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Un tavolo tecnico per aprire la stagione della sanità solidale e responsabile

di Tiziana Frittelli

Nel corso del webinar, promosso da Federsanità, sul tema "Emergenza sanitaria e gestione dei rischi di responsabilita': scenari di crisi e possibili soluzioni" è stato fatto il punto sulla necessità di avviare una stagione di "sanità responsabile”. Proposto l’avvio immediato di un tavolo tecnico tra i vari stakeholders interessati, che, anche nell’ambito di posizioni di partenza diversificate, possa elaborare una proposta condivisa da sottoporre al Parlamento

13 NOV - Avviare una stagione di "sanità responsabile”, espressione che ribalta il concetto velatamente inquisitorio della “responsabilità sanitaria” e racchiude in sè tutto il merito di quell' impegno etico che governa l’azione sanitaria, tanto più nella presa in carico delle attuali drammatiche urgenze.
 
Questo quanto emerso oggi nel corso del webinar, promosso da Federsanità in collaborazione con Forum risk management in preparazione del lavori di Arezzo del 15-18 dicembre,sul tema "Emergenza sanitaria e gestione dei rischi di responsabilità: scenari di crisi e possibili soluzioni" con la partecipazione di Barbara Cittadini Presidente Aiop Nazionale, Carlo Palermo Segretario Nazionale Anaao-Assomed, Vittorio Fineschi della Fnomceo, Pasquale Giuseppe Macrì Segretario Nazionale MeLCo, Giuseppe Lucibello Direttore Generale Inail, Riccardo Cesari Direttore Ivass, Umberto Guidoni Segretario Generale Fondazione Ania, Barbara Labella di Agenas, Patrizio Rossi Sovrintendente Sanitario Inail e il contributo tecnico dell’avv. Maurizio Hazan.
 
In questo nuovo contesto di "sanità responsabile" i rischi di responsabilità e di contenzioso, certamente riaccesi dal malcontento sociale e dalla crisi indotta dalla seconda ondata del Covid, devono essere gestiti con estrema attenzione, onde evitare ulteriori costi umani e sociali che il sistema sanitario difficilmente sarebbe oggi in grado di assorbire. Si tratta di capire se, a fronte del massimo sforzo espresso oggi dal comparto sanitario, i rimedi alla crisi vadano cercati non in una responsabilità civile dai confini labili ma nella solidarietà sociale, magari nell’ambito di sistemi di sostegno no fault per le vittime del Covid.
 
È emerso come la seconda ondata presenta criticità di gestione forse peggiori della prima. Il Paese, prima dell’estate, ha scelto di contemperare gli interessi economici, che, comunque, incidono pesantemente sulla vita dei cittadini, e le esigenze di salute, attraverso l’apertura di quasi tutte le attivita’ produttive e della scuola. Inoltre, il mondo sanitario ha cercato, dalla scorsa estate, in un momento di apparente pausa della pandemia, di accelerare la ripresa in carico dei pazienti, riaprendo tutte le attivita’ sanitarie, a partire da quelle ambulatoriali e chirurgiche. Oggi assistiamo ad una fortissima ripresa dei contagi e una richiesta di prestazioni sanitarie in alcuni contesti difficilmente arginabile. Duole sentire da chi non si è mai occupato di organizzazioni sanitarie, nel corso di recenti talk show televisivi, da personaggi alla evidente ricerca di populistici consensi, che la responsabilita’ sarebbe dei direttori generali mal selezionati, evidenziando ancora una volta, letture semplicistiche, false, fuorvianti e incitanti l’odio sociale.
 
Il Paese deve ripartire e ha bisogno di solidarietà ed alleanze. Questo è il senso della posizione che Federsanità ha avanzato per prima, circa la rivisitazione dello stesso concetto di colpa previsto dall’articolo 7 della legge Gelli, alla luce delle circostanze straordinarie nelle quali le aziende e i loro professionisti si sono trovate e si trovano ad agire, con lo scopo di non subissare il SSN (cioè le aziende sanitarie) - e i suoi professionisti - di denunce e richieste risarcitorie, in grado di incidere pesantemente sulla sostenibilità del SSN, visto che i risarcimenti sono a carico delle stesse aziende, con il rischio di attivare poi azioni di responsabilità/rivalsa verso gli stessi professionisti. È da ribadire, per evitare dannosi misunderstanding che si sono verificati con il mondo sindacale, che trattasi di responsabilità professionale relativa alla Responsabilità Civile verso Terzi e non alla Responsabilità Civile verso gli Operatori della struttura. E, purtroppo, non c’è dubbio che il Paese, in questo momento, non possa permettersi un contenzioso senza fine dopo quello che la sanità ha messo in campo, a meno che non vi siano state macroscopiche violazioni, a prescindere dalla eccezionalità della situazione.

