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Campania. Dopo il robot, la realtà virtuale. I primati della Chirurgia del Monaldi

La rielaborazione digitale permette di programmare con esattezza l’intervento da eseguire, valutando tutte le eventuali anomalie anatomiche, offrendo la possibilità di avere durante l’intervento le indicazioni sulla strada giusta da eseguire. E' ancora in una fase embrionale e sperimentale, ma l’auspicio è che tale tecnologia diventi presto un requisito standard in Chirurgia generale.

15 GIU - La realtà virtuale sbarca in sala operatoria: una nuova tecnica che si configura come un modello di realtà aumentata su elaborazione di immagini Tac e Rmn, consente di sovrapporre  immagini computerizzate al campo operatorio ottimizzando i risultati e consentendo un addestramento preventivo sul simulatore. Il terzo intervento in Italia con tale metodica sarà effettuato domani giovedì 16 giugno al Monaldi di Napoli. Ad operare Franco Corcione, primario di Chirurgia generale e presidente della Sic (Società italiana di Chirurgia) nell’ambito della nona edizione della Scuola di chirurgia laparoscopica avanzata della Società Italiana di Chirurgia. Quaranta discenti assisteranno in diretta ad interventi eseguiti per via laparoscopica 3D dall’equipe di Corcione e da alcuni dei chirurghi più importanti d'Italia.
 
“L’uso intra-operatorio di tale metodica – avverte Corcione, - può letteralmente guidare il chirurgo, quasi come farebbe un Tom-tom per un guidatore, fornendo un modello anatomico tridimensionale del paziente estremamente accurato”. Lo scenario è dunque quello di un ambiente totalmente integrato, in cui le immagini virtuali ottenute in digitale si completano con quelle del reale campo operatorio”. E in effetti il primo intervento in Italia (secondo in Europa) lo ha eseguito proprio Corcione al Monaldi nei mesi scorsi. 
 
 
La Chirurgia del domani è su questa strada: “Nelle sale operatorie integrate da me dirette – aggiunge ancora Corcione - abbiamo applicato  (per primi in Italia, secondi in Europa) tale modello di Realtà aumentata ad un paziente affetto da diverticolite complicata del colon, con risultati estremamente incoraggianti. La rielaborazione digitale ci ha permesso di programmare con esattezza l’intervento da eseguire, valutando tutte le eventuali anomalie anatomiche, offrendoci la possibilità di avere durante l’intervento le indicazioni sulla strada giusta da eseguire. E’ ovvio che siamo ancora in una fase embrionale e sperimentale ma l’auspicio è che tale tecnologia diventi presto un requisito standard in Chirurgia generale ed oncologica, facilitando così la vita al chirurgo ed offrendo altresì uno standard sempre più elevato ai pazienti. Non dimentichiamo però che la pianificazione più precisa e dettagliata di un viaggio e il navigatore satellitare più moderno e tecnologico non escludono i possibili incidenti di percorso”.
 
Se il lancio del primo Navigatore satellitare per auto, nei primi anni 2000, ha segnato una vera è propria svolta cambiando radicalmente il modo di muoversi di milioni di guidatori lo stesso sta accadendo con le tecniche chirurgiche in sala operatoria: “Guidare – aggiunge Corcione - non è difficile quanto operare e l’approccio mini-invasivo aumenta sicuramente le difficoltà. La percezione della profondità è drasticamente ridotta, il campo visivo limitato ed il senso del tatto solamente trasmesso da uno strumento. Tuttavia, questi inconvenienti possono essere drasticamente ridotti dalla tecnologia. Da semplici immagini radiologiche di un paziente (solitamente Tac o Risonanza magnetica) è possibile “aumentare” la visione intraoperatoria grazie alla cosiddetta Realtà aumentata. Questa si basa su due procedimenti fondamentali: la visualizzazione tridimensionale delle strutture anatomiche o patologiche che appaiono nell’immagine radiologica e la registrazione di tale visualizzazione sul paziente in corso di intervento chirurgico”.
 
Corcione non è nuovo all’introduzione di  tecniche innovative in sala operatoria. Proprio lui, a giugno del 2007, ha eseguito per primo in Italia e secondo nel mondo, l’intervento di colecistectomia laparoscopica per via transvaginale.
 
“Abbiamo bisogno che gli specializzandi siano formati all’utilizzo delle nuove e nuovissime tecnologie in modo da essere equiparati ai loro colleghi europei – conclude Corcione – e rimettere al centro della Sanità italiana questa figura professionale non solo dal lato scientifico ma anche dei processi decisionali e del governo della salute che tanto incidono sul lavoro dei colleghi. La chirurgia non è una torre d’avorio ma una disciplina a stretto contatto con pazienti e territorio che ha però peculiarità e criticità uniche”.
 

15 giugno 2016
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