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Ictus. Eppur si muove

12 NOV - Gentile Direttore,
approvata in Commissione Affari Sociali la risoluzione per incentivare prevenzione, accesso alle cure e riabilitazione. Finalmente abbiamo un intervento di alto profilo politico che tenta di risolvere un problema fortemente trascurato come la prevenzione e la cura dell’ictus.
 
I costi, diretti ed indiretti di questa condizione morbosa sfiorano l’1% del Pil e non sono lontani dai 15 miliardi di euro, oltre a determinare 65.000 decessi e 75.000 invalidi all’anno, e hanno creato, in Italia, 900.000 invalidi a cui deve essere garantita adeguata assistenza e protezione. Patologia che viene vista, dal 45% di chi ne è affetto, come “worse than death” - peggiore della morte (Samsa et alii- am heart j-1998).
 
Ma il problema è, ed è fondamentale, come realizzare un sistema che garantisca tutte le proposte della Commissione, sia meno onerosa e riesca ad offrire una adeguata copertura a tutti i nostri Cittadini, che sia realizzabile in tempi brevi e che, nella gestione del sistema, sia strumento di cambiamento e di traino per tutte le esigenze di questa ed altre categorie di Pazienti.
 
È possibile, oggi, mantenere la logica delle “divisioni” ospedaliere? Costruire un sistema che svolga una singola attività? Strumentare una sanità a compartimenti stagni?
 
Crediamo che, oltre i costi che derivano da una struttura con questa logica siano necessarie anche le risorse umane, che nel settore della neurologia non abbondano, e il desiderio di confrontarsi con nuove vie (per l’Italia) nel settore della neuroterapia invasiva. La neurologia interventistica è un nuovo obiettivo per questo settore che potrà consentire, sinergicamente alla neuroradiologia e agli altri settori vascolari, di intervenire in modo completo per i bisogni che perverranno negli ospedali. La neurochirurgia è un altro “must” nella organizzazione della risposta ai pazienti critici.
 
Considerato che esistono altri due elementi problematici nel processo assistenziale, anche questi devono avere la giusta attenzione e garantire a questi pazienti il tempo di risposta ottimale dall’inizio dell’evento patologico e una organizzazione intraospedaliera che consenta di ottenere una certezza di diagnosi, e quindi consentire la terapia relativa, entro tempi limitatissimi, possibilmente entro 30 minuti da “door to needle”, come ottenuto in Gran Bretagna.
 
La prima fase, la capacità di evidenziare la patologia e la successiva azione assistenziale non consente di assistere adeguatamente circa il 70% dei Pazienti che ne vengono colpiti, mentre il passaggio successivo necessita di un servizio diagnostico che consenta di eseguire una Tac entro pochi minuti dall’arrivo del Paziente in Ospedale.
 
Qual è il sistema meno oneroso per attivare un nuovo servizio?
 
Utilizzare un servizio esistente che consenta di realizzare, seppure con adeguate e necessarie modifiche, quanto riteniamo appropriato per dare una risposta ai bisogni che si manifestano.
 
E, nella nostra proposta, le risorse economiche possono essere orientate a migliorare le disponibilità tecnologiche con attrezzature più recenti e performanti.
 
Noi abbiamo già, ed è molto diffuso, un servizio che si occupa in modo qualificato del settore vascolare, e sono le unità di urgenza cardiologica. Riteniamo e siamo convinti che esistano differenze tra le due attività, neurologica e cardiologica, di assistenza e intervento, di monitoraggio etc.  Ma anche nelle rianimazioni abbiamo pazienti completamente differenti, e questo non ci crea condizionamenti.
 
Nei fatti stiamo trattando di pazienti per livello di bisogni assistenziali, che devono essere trattati da specialisti di settore. Ma è altrettanto vero che una collaborazione tra cardiologi e neurologi, e crediamo che possano essere associati anche gli specialisti vascolari, non possa che creare una forte sinergia e una elevata integrazione per dare risposte adeguate ai pazienti assistiti in questo settore. Le unità cardiologiche possono diventare unità di assistenza per pazienti vascolari, con il vantaggio di avere già mani esperte per la gestione di interventi complessi ma simili nel metodo. I centri neuro cardio vascolari possono essere operativi in tempi brevissimi e sarebbero fortemente diffusi nel territorio, facilitando servizi e risposte per i cittadini che ne avranno bisogno.
 
Educazione della popolazione all’avvio precoce in ospedale. Oggi solo una piccolissima parte dei pazienti giunge “eligibile” all’intervento, domani dobbiamo raggiungere il massimo dei potenziali assistiti.
 
Una campagna efficace parte dal coinvolgimento della comunità e in particolare della medicina generale e va gestita, dalla chiamata in poi, come emergenza pari ad altre poiché il paziente, oltre ad essere ad elevato rischio di morte, seppure non immediata, come abbiamo visto, ha la possibilità di recupero molto elevata se assistito in tempi brevi e in modo adeguato.
 
Educazione sanitaria e prevenzione. Gli interventi utili ed efficaci per ridurre i danni procurati dai diversi fattori di rischio, che sono numerosi e a volte insidiosi. Misurare la pressione con regolarità, anche precocemente, avviare iniziative per la riduzione dei fattori di rischio (obesità, fumo di sigaretta, consumo di alcol eccessivo, ridotta attività fisica, dieta inappropriata), monitoraggio e contenimento delle patologie intercorrenti concausali, in particolare ipertensione arteriosa, fibrillazione atriale, altre cardiopatie (infarto miocardico acuto, cardiomiopatie, valvulopatie, forame ovale pervio e aneurisma del setto interatriale, placche arco aortico, etc.), ipertrofia ventricolare sinistra, diabete mellito, dislipidemia, iperomocisteinemia, stenosi carotidea, anemia a cellule falciformi, etc..
 
La patologia, come abbiamo accennato, non è un destino ineluttabile ma una condizione che può essere evitata se affrontata, nel tempo, con un adeguato comportamento individuale e sociale (attività fisica adeguata, alimentazione equilibrata, non essere obesi, non fumare) e con conseguenze certamente meno devastanti rispetto a quanto accade oggi, con una riduzione della frequenza dell’ictus fino al 60%, e che consente di ridurre, contemporaneamente, la frequenza del diabete del 90%, l’infarto del miocardio dell’80% e le neoplasie del 40%. Ma non possono essere campagne preventive velleitarie e senza consistenza come spesso capita, più per esposizione mediatica che per funzione educativa, ma devono essere strumento di conoscenza sui reali rischi e per garantire scelte, non per obbligo, appropriate.
 
Non possiamo che condividere l’assoluta irrazionalità di richiedere il pagamento del ticket per il monitoraggio e l’assistenza di condizioni che possono favorire questa patologia gravemente invalidante (a chi è venuto in mente di ridurre il monitoraggio dei fattori di rischio?). Forse è un modo per sviluppare ulteriori forme di assistenza per la cronicità?
 
Ma è altrettanto chiaro che riteniamo il ticket, in questo come in tutti gli altri casi, fonte di maggiori spese e non fattore di riduzione dei costi del SSN.
 
Giuseppe Imbalzano
Medico
 
Giuliana Cislaghi
Dirigente medico UO di neurologia-cattedra di neurologia. Asst Fbf-Sacco

12 novembre 2017
© Riproduzione riservata

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