L’assenza o la tardività della rivisitazione della categoria della responsabilità per malpractice, da connotare in stretta aderenza alla straordinarietà dell’evento pandemico, rischia altresì, al contempo, di favorire la fuga degli operatori economici da un mercato assicurativo già in difficoltà o, comunque, di incrementare a dismisura l’ammontare dei premi, sempre a carico della collettività, in quanto a carico del Fondo Sanitario Nazionale destinato alle cure.
 
Nel corso del webinar è stato ribadito che il mondo sanitario rischia di affrontare la grande partita della responsabilità professionale sanitaria senza alcuna protezione, con oneri rilevanti in termini economici e conflittuali, e in un contesto di forte indebolimento del principio di alleanza tra cittadini e mondo sanitario, che sta facendo sforzi incredibili per assistere la popolazione, senza, tra l’altro, che siano stati ancora emanati alcuni strategici provvedimenti attuativi della Legge Gelli, già ritenuti fondamentali in “tempo di pace” e ora, in questo frangente emergenziale, ancor più indispensabili.
 
Il riferimento è, in primo luogo, ai decreti attuativi della legge Gelli in materia assicurativa, concepiti a suo tempo sia per cercare di regolamentare un mercato, quello assicurativo del med-mal, che aveva visto la defezione dei principali operatori, sia per regolamentare le c.d. misure analoghe, in caso di assenza o di parziale copertura da parte dell’ assicurazione, fondamentali ora più che mai, atteso che l’impatto del fondo rischi e del fondo di messa a riserva sul bilancio delle strutture non potrà essere certamente banale, in quanto, data la situazione del mercato assicurativo, l’ipotesi più probabile per la maggioranza delle stesse, nella migliore delle ipotesi, sarà la scelta di una soluzione mista, con assicurazione per i sinistri di maggiore entità, a fronte di elevati premi, e rilevanti franchigie o Sir al di fuori della soglia assicurata.
 
Dovremo affrontare questa situazione emergenziale senza, in secondo luogo, la predisposizione, con decreto del Presidente della Repubblica, della, tanto attesa, specifica tabella unica su tutto il territorio della Repubblica per il danno non patrimoniale per lesioni di non lieve entità, in attuazione di quanto disposto dalla legge c.d. concorrenza (L. 4 agosto 2017 n 124). Il fine dichiarato dalla legge, nel caso di specie, è quello, da un lato, di garantire il diritto delle vittime dei sinistri a un giusto ristoro del danno non patrimoniale effettivamente subìto e, dall’altro, di comunque razionalizzare i costi “assicurativi” gravanti sui consumatori, come avviene nei sistemi obbligatoriamente assicurati (ad esempio per la circolazione stradale), dove è necessario un adeguato contemperamento di interessi, quello del giusto ristoro delle vittime e quello della complessiva sostenibilità del sistema a garanzia dell’interesse pubblico (nel caso della circolazione, l’interesse pubblico alla mobilità), tanto più che, come già sottolineato, sia i costi per i premi assicurativi che quelli per i risarcimenti gravano sullo stesso fondo del SSN destinato alle cure.

Probabilmente, in quest’ultima prospettiva, la strada migliore per affrontare una situazione di tale portata in campo sanitario è proprio quella di consolidare a regime ed ulteriormente sviluppare in conformità con gli specifici parametri della presente emergenza COVID tipologie di ristoro di tipo indennitario, che esaltino il valore della solidarietà sociale e l’importanza di una rinnovata alleanza tra paziente e SSN insita nella mediazione tra il fondamentale interesse all’adeguato ristoro delle vittime e quello, altrettanto fondamentale, di mantenere vivo e solido il Servizio Sanitario Nazionale, impedendone, a legislazione vigente, il sicuro default.
 
Questa, del resto, è stata la strada intrapresa dal D.L. 17 marzo 2020 n 18, con l’istituzione un fondo destinato all'adozione di iniziative di solidarietà a favore dei familiari degli esercenti le professioni sanitarie e operatori socio-sanitari, impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che durante lo stato di emergenza abbiano contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto o “come concausa” del contagio da COVID-19.
 
Inoltre, lo stesso D.L. Rilancio, convertito in legge, ha esteso i benefici di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407 (“Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata”), relativi al collocamento obbligatorio, con precedenza, rispetto ad ogni altra categoria e con preferenza a parità di titoli, a chi ha subito una invalidità permanente, al coniuge e ai figli superstiti, ovvero ai fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti, dei soggetti deceduti o resi permanentemente invalidi appartenenti alla categoria di medici, operatori sanitari, infermieri, farmacisti, operatori socio-sanitari nonché lavoratori delle strutture sanitarie e socio-sanitarie impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che, durante lo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, abbiano contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte o un'invalidità permanente per effetto, diretto o come concausa, del contagio da COVID-19.

