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Precari in sanità? Non solo medici e infermieri

08 SET - Gentile direttore,
molto spesso quando di parla di precariato in sanità si fa riferimento alle condizioni contrattuali di medici e infermieri e si trascura la posizione di tecnici e amministrativi che lavorano nella sanità pubblica. Espongo il mio caso a titolo di esempio per evidenziare le difficoltà con cui tecnici e amministrativi devono fare i conti ogni anno, spesso più volte l'anno.
 
Sono un informatico che nel 2010, dopo oltre 10 anni di esperienza nelle telecomunicazioni (gettati al vento per le folli operazioni di riallocamento tanto in voga in quegli anni) ha intravisto l'opportunità di cominciare una nuova esperienza lavorativa nella sanità pubblica. 
 
Ho partecipato ad un bando pubblico per l'assegnazione di una borsa di studio ed insieme ad altri tre compagni d'avventura ho iniziato a lavorare all'ospedale di Bergamo. Da allora mi sono fortemente specializzato nell'ambito delle integrazioni tra i software ospedalieri ed il Sistema Informativo Socio Sanitario di Regione Lombardia (SISS). Un lavoro affascinante seppur complesso, che offre la possibilità di avere una visione d'insieme del sistema sanitario regionale, cosa che molti medici e infermieri naturalmente non possono avere pur essendo calati in pieno dentro al sistema.
 
Il lavoro mi piace insomma, lo faccio con passione e dedizione, a volte rimettendoci personalmente (spese di viaggio per le trasferte, costo della mensa, e simili) a causa della disparità di trattamento causata dai contratti atipici cui mi vedo costretto da più di sei anni.
 
Qui sta il problema, borse di studio, poi ancora borse di studio, poi co.co.co. ... Ho dovuto già partecipare a quattro bandi in sei anni. Ma sono tra i fortunati visto che alcuni colleghi sono stati e sono tuttora in condizioni peggiori, da più anni e con condizioni economiche diciamo... imbarazzanti.
 
Il mio contratto scade a gennaio e il 2017 pare proprio un salto nel buio. Si dice che sarà impossibile proporre altri co.co.co. per questioni normative, aggravate dalla recente riforma sanitaria (L23/2015), trovare fondi per altre borse di studio sembra una barzelletta, risulta improponibile ipotizzare stabilizzazioni. 
 
Ma allora come saranno gestiti tutti questi contratti precari? Perché non è possibile adeguare il Jobs Act, con tutti i suoi limiti, alla PA? In che modo l'ospedale in cui lavoro farà fronte alle inevitabili difficoltà tecniche, logistiche e amministrative se sarà costretto a lasciare a casa decine di collaboratori?
 
E soprattutto: perché i precari sono sempre trattati come l'ultima ruota del carro?
 
Naturalmente sono domande che pongo a me stesso, come fanno certamente tanti uomini e donne, padri e madri, giovani e meno giovani, che vedono un futuro grigio in queste condizioni. Non possiamo che sperare in proposte serie per un welfare che funzioni anche in questo campo, con scelte etiche che tengano conto della dignità di tutti i lavoratori, possibilmente adeguate ad un piano strategico che consenta sostenibilità a lungo termine per la sanità e in generale per la Pubblica Amministrazione. Perché non è solo il costo di una siringa o di una biro a fare la differenza in termini di sostenibilità. 
 
Antonino Barbato

08 settembre 2016
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