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Perché non mi convince il “manifesto per il contratto” proposto da Proia

di Costantino Troise

In un momento in cui è aperta una vertenza per la sanità pubblica e per la valorizzazione del ruolo dei professionisti, che Ministro e Governo preferiscono ignorare, l’enfasi sullo strumento contratto pare quasi una distrazione di massa

20 GEN - Anche io come Ivan Cavicchi non sono rimasto persuaso del “manifesto per la nuova contrattualistica” esposto da Saverio Proia sul suo giornale. Lungi da me l’idea di raffreddare tanto entusiasmo, mi limito ad alcune osservazioni.
 
1) Finanziamento e contratto
Da che mondo è mondo i contratti di lavoro hanno una parte normativa ed una economica. Pur comprendendo l’entusiasmo per i contratti e le convenzioni della nuova era, mi preme ricordare che anche i Medici vivono certo di ideali, ma hanno esigenze materiali ,oltre che legittime aspettative di valorizzazione del lavoro che svolgono. Ars quae non remuneretur vilipenditur, recitavano i latini. Mi pare di capire che, dopo avere contribuito al risanamento dei conti pubblici con il calo degli organici e delle retribuzioni, ed avere saldato la propria quota individuale di debito pubblico con una perdita del potere di acquisto delle retribuzioni di pari entità, per i Medici si prospetta un contratto a costo zero per il prossimo triennio. Il che contrasta non poco con la portata della rivoluzione annunciata. Alla faccia della corte costituzionale.
 
2) Professional e manager pari sono
Non si puo spacciare per una nuovo l’obiettivo di equivalenza economica delle carriere dei Medici che è nelle disposizioni contrattuali da 15 anni. Non abbiamo dovuto attendere gli strateghi dell’ art 22, che ha animato e continua ad animare tavoli dai quali, ovviamente, le rappresentanze professionali e sindacali mediche sono escluse. C’è da chiedersi, piuttosto, perché Assessori ed aziende abbiano preferito finora dirottare le risorse disponibili verso il raggiungimento di improbabili risultati, piuttosto che utilizzarle per valorizzare il merito. E come si farà ora che la finanziaria 2016 ha portato via dal tavolo contrattuale, prima ancora che si aprisse, le risorse economiche necessarie, senza che il Ministro della Salute abbia profferito verbo, figurarsi muovere un dito per impedirlo. 300 milioni, una cifra pari al finanziamento del contratto di tutto il pubblico impiego. A meno che non si pensi ad un meccanismo alla Robin Hood, per cui si può dare qualcosa a qualcuno solo togliendola a qualcun altro.
 
3) Nemmeno il “dividendo aziendale” è una novità. Il ministro Brunetta, che lo ha inventato, lo chiamava dividendo di efficienza, ma non ha dato frutti e non si capisce perché la musica dovrebbe cambiare, ora che le Regioni sono alla ricerca spasmodica di risorse economiche, pena un commissariamento generalizzato.
 
4) Non ricordo i tavoli tecnici che in questi ultimi anni di fermo biologico contrattuale il Ministero della Salute ha generosamente messo a disposizione delle rappresentanze professionali e sindacali dei Medici per discutere delle loro esigenze. Forse mi sono distratto.
 
5) Se c’è un punto da evitare è che i rinnovi contrattuali diventino funzionali alla legittimazione dei processi di riorganizzazione messi in campo in questi anni nel SSN. Ad iniziare dall’ assetto per intensità di cure degli ospedali, si tratta di processi all’insegna del tank shifting, del primato delle ragioni aziendali, del controllo dei fattori produttivi, del taglio di tutto quello che costa, della assenza di interlocuzioni con le rappresentanze dei medici, il cui lavoro costituisce, per dirla con la Sen. De Biasi, “un valore fondante della sanità pubblica”, che non ammette deroghe in nome del nuovismo, vero o presunto. Il tutto in uno scenario in cui contratti e leggi sono considerati un optional ed ogni Regione non ha esitato a mettere mano a proprie versioni di contratti ed a proprie legislazioni, come sull’orario di lavoro, tanto che si fa fatica ad individuare principi ordinamentali sopravvissuti alla furia iconoclastica.
 
6) “Inquadrare economicamente e normativamente le ulteriori competenze avanzate e specialistiche delle professioni sanitarie infermieristiche-ostetrica, tecniche, della prevenzione e della riabilitazione”. Finalmente ci siamo arrivati. Ma se era questo l’obiettivo, legittimo sia chiaro, era meglio dirlo subito, e magari fare qualcosa per averlo questo contratto, senza i fiumi di parole su dominanza e competenze sparsi in questi anni. Ma dubito che tocchi ai contratti il ruolo di resuscitare il comma 566.
 
Proia è uno dei pochi che continua a magnificare il Patto della salute, che le stesse Regioni considerano un capitolo chiuso, dopo avere visto come è andata a finire la certezza del finanziamento ed il mantra dei risparmi, alias tagli, che rimangono in sanità. Sia chiaro che condivido la necessità di contratti innovativi, visto che è fortemente cambiato il contesto, nel merito e nei metodi, nelle forme retributive, nella stessa organizzazione del lavoro. La “rivoluzione di carta”, per citare l’ennesimo neologismo di Cavicchi, ha, però, sempre registrato i cambiamenti traducendoli in articolati. Ma oggi non si vede un progetto di respiro nazionale o un modello di sanità futura da cui partire.
 
In un momento in cui è aperta una vertenza per la sanità pubblica e per la valorizzazione del ruolo dei professionisti, che Ministro e Governo preferiscono ignorare, l’enfasi sullo strumento contratto pare quasi una distrazione di massa. Dalla eclissi dei corpi intermedi, che ha lasciato la sanità pubblica in mano a tecnocrazie autoreferenziali, si esce attraverso un progetto di inclusione che passa per una assunzione di responsabilità della politica. Che salvi la sanità pubblica ed il diritto alla salute dei cittadini recuperando le ragioni di un nuovo patto sociale con chi quel diritto rende esigibile. Ognuno deve fare la sua parte. Noi siamo pronti, con le nostre idee ma anche con le azioni di lotta che ripartiranno a breve.
 
Costantino Troise
Segretario Nazionale Anaao Assomed

20 gennaio 2016
© Riproduzione riservata

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