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La ricetta della follia

di Enzo Bozza
05 FEB - Gentile Direttore,
dopo trentotto anni di professione, poche cose riescono ancora a sorprendermi, Ma la fantasia proiettata nelle nuvole dei burocrati aziendali supera ogni possibile previsione. Quando incominciavo il mio lavoro, nel lontano 1988, in tema di farmaci stupefacenti, era più facile fare un rogito dal notaio che compilare una ricetta di Morfina su ricettario speciale in triplice copia.

Scrivere “a tutte lettere” posologia scritta tre volte, nessun segno improprio o correzione e tre firme a chiare lettere. Bisognava recarsi al proprio Ordine Provinciale o presso gli uffici USL per ritirare il ricettario speciale per stupefacenti e conservare le matrici per dieci anni. A Taranto, bastava farsi un giretto per Rione Tamburi e la Morfina te la vendevano a litri. Un medico, per curare un paziente terminale o il dolore di un infartuato, doveva dimostrare, innanzitutto di non essere un pusher, e per questo compilare chili di carta in triplice copia. Anche per questo, in quegli anni, le terapie palliative stentavano parecchio.

Solo quando gli amministratori si sono resi conto che il medico usa i farmaci secondo scienza e coscienza e firmando con nome e cognome una sola copia e una sola firma, e tanto bastava, la terapia è diventata più agevole. Ci sono voluti quasi trenta anni, però. Ma se il lupo cambia il pelo ma non il vizio, la demenza burocratica ritorna, purtroppo.

Azienda Zero, in Veneto ne ha inventata un’altra di idiozia, a riprova del fatto che non si tiene mai in conto la complessità del lavoro del medico e si cerca la via più tortuosa possibile per emettere una ricetta. L’ultima chicca del sistema è questa: vuoi emettere una ricetta di un farmaco non prescrivibile per il SSN, in cosiddetta fascia C? Semplice: scrivi il nome del farmaco, aspetti che ti arrivi una password per mail, la immetti nella schermata e puoi stampare il foglietto bianco che servirà al paziente per ritirare il farmaco in farmacia. A cosa serve questa snellissima procedura demenziale? A nulla, per medico e paziente. Serve solo all’azienda per monitorare la spesa farmaceutica sui farmaci in fascia C.

Al burocrate non è sorto il dubbio che il medico, sic et sempliciter, scriva la ricetta su un foglio bianco del suo ricettario intestato, impiegando metà tempo? Sempre lo stesso burocrate con cervello mononeuronale, perché non mi dà la possibilità di inviare per mail le ricette di farmaci psicotropi? Pensava che ritornassi a fare il pusher come negli anni 80? Tutti i pazienti che avranno bisogno di un ansiolitico dovranno venire in ambulatorio per forza e a nulla serve la considerazione che il medico prescriva secondo scienza e coscienza. Resta un potenziale spacciatore e pertanto, il sistema ti allieta la giornata con mille cavilli demenziali escogitati dalle teste fini della burocrazia amministrativa residenti su Marte.

Ma quelli che abitano su un’altra galassia sono gli amministratori del portale INAIL. Provate a compilare per via telematica un certificato di infortunio, ci sono due protagonisti: l’infortunato numero uno e il medico, infortunato numero due che deve passare una buona oretta a compilare un modulo bizantino. All’Inail va riconosciuto il primo premio “complicazioni affari semplici” del millennio.

E la ricetta dematerializzata? Talmente dematerializzata che devi averla per forza tra le mani per avere un farmaco in farmacia. Cos’è dematerializzato, il cervello di chi progetta la pessima giornata di un medico o il medico stesso che non vede l’ora di dematerializzarsi?

Dott. Enzo Bozza
Medico di base per i Comuni di Vodo e Borca di Cadore (BL)

05 febbraio 2024
© Riproduzione riservata

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