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Maternità e tumori. A Pavia primo caso al mondo di gravidanza naturale dopo adroterapia alla pelvi

La donna aveva ricevuto a 27 anni una diagnosi di tumore raro dell’osso sacro, il cui trattamento rischiava di compromettere la possibilità di avere figli. Al Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica viene trattata con fasci di ioni carbonio, dopo che il suo utero e le sue ovaie sono stati spostati per preservarli dalle radiazioni, con una procedura  inedita in letteratura. Terminata la terapia, la donna resta incinta e lo scorso 23 dicembre nasce la sua bimba.

12 MAG - Diventare mamma dopo un tumore non è, ancora oggi, qualcosa che si dà per scontato, tanto meno se il tumore è raro, non operabile, e per affrontarlo occorre un trattamento radicale in quella parte del corpo femminile che custodisce la fertilità. Da Pavia arriva però una storia che apre a nuove speranze. Parla di Angelica, diventata mamma dopo essere arrivata dalla Campania al Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica Pavia (CNAO), nel maggio 2019, a soli 27 anni, con una diagnosi di condrosarcoma di grado 1 del sacro, vicinissimo a retto, utero e ovaie. Angelica oggi stringe tra le braccia la sua piccola Federica di quasi 5 mesi.

“Ho scoperto di essere rimasta incinta durante il weekend della Festa della Mamma dell’anno scorso”, racconta la donna in una nota diramata dal CNAO. “Dopo le terapie cui mi ero sottoposta, non mi aspettavo che potesse accadere per vie naturali né di avere una gravidanza in cui tutto è stato davvero perfetto. All’inizio ero molto spaventata, avevo mille dubbi, non si sapeva come avrebbe reagito il mio corpo. Per questo ho deciso di farmi seguire là dove erano stati in grado di trattare il mio tumore e conoscevano bene la mia storia. Pavia mi aveva ridato la vita e la possibilità di dare la vita: la mia bambina doveva nascere lì. La dottoressa Amelia Barcellini del CNAO e la dottoressa Chiara Cassani del Policlinico San Matteo mi hanno preso per mano e da quel momento mi sono sentita al sicuro, ho ritrovato la serenità. Tanto che all’ultimo mese di gravidanza mi sono trasferita a Pavia, per essere certa che, anche in caso di parto prematuro, sarei stata assistita dalle ‘mie’ dottoresse”.

Prima di poter diventare mamma, Angelica doveva affrontare il male che l’aveva colpita. “Escluso l’approccio chirurgico, per trattare il suo tumore serviva una dose radicale, quindi elevata, di adroterapia, non compatibile con quella tollerata dagli organi a rischio adiacenti, in particolare il retto e, data la giovane età di Angelica, l’utero e le ovaie”, evidenzia Amelia Barcellini, radioterapista oncologo del CNAO. “Per distanziare retto e utero abbiamo usato un dispositivo in silicone, detto ‘spacer’. Se le ovaie fossero state lasciate in sede, avrebbero ricevuto una dose di radiazioni tale da renderle inattive dal punto di vista ormonale, determinando anche una menopausa radio-indotta. Per evitare che questo accadesse, occorreva dislocarle affinché non risentissero neanche di una eventuale minima dose di irradiazione. Poiché ogni intervento sulle ovaie non è esente da rischi, Angelica si è sottoposta anche a una crioconservazione ovocitaria, per permetterle in un futuro di diventare madre. Abbiamo seguito la sua funzionalità ormonale durante tutti i controlli, senza mai evidenziare delle alterazioni”.

“Nello specifico - spiega il professor Lorenzo Cobianchi, chirurgo del Policlinico San Matteo che ha eseguito l’intervento di dislocazione degli organi vicini al tumore – le ovaie sono state anteriorizzate fissandole alla parete addominale, dopo aver dislocato il retto e l’utero con uno spacer in modo da risparmiare queste strutture dal fascio di particelle”.

“A nostra conoscenza – dice Maria Rosaria Fiore, medico radioterapista oncologo del CNAO e referente del trattamento dei sarcomi dell’osso - è la prima volta al mondo che si eseguiva un trattamento con ioni carbonio alla pelvi preceduto da una procedura di questo tipo per proteggere la fertilità. Le sedute si sono svolte nell’estate del 2019; nella primavera 2022 Angelica ci ha comunicato di essere incinta”.