E’ da aggiungere che la stessa recente legislazione emergenziale si è già comunque fatta carico di interventi chiaramente volti ad una ridefinizione “alta” (appunto di rango legislativo) e rilevante del perimetro della responsabilità “in tempo di COVID”, tramite la introduzione dell’articolo 21 del D.L. 16-7-2020 n. 76, convertito con L. 11-9-2020 n. 120, che, con riferimento alla responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica, ha temporaneamente introdotto, “fino al 31 dicembre 2021”, la limitazione di detta responsabilità esclusivamente “ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta”. Va detto, peraltro, che detta previsione, pur facendosi coraggiosamente carico della speciale istanza di necessario ridimensionamento dei confini della responsabilità in epoca COVID, dispiega un intervento legislativo che rimane, comunque, parziale e, per certi effetti, insufficiente, se non, addirittura, squilibrato.

La suddetta disposizione, contenuta nel citato articolo 21 rubricato in termini di (mera) “Responsabilità erariale”, copre, infatti, un campo comunque limitato e settoriale in quanto circoscritto alla specifica finalità di stimolare l’azione della macchina amministrativa pubblica, spesso bloccata dai timori dei pubblici funzionari di cadere nelle maglie della Corte dei Conti, ponendosi, in tal senso, al di fuori di un più organico e trasversale approccio volto alla complessiva rivisitazione della categoria della responsabilità per malpractice. Inoltre, considerando che, ai sensi del comma 5 dell’articolo 9 della Legge Gelli, l’applicazione di detta disposizione avrebbe, perifericamente, un impatto anche sulle azioni di rivalsa verso gli operatori sanitari pubblici, la stessa previsione, nell’attuale versione, avrebbe l’effetto, per certi aspetti paradossale, di “discriminare” la posizione degli “operatori sanitari dipendenti delle strutture private” che - contrariamente ai suddetti operatori “pubblici” temporaneamente esentati da colpa grave per condotte commissive ai sensi della citata norma - continuerebbero, invece, a rispondere in rivalsa anche in termini di colpa grave, nonostante la sostanziale parificazione delle responsabilità in sede di rivalsa prospettata dallo stesso articolo 9 della Legge Gelli, ai sensi del combinato disposto del comma 1 e del menzionato comma 5.
 
Più in generale, almeno agli effetti della questione in argomento, la disposizione di cui sopra appare insufficiente anche in considerazione della circostanza che, da un lato, risulta applicabile limitatamente ai fatti commessi “dalla data di entrata in vigore del decreto”, lasciando, quindi, scoperte proprio le fattispecie temporalmente imputabili al periodo più critico, e, dall’altro, non considera assolutamente l’ulteriore e pregiudiziale aspetto del rilievo critico della responsabilità contrattuale ascritta alla struttura e, quindi, a carico del Fondo sanitario. In altre parole, il contrario di quello che serve per ricreare un generale clima di fiducia e solidarietà
 
I suddetti interventi emergenziali, quindi, non bastano. Non appare più rinviabile l’attuazione, a regime, delle citate misure previste dalla Legge Gelli e ad una ponderata e più razionale e trasversale revisione del perimetro della ivi prevista categoria giuridica della “colpa grave” - revisione da ancorare strettamente alla valenza vincolante dello stato emergenziale - valutando, eventualmente, la strada della creazione ed implementazione di uno strutturato fondo di solidarietà, distinto e separato rispetto all’ordinario Fondo sanitario, con l’individuazione di cluster specifici, sulla falsariga di quelli già usati in passato a seguito di eventi catastrofali.

Senza sconti e facili vie di uscita - sia rispetto ad eventuali responsabilità politiche sia rispetto a responsabilità gestionali connotate da inescusabili e quindi inaccettabili condotte od omissioni da parte delle direzioni aziendali o degli stessi professionisti - la tensione del sistema deve volgere ad un sapiente e rinnovato equilibrio tra le sacrosante istanze della tutela e del ristoro dei danni comunque subiti dalla utenza e dagli operatori e la parimenti indefettibile e necessaria “sostenibilità” del Sistema sanitario - e, più in generale, del Sistema Paese - in una nuova declinazione e superamento dei canonici paradigmi della “responsabilità” verso quelli della “solidarietà sociale”.
 
Per questo Federsanità ha proposto oggi, nel corso del webinar, l’avvio immediato di un tavolo tecnico tra i vari stakeholders interessati, che, anche nell’ambito di posizioni di partenza diversificate, possa elaborare una proposta condivisa da sottoporre al Parlamento. 
 
Tiziana Frittelli
Presidente di Federsanità – Confederazione Federsanità Anci regionali

13 novembre 2020
© Riproduzione riservata

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