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Tumori. Nel Lazio ogni anno stimate 34.500 nuove diagnosi. Parte la terza tappa della camopagna “Lo so anch’io” 

“Pazienti e clinici informano sui progressi della ricerca”: a Roma, da oggi fino a domenica a Piazza Re di Roma, al via il progetto di informazione per raccontare gli importanti avanzamenti nell’immunoncologia. Maio (Nibit): “Ha cambiato lo standard di cura in diverse neoplasie in stadio metastatico”

16 GIU -

Nel Lazio ogni anno sono stimati circa 34.500 nuovi casi di tumore. Nel 2022, in Italia, le diagnosi sono state 390.700, con un incremento di 14.100 casi rispetto al 2020. Il nostro Paese, però, fra il 2011 e il 2019, ha registrato una diminuzione della mortalità per cancro superiore rispetto alla media europea, con una riduzione dei decessi del 15% negli uomini e dell’8% nelle donne (-10% uomini e -5% donne in Europa). Un obiettivo raggiunto anche grazie all’immunoncologia che, con un approccio innovativo di cura della malattia, ha cambiato la storia di diverse neoplasie un tempo molto difficili da trattare.

Per raccontare a tutti i cittadini questi importanti risultati, da oggi fino a domenica 18 giugno a Roma, in Piazza Re di Roma (dalle 10 alle 18), si svolge la terza tappa della campagna di sensibilizzazione “Lo so anch’io”, presentata oggi in una conferenza stampa.

Il progetto è realizzato da Bristol Myers Squibb, con la partecipazione di APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma), Vivere senza stomaco (si può), FIAGOP (Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica), TUTOR (Associazione Tumori Toracici Rari), FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe), e il patrocinio di AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica).

La campagna prevede incontri nelle piazze, con la presenza delle Associazioni dei pazienti e la distribuzione di materiale informativo, e l’attivazione di un portale dedicato. In Piazza Re di Roma sarà allestito un gazebo, per tutto il fine settimana e aperto a tutti, in cui si troverà una “macchina del tempo”, per mostrare le tappe principali nella storia dell’immunoncologia.

“Dopo i primi due grandi passi avanti nella sfida ai tumori rappresentati dalla chemioterapia e dalle terapie mirate, negli ultimi dieci anni vi è stata una vera e propria svolta grazie all’immunoncologia, che oggi è lo standard di cura in diverse neoplasie in stadio metastatico o ad alto rischio di ripresa di malattia dopo chirurgia radicale: dal melanoma, al tumore del polmone, al mesotelioma, al carcinoma a cellule renali fino a quelli gastrointestinali e genitourinari. E sono in corso studi in molte altre neoplasie - afferma Michele Maio, Presidente Fondazione NIBIT, Direttore della Cattedra di Oncologia dell’Università di Siena e del Centro di Immuno-Oncologia (CIO) dell’Azienda ospedaliero-universitaria Senese -. Il nostro Paese da sempre è in prima linea nella ricerca sull’immunoncologia. Nel Centro di Siena, grazie a studi condotti da Fondazione NIBIT, abbiamo posto le basi di sperimentazioni che hanno cambiato la pratica clinica. Circa il 50% dei pazienti con melanoma metastatico sviluppa metastasi cerebrali. Con lo studio NIBIT-M2, per la prima volta al mondo, abbiamo infranto il ‘dogma’ per cui l’immunoterapia non funziona in questi casi e circa il 50% di questi pazienti è vivo e libero da malattia a 5 anni rispetto ai 4-5 mesi a cui eravamo abituati”.

“Oggi circa il 75% dei casi di carcinoma polmonare, una delle neoplasie più difficili da trattare, è diagnosticato in fase avanzata - spiega Federico Cappuzzo, Direttore Oncologia Medica 2, Istituto Nazionale Tumori ‘Regina Elena’ di Roma -. Anche in questo tumore, l’immunoncologia ha cambiato il paradigma di cura. La duplice immunoterapia, costituita da nivolumab più ipilimumab, in associazione con due cicli di chemioterapia, in prima linea nel tumore del polmone non a piccole cellule metastatico, a quattro anni ha migliorato la sopravvivenza globale con il 21% dei pazienti vivi rispetto al 16% con la sola chemioterapia. I benefici sono particolarmente importanti nei pazienti con prognosi sfavorevole, cioè con espressione tumorale di PD-L1 inferiore all’1% e istologia squamosa. In questi casi, la terapia di combinazione continua a ridurre il rischio di morte di circa un terzo rispetto alla sola chemioterapia a quattro anni. L’ulteriore vantaggio di questo schema terapeutico è rappresentato dall’utilizzo di cicli limitati di chemioterapia”.

