risposto minacciando sanzioni disciplinari a carico di chi aderirà alla forma della protesta, ritenendola non conforme le norme sul diritto di sciopero.

In buona sostanza la Regione ritiene lecita la protesta che chiude gli ambulatori e interrompe l’assistenza alla gente (esclusa, ovviamente, quella urgente) illecita quella che interrompe la dematerializzazione e l'invio di dati telematici alle ASL.

Una reazione che ha lasciato basiti i più, ma che, se analizzata, può dare qualche spunto alla riflessione, che, se me lo concede, vorrei proporre a Lei e ai lettori del Suo giornale.

Con la dematerializzazione si sono trasferiti sui medici compiti e funzioni che prima erano svolti da personale amministrativo.

Un tempo il medico che prescriveva esami li indicava (scrivendoli) sul ricettario SSN; il personale amministrativo leggeva la prescrizione e la imputava a sistema con una serie di codici che identificavano la prestazione ed il suo costo. Oggi questo non avviene più.

E' lo stesso medico che prescrive ad inserire codici e costi a sistema (arrovellandosi per trovarli su un prontuario cervellotico fatto da chi ha la mente allenata alla finanza più che alla cura) e la stessa cosa avviene anche quando prescrive un farmaco. Un tempo questa prescrizione veniva letta da personale dedicato che ne computava a sistema numero di pezzi, esenzioni, costi etc. etc...

Oggi, anche questo è fatto dal medico che prescrive ed indica tutte quelle informazioni sulla dematerializzata.

Se teniamo conto di questo stato di cose si può capire perché la modalità di sciopero non vada a danno del diritto della gente, ma a danno dell’economia e degli aspetti organizzativi di Asl e Regione, che si vedono costrette a ripristinare funzioni e compiti che si erano immaginati definitivamente trasferiti ad altri.

Ma c’è di più.

Lei forse lo saprà già, ma da noi, in Veneto, vige una norma (frutto di una circolare regionale) che impone al personale dei CUP di non prenotare esami diagnostici e visite specialistiche se sulla prescrizione non è specificato il quesito diagnostico. Badi bene... ho scritto sulla prescrizione!

Con tale prassi, il personale dei CUP legge sistematicamente i sospetti diagnostici, e lascio a Lei immaginare quale possa essere l’imbarazzo e la frustrazione del malato di AIDS, di quello affetto da epatite C o da TBC, che deve esibire il suo stato a persone che non sono destinate a fornirgli cure ma a favorirgliene l’accesso.

Il malato è dunque costretto a scegliere se rinunciare al diritto alla privacy o a quello alla salute.

Sul problema, come Presidente della Federazione Regionale degli Ordini del Veneto, ho inviato, due anni fa, una lettera al Governatore e all’Assessore Regionali ed anche al Garante della Privacy. Non sto qui a raccontare quali siano state le risposte; non servono ai fini del mio ragionamento.
Quello che ho verificato è che su questo punto, non c’è la volontà di cambiare, e che il quesito diagnostico è uno dei dati cui la Regione non è disposta a rinunciare.

Forse perché conoscerlo (magari averlo già in codice ICDS, come è stato proposto) è un’informazione indispensabile a misurare, domani, l’appropriatezza della prescrizione (sia in termini di risorse utilizzate che di priorità indicata)?

L’informatica e la trasmissione di dati per controllare e misurare scelte e comportamenti?
Un sistema per misurarli e poterli, domani, assoggettare alle leggi dell’economia?

Non sono un veggente, tantomeno un economista. Faccio il medico e penso che ogni buon medico debba avere come primo fine quello di curare la gente; farsi carico dei problemi dei malati e cercarne una soluzione.

Come tale prima, ma anche come Presidente, mi auguro che chi sarà chiamato a scegliere tra il chiudere lo studio e rinunciare a trasmettere dati utili a realizzare una “medicina amministrata”, non abbia dubbi, e scelga la seconda opzione.

Anche se questo non corrisponde a quanto preferisce la Regione.
Ma si sa.... ognuno ha il suo punto di vista.

Roberto Mora
Presidente OMCeO Verona e Presidente della Federazione Regionale degli  Ordini del Veneto


18 settembre 2017
© Riproduzione riservata

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