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Nuovo orario di lavoro. L’obbligo di riposo è fantasia pura

di Sergio Costantino

23 DIC - Gentile Direttore,
dello scritto del Dott. Corcione posso dire di condividere appieno solo il titolo. Infatti, ed a maggior ragione, proprio perché non siamo impiegati il nostro lavoro condotto con orari dissennati può causare danni non indifferenti sia a noi stessi (ma vada per gli autolesionisti) sia e soprattutto ai pazienti e qui è la posizione è meno condivisibile. Se in alcuni prestigiosi centri nordamericani nel consenso informato alle procedure chirurgiche è stata introdotta la variabile che quantifica l’attività svolta nella giornata dal chirurgo una qualche razionalità il fatto lo dovrà pur avere.
 
Che un medico stanco e nella fattispecie un chirurgo abbia più possibilità di sbagliare non è una fastidiosa variabile introdotta dalla Comunità Europea ma un dato osservazionale validato scientificamente, e su riviste di elevato impact factor, di una delle più prestigiose Università nordamericane cioè la Harvard Medical School. Il 30% degli errori evitabili avviene a fine turno tra le 4 e le 7 di mattina.
 
Ci sarebbe da chiedersi come mai l’Italia ci abbia messo tanto ad adeguarsi ai concetti di tutela e i sicurezza proposti dalla Comunità  Europea  (22 anni dal 93 al 2015).  E’ curioso vedere l’elasticità disapplicativa che le varie Aziende sanitarie hanno esercitato nel frattempo di una norma non derogabile.
 
Cadere dalle nuvole oggi dopo l’emanazione della Legge 161/2014 che concedeva un anno di tempo per adeguarsi ed organizzarsi appare francamente inaccettabile. Purtroppo rende anche idea di uno scarso controllo gestionale oltre che di scarsa attenzione alle Leggi dello Stato.
 
Il dato poi dell’obbligo assoluto di riposo è fantasia pura, non possono certo essere comprese quelle situazioni di emergenza che si possano verificare in modo del tutto imprevedibile.  Quello che la Direttiva  europea vorrebbe evitare è che siano programmate abitualmente turnazioni eccessivamente lunghe tali da creare danni alla salute sia degli operatori, dei collaboratori e di terzi. Terzi che nel nostro caso sono i pazienti. Così come fantasiosa appare l'affermazione di un orario più corto per i medici. La norma prevede ben 48 ore settimanali (38 contrattuali + 10 di straordinario) calcolate come media su 4 mesi. Ciò significa che per singole settimane il medico potrebbe lavorare anche 70 ore.
Come medici abbiamo l’obbligo di tutelare sia noi stessi ma soprattutto i pazienti, non possiamo ignorare le centinaia di lavori scientifici sull’argomento.
 
Sul concetto di dedizione forse abbiamo delle idee differenti. Che uno lo voglia o meno il rapporto medico paziente è profondamente cambiato negli ultimi trenta anni: si è infatti passati da un sistema paternalistico (il medico sceglie al meglio delle conoscenze per il paziente) ad un sistema di consenso e condivisione delle scelte, scimmiottando senza le premesse culturali la medicina nordamericana. Questo ad ovvio vantaggio di due categorie: assicurazioni ed avvocati.
 
La ciliegina sulla torta l’ha data non molti anni orsono una trovata geniale che passa sotto il nome di “patto quota lite” (sino ad allora proibito). Ovvero il ricorrente può adire a vie legali senza anticipare alcuna somma in denaro concordando, con l’avvocato o con società specializzate in materia, una quota percentuale dell’eventuale risarcimento. Questo ha moltiplicato il numero di cause e soprattutto delle “liti intemerate” cioè senza alcun reale fondamento. Tanto non costa niente vediamo cosa succede. Questo trend, accompagnato da una martellante campagna mediatica sempre a caccia dell’errore, non credo possa invertirsi 
 
In merito alla mente perversa citata,  le premesse della Direttiva 2003/88 Ce sono chiare e mostrano un enorme rispetto per gli uomini ancor prima che per i lavoratori.
(1) La direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro (3), che prevede prescrizioni minime di sicurezza e sanitarie in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, in relazione ai periodi di riposo quotidiano, di pausa, di riposo settimanale, di durata massima settimanale del lavoro e di ferie annuali, nonché relativamente ad aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro
(2) .....di migliorare l'ambiente di lavoro per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori......
(3) Il miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico uomini e per i lavoratori.
(4) Tutti i lavoratori dovrebbero avere periodi di riposo adeguati. Il concetto di «riposo» deve essere espresso in unità di tempo....
(5) Alcuni studi hanno dimostrato che l'organismo umano è più sensibile nei periodi notturni ai fattori molesti dell'ambiente nonché a determinate forme di organizzazione del lavoro particolarmente gravose e che lunghi periodi di lavoro notturno sono nocivi per la salute dei lavoratori e possono pregiudicare la sicurezza dei medesimi sul luogo di lavoro.
(6) Occorre limitare la durata del lavoro notturno.......
(7) Le modalità di lavoro possono avere ripercussioni negative sulla sicurezza e la salute dei lavoratori; l'organizzazione del lavoro secondo un certo ritmo deve tener conto del principio generale dell'adeguamento del lavoro all'essere umano.
 
Il tempo di lavoro può raggiungere oltre le 12 ore e non mi sembra poco per un chirurgo; la definizione dei chirurghi dei trapianti andrà affrontata derogando, come è possibile fare per alcune situazioni peculiari, la norma prevedendo però riposi compensativi immediatamente successivi.
 
Il riferimento sulle ore di reperibilità (più o meno di 2 ore e10 minuti) nasce sicuramente da qualche accordo locale non definito nella Direttiva madre. Di mio posso sicuramente dire, senza tuttavia generalizzare in assoluto, che un medico di media età che abbia interrotto il sonno per lavorare 2 o 3 ore di notte il mattino dopo dubito che possa operare senza difficoltà. Ci saranno anche i superchirurghi ma…visto che sono descritti in letteratura, dopo molte ore di lavoro (almeno 12), uno stato di ebbrezza (paragonabile a quella alcolica),  un’alterata percezione del se  e delle situazioni, una minore reattività agli imprevisti ed infine una manualità ridotta forse è meglio tornarsene a casa a riposare
 
Proprio per rispetto al paziente e non il contrario, non è burocratizzazione ma rispetto della condizione umana dei medici. Quanti di noi da giovani medici hanno retto turni infiniti anche di 48 o più ore e quanti di noi sarebbero ancora in grado di farlo?
 
Le cronache ci hanno mostrato sia il dato dei medici in azione colpiti da infarto durante il lavoro per stanchezza sia di medici stanchi che operando (per routine) hanno avuto non poche complicanze, talora anche mortali.
 
Sergio Costantino
Segretario  Aziendale  Anaao Assomed - Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano IRCCS
 

23 dicembre 2015
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