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Elezioni Lazio. Intervista ad Alessio D’Amato. “Siamo stati un modello in pandemia. Sulle liste d’attesa strategia in tre mosse”

Dopo la candidata Cinque Stelle e il candidato della coalizione di Centro Destra abbiamo intervistato l’assessore uscente alla sanità, in corsa con il Centro Sinistra e il Terzo polo per la presidenza della Regione alle prossime elezioni. D’Amato rivendica l’uscita dal commissariamento e chiede lo stop al tetto di spesa per il personale. Poi ammonisce: “La mission 6 del PNRR deve andare in porto o perderemo le risorse”

10 FEB -

“Nel corso dell’emergenza Covid il Lazio è stato visto come un modello a livello nazionale ma anche a livello europeo. È un modello che intendo riproporre in tutti i settori della vita amministrativa regionale”.

Alessio D’Amato, assessore regionale uscente e candidato di centrosinistra e Terzo Polo alla presidenza della Regione Lazio, ha vissuto in prima fila la lunga stagione del Covid e soprattutto i primi difficili momenti di gestione della pandemia e rivendica con forza la bontà della gestione nel Lazio. Dall’altro lato sa che per vincere la sfida elettorale i cittadini si aspettano risposte sui temi attualmente più urgenti della sanità, a cominciare dalle liste di attesa dove D’Amato pensa a una strategia su tre livelli: riforma della sanità territoriale, diagnosi di primo livello in farmacia o dai medici di famiglia e rinnovo del parco tecnologico per la diagnostica. La sua gestione è stata caratterizzata dalla fine del commissariamento e dunque anche dallo stop al blocco del turn over, ma la carenza di personale continua ad essere una spina del fianco per la sanità laziale.

Assessore, qual è la sua ricetta per diminuire i tempi di attesa per le prestazioni?

Prendo atto che le risorse che erano state varate dai precedenti governi per il governo delle liste, un miliardo tra il governo Conte II e il governo Draghi, oggi sono state definanziate e questo non è un bel segnale. Noi abbiamo bisogno che venga rimosso il vincolo al tetto di spesa del personale fermo oramai a 18 anni fa, altrimenti diventa una sfida molto complicata. Le strategie sono sostanzialmente tre: la prima è mettere a terra la missione 6 del PNRR che consente di prendere in carico tutti i pazienti cronici e pertanto inserirli in percorsi diagnostici terapeutici appropriati. In secondo luogo, consentire anche ai medici di famiglia e alle farmacie di fare delle diagnosi di primo livello. Un medico deve saper usare un ecografo che è uno strumento fondamentale. Cioè, non deve prescrivere un’ecografia ma deve farla. Solo se c’è bisogno, si procede con un’ulteriore approfondimento di secondo livello. La terza misura è quella relativa alla digitalizzazione e a tutti i percorsi di miglioramento tecnologico. Sono in corso gare per acquisire nuove macchine come risonanze magnetiche, tac, pec per un totale di trecento nuove grandi macchine. Questo sicuramente è un elemento importante. Aumentando anche l’orario delle prestazioni e con delle macchine che hanno delle performance migliori c’è un governo più efficace delle liste d’attesa. Poi dobbiamo tenere conto che siamo di fronte a una medicina difensiva che assorbe il 30% delle prestazioni di natura radiologica e le stesse società scientifiche dicono che è un livello inappropriato. Questo significa che c’è un sovraccarico di prestazioni che sono inutili. Ne ha parlato anche il ministro Schillaci.

La carenza di professionisti è uno dei grandi nodi da risolvere. Cosa si può fare nel breve periodo?
Il Lazio negli ultimi anni ha reclutato oltre seimila unità di personale e secondo i dati di Banca d’Italia è la Regione italiana che ha reclutato di più, quasi il doppio della media nazionale. C’è da dire che noi veniamo da una lunga stagione di blocco del turnover che è una delle misure contenute nel commissariamento. Dobbiamo proseguire questo reclutamento e rafforzare la componente infermieristica, la figura dell’infermiere sarà centrale in tutte le attività che riguarderanno la rete di prossimità e l’assistenza domiciliare integrata.

Anche nel Lazio purtroppo ogni giorno è un bollettino di guerra con tanti operatori sanitari aggrediti…
Abbiamo vissuto un lungo periodo in cui lo Stato è regredito rispetto ai presidi all’interno delle strutture sanitarie. Questo è stato negativo. C’è adesso un impegno del ministro dell’Interno Piantedosi a insediare i presidi di pubblica sicurezza all’interno degli ospedali, questo è un fatto importante. Quello che dico è che però dev’essere fatto h24, attualmente l’impegno assunto dal governo è fino alle 20 di sera. Sappiamo che soprattutto di notte avvengono episodi incresciosi in particolare verso il personale medico infermieristico.

Case e Ospedali di Comunità, in molti stanno suggerendo che senza ulteriori risorse sarà una partenza difficile…
La Missione 6 del PNRR deve andare in porto. Sono risorse importanti, nel Lazio circa 800 milioni che non possono essere utilizzata per altre cose, andrebbero perse. Bisogna investire sul personale medico, specialistico e infermieristico. Ecco perché va rimosso il tetto di spesa fissato al 2004. Ma soprattutto bisogna aumentare il Fondo sanitario nazionale che non corrisponde al fabbisogno soprattutto se vogliamo sviluppare una rete di prossimità importante. Per questa operazione nei prossimi cinque anni mancano all’appello 30 miliardi e queste risorse vanno trovate. Si possono anche trovare altre risorse, comprese quelle del MES che è una ulteriore misura europea per rafforzare la rete di prossimità. Altrimenti l’unica alternativa rimarrà sempre l’ospedale.

Lei è stato assessore negli anni difficili del Covid. Qual è stato il rapporto con tutto il personale sanitario della Regione?
Il rapporto è stato intenso, quotidiano e questo ci ha consentito di fare squadra e di ottenere risultati positivi. Il Lazio è stato visto come un modello a livello nazionale ma anche a livello europeo. È un modello che intendo riproporre in tutti i settori della vita amministrativa regionale. Il bilancio è positivo: siamo usciti da una lunga stagione di commissariamento e di blocco del turn over. Il centrodestra ci aveva lasciato 49 ospedali cartolarizzati e oggi quel patrimonio è ritornato in possesso delle aziende sanitarie ed è di nuovo pubblico.

Cesare Buquicchio



10 febbraio 2023
© Riproduzione riservata

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