Terminata la terapia, Angelica non accusa particolare tossicità, il retto non ha subìto danni, le sue ovaie e l’utero hanno ricevuto una dose di radiazioni praticamente nulla, le mestruazioni sono regolari, ecograficamente le ovaie risultano funzionanti, il follow up oncologico è sempre negativo, ma il fatto che sia riuscita a rimanere gravida spontaneamente assume subito i contorni di una vicenda eccezionale.

“A partire dalla ventesima settimana, abbiamo sottoposto Angelica a ecografie mensili per monitorare il funzionamento della placenta e la corretta crescita della bambina”, illustra Chiara Cassani, ginecologa oncologa del Policlinico San Matteo che ha fatto nascere la piccola Federica. “Non essendoci dati di letteratura specifici di gravidanza dopo adroterapia, abbiamo ritenuto che gli eventuali rischi potessero essere assimilabili a quelli riportati per la radioterapia convenzionale con raggi X, in primis il rischio di ritardo nella crescita fetale. Rischio scongiurato perché la gravidanza non ha dato problemi e Federica è cresciuta regolarmente. Lo scorso 23 dicembre è stato pianificato un parto cesareo a carattere tutelativo; a causa delle radiazioni, infatti, il rischio di frattura sacrale durante un parto naturale era elevato. Sempre in base ai dati sulla radioterapia con fotoni (con dosi tuttavia più basse rispetto a quelle erogate ad Angelica), vi era un rischio di sanguinamento alla nascita che ci preoccupava. Ma anche queste nubi si sono diradate, il parto si è svolto senza complicanze e, il giorno di Santo Stefano, Angelica e la sua bambina erano già a casa, perfettamente in salute”.

Un risultato a cui non si sarebbe arrivati senza sciogliere un dubbio importante: quale anestesia era quella giusta per Angelica, le cui radici nervose erano state esposte a radiazioni, con possibili conseguenze sulla loro sensibilità agli anestetici comunemente usati durante le procedure ostetriche? E qui entrano in gioco le anestesiste del Policlinico San Matteo, le dottoresse Maria Paola Delmonte e Federica Broglia. “Per decidere – spiegano – volevamo osservare i cambiamenti del terzo trimestre. Abbiamo visitato Angelica: era in una situazione perfettamente nella norma, senza alcuna ripercussione emodinamica, di stabilità, di deambulazione o di sensibilità. Se non avessimo conosciuto la sua storia, non l’avremmo distinta da tante altre mamme in dirittura d’arrivo al parto. Dopo diverse valutazioni fatte insieme alla paziente e discussioni con il tutto il team che stava seguendo il suo caso, abbiamo puntato sull’anestesia peridurale che, agendo localmente, è quella più sicura per mamma e bambino. E tutto è andato per il meglio”.

Questa di Angelica, insomma, è più di una storia: “Racconta di una giovane donna che affronta un tumore raro, riuscendo a diventare mamma contro ogni pronostico, ma testimonia anche i risultati cui possono arrivare due strutture d’eccellenza che uniscono le forze in una collaborazione multidisciplinare. Ed è anche la storia di un gruppo di dottoresse che gettano il cuore oltre l’ostacolo e si mettono alla prova in un percorso dall’esito tutt’altro che scontato”, sottolinea la nota. “Date le molte incognite che circondavano questa gravidanza – dicono all’unisono le dottoresse che l’hanno seguita – per noi sarebbe stato più ‘comodo’ farla terminare appena possibile, facendo nascere la bambina alla trentaseiesima settimana con una piccola prematurità. Invece ci abbiamo creduto fino in fondo, fissando la data del parto due giorni prima del Natale, in modo che Federica restasse per tutto il tempo necessario nella pancia della mamma. Ed è stata una nostra precisa scelta. I pazienti hanno già il peso della malattia da portare sulle spalle, ci sono momenti in cui dev’essere il medico ad avere il coraggio di prendere delle decisioni, con tutto il carico di responsabilità che queste comportano”.

Successivamente al parto, un esame istologico della placenta non ha rilevato alcun segno del trattamento radiante.

12 maggio 2023
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