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Covid. Fials Roma: “Regione miope acceleri su rete territoriale e medicina di base”

Per il sindacato, la scelta della Regione di reclutare medici specializzandi, professionisti in pensione, e volontari per trasformare i reparti di degenza ordinaria e le sale operatorie in terapie intensive e ospedali Covid rischia di creare solo “meri lazzaretti”. Secondo la Fials, la Regione avrebbe dovuto fin da subito pensare a “una sanità strutturata a diversi livelli che avesse tutelato i cronici, anche con l’aiuto di realtà del terzo settore, e separatamente gli infettivi”.

06 NOV - “Dove sono le osannate Case della Salute nella lotta al Covid 19? Dove sono i medici di famiglia che vanno a visitare prontamente i pazienti positivi a casa propria e non solo a fare i tamponi lasciandoli nel limbo dell’attesa per settimane e settimane? E dove sono gli operatori delle centrali di analisi e dei drive-in per dare la risposta tempestiva del tampone ai cittadini? Queste sono solo alcune delle domande che, chi vive e lavora nel territorio della Regione Lazio, si sta facendo da giorni”. E sono le stesse che pone in una nota la Segreteria provinciale Fials di Roma.

“Da quando il numero di positivi al Covid 19 è incominciato a crescere l’assistenza sanitaria ha cominciato a manifestare le proprie falle. Sempre più grandi e frutto di scelte ragionieristiche sbagliate, di strategie palesemente fallimentari perpetrate ormai da anni a tutti i livelli istituzionali ai danni del sistema sociale in primis sanità e scuola”, afferma il sindacato.  “Oramai la conferma che Fials ha denunciato da tempo è manifesta certezza ovvero che la sanità territoriale non ha supporto nella realtà assistenziale e va riprogettata daccapo – specifica la nota -. Così anche i Servizi di Igiene e Sanità Pubblica, che stanno mostrando limiti e insufficienze organizzative e gestionali, nonostante lo slancio e la disponibilità del personale”.

“Sappiamo bene - osserva la Fials -  che mancano anestesisti, biologi, infermieri, tecnici sanitari: unica strada è assumerli prontamente. Altro che correre ai ripari reclutando medici specializzandi, professionisti in pensione, e volontari per trasformare i reparti di degenza ordinaria e le sale operatorie in terapie intensive e ospedali Covid. Avremmo davanti solo  meri lazzaretti”.

Per la Fials “serve molto più impegno. Dalla riorganizzazione degli ospedali, alla necessaria formazione specifica, all’incremento dei Dpi. Abbiamo davanti agli occhi operatori sanitari stremati da turni di lavoro massacranti e dall’altro capo i cittadini quasi abbandonati perché non possono essere assistiti sul territorio perché il territorio non esiste. A partire da quelli più fragili. Nei quattro mesi appena trascorsi l’amministrazione del Lazio assieme ai manager sanitari avrebbe dovuto ripensare a una sanità strutturata a diversi livelli che avesse tutelato i cronici, anche con l’aiuto di realtà del terzo settore, e separatamente gli infettivi. Questo non è successo”.

“Ora siamo alla resa dei conti: non esiste un percorso sistematico per monitorare il livello dei contagi del personale sanitario, non si rinnovano i contratti, non sono previste maggiorazioni delle indennità, se non facendolo a deperimento dei fondi esistenti – conclude la nota -. E siamo solo ai primi di novembre. L’inverno sta arrivando e sarà lungo”.

06 novembre 2020
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