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Piano dialitico. Lavra (Omceo Roma) agli infermieri: “La scheda va firmata da medico e infermiere”

Il presidente dell’Ordine provinciale dei medici di Roma ha risposto a un quesito posto all’Ordine dall’Associazione Avvocatura di Diritto Infermieristico per sapere se il Piano della terapia dialitica per il trattamento delle nefropatie possa essere redatto in cartella clinica motu proprio dall’infermiere, anche se, in quanto riportato su un atto pubblico, esso è firmato dal medico e non dall’infermiere.

30 OTT - L’Associazione Avvocatura di Diritto Infermieristico (AADI) ha richiesto all’OMCeO Roma un parere e dei chiarimenti in merito al Piano Dialitico, ovvero la pianificazione della terapia dialitica per il trattamento delle nefropatie, per “sapere se tale Piano sottoscritto esclusivamente dal medico può essere redatto in cartella clinica motu proprio dall’infermiere”, ribadendo comunque che in quanto riportato su un atto pubblico, esso è firmato dal medico e non dall’infermiere.

Al quesito posto ha dato riscontro il Presidente dell’Ordine, Giuseppe Lavra, avvalendosi del contributo del dott. Roberto Palumbo, specialista in Nefrologia e Chirurgia Vascolare, Direttore U.O.C. di Nefrologia e Dialisi presso l’Ospedale Sant’Eugenio di Roma.

Nel rispondere Dirigente Nazionale dell’AADI, Francesco Tontini, nel parere si sottolinea, preliminarmente, che la materia inerente la Nefrologia e Dialisi rientra nell’autonomia normativa delle Regioni e che, in particolare, la Regione Lazio si è fatta promotrice di importanti leggi che hanno poi regolato l’intero sistema. Nel caso di cui si tratta, al punto 3.5.1.3 del DCA n. 90/2010, tra i criteri organizzativi e di gestione clinica, viene evidenziata la necessità di compilare a ogni trattamento la scheda dialitica del paziente, che rappresenta lo strumento attraverso il quale viene registrata la prescrizione dialitica effettuata dal medico nefrologo, oltre alle annotazioni cliniche del trattamento. In tale scheda vengono riportate una serie di indicazioni che comprendono i parametri tecnici del trattamento extracorporeo, i parametri vitali del paziente ed altre annotazioni riguardo l’accesso vascolare, l’insorgenza di sintomi o effetti collaterali e tutto quanto correlabile con l’assistenza al paziente.

“Un infermiere - sottolinea Lavra - per poter essere assegnato a un centro dialisi, deve formarsi attraverso un percorso che certifichi ed abiliti le competenze specifiche a tale tipologia di assistenza. In particolar modo, la formazione deve avvenire sia sulla parte della tecnologia utilizzata che sul particolare setting assistenziale del paziente dializzato. Nell’ambito della Regione Lazio, tale percorso di acquisizione delle competenze infermieristiche viene certificato dopo un training presso un Centro di Riferimento Pubblico per la Nefrologia e Dialisi, individuato dal Piano Regionale per la Nefrologia e Dialisi, con la Delibera regionale n. 619/98”.

“Pertanto - conclude il parere richiesto - si può definire la scheda dialisi come una scheda unica integrata di terapia medico/infermiere, facente parte della cartella clinica del paziente, dove ciascun professionista interviene con le proprie competenze e responsabilità. Ne consegue che la scheda dialitica, rappresentando un atto prescrittivo, deve essere firmata dal medico che ne decide i contenuti ma anche dall’infermiere, il quale, dovendo attuarne le indicazioni, “prepara” la tecnologia necessaria alla dialisi, la controlla e somministra le terapie intradialitiche prescritte”.

30 ottobre 2017
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