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La continuità di cura fra acuzie e riabilitazione è essenziale per i pazienti e per il sistema sanitario

di Paolo Boldrini

12 GEN -

Gentile Direttore,
il ritardato accesso ai setting di degenza riabilitativa dopo un ricovero in acuzie comporta maggiore durata di permanenza in riabilitazione e minore efficienza degli interventi. Sono queste le conclusioni di uno studio canadese recentemente pubblicato dalla rivista “Archives of Physical and Rehabilitation Medicine”, una delle più autorevoli del settore.

Questa indagine non è che l’ultimo dei contributi pubblicati su questi temi a livello internazionale negli ultimi anni, molti dei quali giungono a conclusioni analoghe.

L’analisi, svolta su circa 10.000 episodi di ricovero in epoca pre-COVID, rileva che il ritardo nel trasferimento è essenzialmente imputabile a limitata capacità di accoglimento nelle strutture riabilitative. Il passaggio fra i setting di degenza per acuzie e la riabilitazione è spesso un collo di bottiglia che compromette la continuità della presa in carico. Il risultato è la permanenza impropria dei pazienti nelle strutture per acuti, con effetti sulla loro operatività e possibili ripercussioni cliniche (danni da immobilità, infezioni nosocomiali…). Le strutture riabilitative, a loro volta, trovano spesso analoghe difficoltà “a valle” per carenze della rete di assistenza territoriale.

Tale situazione si è ulteriormente aggravata a causa della ridotta disponibilità di servizi riabilitativi a seguito della pandemia: uno studio promosso dall’European Society of Physical and Rehabilitation Medicine (ESPRM) ha rilevato che nel 2020, circa 2.2 milioni di persone in Europa hanno avuto serie difficoltà di accesso al trattamento riabilitativo per motivi legati al COVID19.

Questi dati confermano quanto sostenuto dall’OMS, anche in un recente rapporto dell’Ufficio Regionale per l’Europa, nonché dalla stessa ESPRM, sulla necessità di ripristinare e potenziare il settore della riabilitazione, come requisito per l’efficacia e la sostenibilità dei servizi sanitari nel loro complesso.

Queste problematiche investono l’assistenza riabilitativa anche nel nostro paese: la Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa (SIMFER) ha da tempo segnalato che a preesistenti carenze e disomogeneità dell’offerta si sono aggiunte una sensibile riduzione di risorse dedicate alla riabilitazione ospedaliera e gravi difficoltà di accesso alle cure riabilitative territoriali per effetto della pandemia di COVID19.

Ci sono almeno due linee di intervento con cui è possibile affrontare queste criticità: una riguarda la rete dell’offerta, l’altra l’organizzazione dei servizi.

Per quanto riguarda la prima, oltre ad un complessivo ripristino delle dotazioni di servizi (almeno ai livelli pre-COVID), vanno meglio definiti i criteri per la loro distribuzione e collocazione. Per le strutture di degenza riabilitativa, ad esempio, la rete locale dell’offerta va configurata tenendo conto di diversi fattori fra loro interagenti: geografici, sociodemografici, epidemiologici, nonché del tipo di strutture sanitarie presenti.

In un’area fortemente urbanizzata ed industrializzata, con importanti vie di comunicazione, un presidio ospedaliero di 2 livello ad alte specializzazioni e più presidi di 1 livello, la rete riabilitativa deve rispondere a bisogni diversi rispetto ad un’area rurale o montana con popolazione tendenzialmente anziana, ad alta prevalenza di patologie croniche e con presenza di soli presidi ospedalieri di base. E’ necessario tener conto di questi elementi in sede di attuazione del DM77 e nell’auspicabile aggiornamento del DM70.

Il secondo aspetto, non meno importante, riguarda il miglioramento dei collegamenti funzionali fra il settore dell’acuzie e i servizi riabilitativi, ospedalieri e territoriali. E’ necessario adottare diffusamente modelli e strumenti che garantiscano la necessaria continuità, a livello clinico ed informativo, ed evitino le strozzature più sopra ricordate. Va assicurata una valutazione precoce del possibile fabbisogno riabilitativo, per individuare tempestivamente i percorsi ed i setting più idonei, in modo da utilizzare in modo coordinato tutte le risorse, pubbliche e private accreditate, della rete locale. Le competenze fisiatriche e di tutti gli altri professionisti della riabilitazione vanno attivate in modo sistematico nell’area dell’acuzie per tali valutazioni, come già accade in diverse aree del paese, anche utilizzando strumenti di teleconsulto.

La definizione di un “Piano Locale per l’assistenza riabilitativa”, prevista nel documento su “percorsi appropriati nella rete di riabilitazione”, oggetto dell’accordo Stato-Regioni del 5 agosto 2021, è uno strumento utile in questa direzione, ed è auspicabile che venga adottato diffusamente.

Inutile dire che nessun provvedimento può essere realmente efficace senza una adeguata dotazione di risorse umane. Il nostro paese vanta competenze di riconosciuta qualità in tutte le professionalità del team riabilitativo; la loro ulteriore valorizzazione e la formazione di nuovi operatori sono obiettivi da perseguire nell’interesse di tutta la comunità.

Dott. Paolo Boldrini

Segretario Generale European Society of Physical and Rehabilitation Medicine (ESPRM)



12 gennaio 2023
© Riproduzione riservata

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