“La ricerca di laboratorio è cruciale per comprendere le nuove frontiere contro il cancro – continua il Prof. Maio -. Per aumentare il numero di pazienti che rispondono all’immunoterapia, servono studi sui meccanismi di resistenza e la chiave per scoprirli va in tre direzioni. Innanzitutto, va analizzato il microambiente nel quale le cellule tumorali crescono e si moltiplicano, che svolge un ruolo fondamentale nel regolare la risposta immunitaria anti-tumorale. È inoltre necessario migliorare gli studi sulla sequenza con cui somministrare questi farmaci. Infine, la terza strategia da seguire è rendere le cellule tumorali maggiormente ‘visibili’ al sistema immunitario, ad esempio utilizzando farmaci ipometilanti somministrati in combinazione con l’immunoterapia, così come stiamo facendo nello studio NIBIT-ML1 condotto dalla Fondazione NIBIT, anche grazie al contributo di Fondazione AIRC nell’ambito di un progetto 5x1000 coordinato dal CIO di Siena, in pazienti con melanoma e cancro del polmone in progressione di malattia ad un precedente trattamento immunoterapico standard”.

“Per troppo tempo il tumore del polmone è stato considerato una patologia quasi esclusivamente maschile – spiega Stefania Vallone, Segretario WALCE (Women Aganist Lung Cancer in Europe) -. Negli ultimi anni si è registrata una forte crescita anche tra le donne a causa dell’aumento della dipendenza da fumo di sigaretta nella popolazione femminile. La prevenzione primaria è uno dei pilastri della nostra Associazione, che vuole contribuire anche alla diffusione di una maggiore consapevolezza sul significato dell’innovazione terapeutica. Purtroppo, la diagnosi del tumore del polmone è ancora tardiva, ma nuovi strumenti come l’immunoncologia stanno migliorando le possibilità di sopravvivenza a lungo termine, con una buona qualità di vita”.

“Nel 2013, la prestigiosa rivista americana ‘Science’ collocò l’immunoncologia al primo posto della ‘top ten’ delle più importanti scoperte scientifiche dell’anno - sottolinea Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol Myers Squibb Italia -. Allora sembrava una scommessa, oggi l’immunoncologia è una realtà consolidata nel trattamento dei tumori e molte conquiste sono considerate ormai acquisite. Il Premio Nobel per la Medicina assegnato, nel 2018, a James Allison e a Tasuku Honjo per i loro studi su quest’arma ha testimoniato la portata della rivoluzione in corso. Bristol Myers Squibb, per prima, ha creduto in questo approccio e continuiamo a essere pionieri nello sviluppo di nuove molecole immunoncologiche, come relatlimab, che interagiscono su target differenti del sistema immunitario, e di diverse combinazioni dell’immunoncologia con la chemioterapia e con le terapie mirate. Il nostro obiettivo è estendere l’efficacia dell’immunoncologia al maggior numero di pazienti per migliorarne la sopravvivenza. Per aumentare l’efficacia delle terapie e dare la giusta terapia al giusto paziente, è necessario migliorare la diagnostica: per questo motivo Bristol Myers Squibb sta investendo molto in questo settore e utilizzerà anche strumenti informatici come l’Intelligenza Artificiale”.

“Le conquiste della ricerca hanno portato a una netta riduzione della mortalità e a un aumento di cittadini guariti – conclude Maurizio Vannini, delegato Favo (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) Lazio -. È giunto il tempo di considerare il cancro in tutti i suoi aspetti, biologici, medici, psicosociali, ma soprattutto di prolungare nel tempo l’impegno per la ‘presa in carico’, anche dopo la guarigione, che deve corrispondere al ritorno di ogni ex paziente alla propria vita relazionale e professionale. Il raggiungimento di questo risultato richiede uno sforzo coordinato delle Istituzioni, delle Associazioni di pazienti e delle società scientifiche, e un programma ben preciso per migliorare la qualità della vita. Da sempre Favo sottolinea l’importanza dell’informazione, sia per i pazienti che per i cittadini. Per questo ci impegniamo in ‘Lo so anch’io’, la campagna di informazione per aumentare il livello di conoscenza sui progressi della scienza in immunoncologia”.



16 giugno 2023
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