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Cure Palliative e Terapia Dolore: una risorsa ancora da valorizzare

06 GIU -

Gentile Direttore,
il 29 maggio scorso, Giornata Nazionale del Sollievo, mi ha imposto una riflessione sul significato reale della cultura del sollievo e della sofferenza, del valore della vita, di cui in questi giorni non si fa che parlare. L'ho fatta da esperta di malattie inguaribili con le quali mi confronto quotidianamente e ora vissuta anche attraverso la perdita di un familiare.

Una giornata che oggi assume un particolare significato perché richiama i principi ispiratori di una normativa che ha cambiato il paradigma di cura e assistenza dei malati terminali e ha trasformato in medicina la cultura del dolore e della morte, cercando di uniformare comportamenti e modelli organizzativi al fine di garantire, nei malati affetti da patologie inguaribili a prognosi infausta, i servizi assistenziali sull’intero territorio nazionale, con forme di tutela all’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore.

Importanti le novità sul fronte normativo delle Cure Palliative, con l’avvio già dal prossimo Anno Accademico 2022-2023 della Scuola di Specializzazione in Medicina e Cure Palliative e con il recente Decreto Direttoriale n 909 del 27-05-2022, di definizione dei percorsi didattici e dei requisiti organizzativi per l’accesso degli specializzandi alla Scuola stessa.

E non possiamo non ricordarne gli elementi fondanti e i profili normativi e organizzativi, proprio alla luce della imminente ristrutturazione territoriale prodotta dal “DM71” che rappresenta un’importante novità normativa-organizzativa, i cui risultati però non appaiono scontati con il rischio che il sistema sia ancora a macchia di leopardo e impreparato ad accogliere e a rispondere adeguatamente ai complessi bisogni del malato fragile terminale e della sua famiglia.

Aspetto di forte criticità è che oggi l’assistenza domiciliare dei pazienti terminali, oggetto di valutazione del medico, è fortemente discrezionale e senza tenere conto che al diritto del malato si ricollega anche un principio culturale di sensibilità e solidarietà umana che deve essere profuso da chi esercita questa particolare professione sanitaria.

Per questo, ma non solo, non è accettabile pensare che ancora oggi il dolore, la malattia, la sofferenza fisica, l’angoscia, reazioni proprie dei malati inguaribili e terminali, siano aspetti troppo spesso ignorati e facilmente considerati come qualcosa che è accaduto e deve essere accettato.

Oggi siamo tutti uniti e d’accordo perché il paziente sia accompagnato con dignità al fine vita, affinché la sua esistenza non sia rivista attraverso fotogrammi in bianco e nero, nudo davanti alla propria precarietà e fragilità.

Sosteniamo, e rapidamente, le nostre aziende sanitarie, tutte, dando loro le risorse necessarie perché si elevino gli standard qualitativi e quantitativi per la realizzazione delle Reti di Cure Palliative e di Terapia del Dolore in tutto in nostro Paese con un modello di riferimento che garantisca servizi qualificati e la governance clinica dei percorsi di cura, definendo percorsi e responsabilità sulla presa in carico del paziente, al fine di garantire la continuità delle cure, la sicurezza e la qualità degli interventi in una organizzazione orientata ai bisogni del paziente e della sua famiglia e capace di guidarli nella complessità dei servizi, assicurando professionisti formati per numero, competenze, sensibilità umana, che consentano il superamento dell’ attuale carenza di risorse negli Ospedali e Territori.

Con questa tensione, aspettiamo i risultati della ricognizione ultima di Agenas delle attività svolte dalle singole regioni e province autonome per far luce sullo stato di attuazione della Legge 38/2010 e per conoscere gli elementi del programma triennale per l’attuazione della legge, al fine di assicurare, entro il 31 dicembre 2025, l’uniforme erogazione dei livelli di assistenza LEA in tutto il territorio nazionale, fissando per ciascuna regione e provincia autonoma i relativi obiettivi.

Emergeranno così quelle disparità, causa di disuguaglianze, negli accessi ai servizi di cura e assistenza e che sono il frutto del mancato recepimento dell’accreditamento delle reti di cure palliative, ancor oggi assente in tutte le regioni a poco più di 1 anno e mezzo dall’accordo sancito con l’Intesa CSR del luglio 2020.

È evidente che Il processo di cure palliative è un percorso complesso. Risorse (anche grazie all’innalzamento del FSN con gli investimenti del PNRR) e un piano di assunzioni di personale adeguatamente formato siano i punti da perseguire.

Il DM71 ristruttura Distretti, Case della Salute, Case della Comunità e può rappresentare un volano di trasformazione culturale di cui le cure palliative hanno davvero bisogno, per garantire appropriatezza, omogeneità, espressione di una sanità universale e democratica alla portata di tutti.

Non è mia intenzione fare narrazione in questa sede sull’etica della vita o del fine vita e/o rivendicazioni sindacali. Ma sono forti invece il desiderio e la speranza, affinché questa mia testimonianza, frutto di esperienze professionali e personali, possa servire a rimuovere inerzie e ostacoli.

Allora, bene che si punti sul “DM 71”, ma dobbiamo farlo velocemente, perché se con questo atto le cure palliative hanno trovato un loro riconoscimento, con l’avvio anche delle scuole di specializzazione in medicina e cure palliative, bisogna ora capire come reclutare personale formato e adeguato per i prossimi 4 anni, almeno fino a quando usciranno i primi specialisti, e come rendere le Cure Palliative sostenibili ed efficacemente attuate su tutto il territorio nazionale.

Concetta Liberatore

Medico palliativista
Membro della Segreteria Regionale Anaao Toscana



06 giugno 2022
© Riproduzione riservata

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