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Sardegna. Il Consiglio dei Ministri impugna alcune disposizioni del Collegato alla Finanziaria

di Elisabetta Caredda 

Gli articoli contestati dal CdM per l’area sanità riguardano la nomina del commissario liquidatore di ATS e dei direttori delle aziende sanitarie; l’aumento della tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive per medici e personale sanitario; i tetti di spesa per prestazioni sanitarie erogate da privati accreditati. Ganau (Pd): “La Regione cerca scorciatoie in nome dell’autonomia e della spesa in sanità ‘autofinanziata’ ma poi sbatte il muso sulle leggi dello Stato”.

22 DIC - Il Consiglio del Ministri (CdM) impugna la legge regionale della Sardegna n. 9 del 23.10.2023 relativa alle ‘Disposizioni di carattere istituzionale, ordinamentale e finanziario su varie materie’. Diversi gli articoli contestati che vertono su diversi settori regolamentati dalla norma suddetta, ed in particolare nell’area della sanità è stato impugnato: l’articolo 34, comma 1, lett. a) punto 2); l’articolo 34 comma 1, lett. b); l’articolo 35, comma 1 e comma 2; e l’articolo 56.

L’articolo 34, comma 1, lett. a) punto 2) recante “Modifiche alla legge regionale n. 24 del 2020 in materia di procedure di selezione, funzioni dell'ARES, liquidazione dell'ATS e disposizioni varie, sostituisce il comma 6, dell’articolo 3 della L.R. n. 24/2020 sulla riforma sanitaria, e dispone, tra le altre cose, che ‘il Commissario liquidatore di ATS è nominato dalla Giunta regionale’.

A riguardo, il CdM sottolinea che “nel recente passato la Corte costituzionale ha già avuto modo di pronunciarsi sulla L.R. n. 24/2020, asserendo che le disposizioni in essa contenute intervengono sull’assetto degli enti del Servizio sanitario nazionale, la cui disciplina è già stata ricondotta dalla Corte Costituzionale alla competenza concorrente sulla ‘tutela della salute’”.

“Posta tale premessa e tornando alla disposizione sopra richiamata – prosegue il CdM -, ne consegue che rispetto alla materia del conferimento degli incarichi di direttore generale degli Ente del Servizio sanitario nazionale è lo Stato a dovere determinare i principi fondamentali della materia in esame, al fine di meglio qualificare il profilo di tali dirigenti e di ridurre l’ambito di discrezionalità politica nella scelta degli stessi, a tutela dell’imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione data l’incidenza che la disciplina di tali incarichi ha sulle prestazioni sanitarie rese agli utenti”.

Il CdM entra nello specifico ricordando poi “il D.lgs. n. 171/2016, come modificato dal D.lgs. n. 126/2017, che ha riscritto le modalità di individuazione e di nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie”. In virtù delle disposizioni di suddetto decreto che individua l’assetto delle fonti regolative della nomina dei manager della sanità, “valorizzando i profili contrattuali e riconducendo la nomina dei direttori generali alla materia del conferimento degli incarichi dirigenziali”, asserisce che l’articolo 34, comma 1, lett. a) punto 2) della L.R. n. 9 del 23.10.2023 “va impugnato per contrasto con l’articolo 117, comma 3 Cost, in relazione alla disciplina dettata dal D.lgs. 171/2016”.

Per contrasto, inoltre, con l’articolo 32 Cost. e art. 117 Cost. in relazione all’articolo 3 ed all’articolo 5 del D.lgs. 171/2016, il C.d.M. dichiarata l’illegittimità costituzionale anche dell’articolo 34, comma 1, lett. b) della legge regionale in oggetto il quale “prevede che, nelle more dell'aggiornamento degli elenchi regionali degli idonei, l'incarico di direttore sanitario e direttore amministrativo sia affidato con nomina diretta senza alcuna procedura selettiva”. Anche nel luglio 2021 il CdM era intervenuto sulla disciplina della L.R. n. 24/2020 relativamente alla nomina dei direttori delle aziende sanitarie.

Per quanto riguarda l’articolo 35, comma 1, della L.R. n. 9 del 23.10.2023. In questo articolo la Regione ha previsto al fine di sopperire alla carenza di personale medico e infermieristico e di limitare il ricorso alle esternalizzazioni, di aumentare per i dirigenti medici, sanitari, veterinari e le professioni sanitarie dipendenti del SSN, la tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive di cui all'articolo 115, comma 2, del CCNL, regolamentata dallo stesso contratto, fino a 100 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell'Amministrazione. Ancora, per le prestazioni aggiuntive di cui all'articolo 6, comma 1, lettera d), del CCNL del personale del comparto sanità dipendente del SSN si è previsto che la tariffa oraria può essere aumentata a 60 euro lordi omnicomprensivi, al netto degli oneri riflessi a carico dell'Amministrazione.

In merito a questa disposizione il Consiglio dei Ministri afferma che “le disposizioni regionali citate non sono in linea con la normativa statale vigente che prevede specifici limiti temporali e di ambito applicativo, nonché limiti massimi di tariffa delle prestazioni aggiuntive previste per il personale del comparto diversi da quelli indicati nella norma regionale di cui trattasi e, pertanto, violano il principio costituzionale di cui all'art. 117, secondo comma, lett. l), laddove si individua la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile”.

Sull’articolo 35, comma 2, sempre della medesima legge, il CdM spiega che suddetta norma segnalata, che “prevede l'utilizzo delle risorse ordinariamente destinate al reclutamento di personale, in caso di mancata attuazione del piano triennale dei fabbisogni, per incrementare il trattamento accessorio del personale stesso, anche oltre il limite previsto dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75”, derogando dalla normativa statale, è illegittima per contrasto con i principi di cui agli artt. 117 e 81 Cost., in relazione all’articolo 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017 in materia di coordinamento della finanza pubblica e ordinamento civile”.

Infine è stato impugnato l’articolo 56 che stabilisce disposizioni in materia di tetti di spesa per prestazioni sanitarie erogate da privati accreditati. In particolare – sostiene il CdM - “tale articolo introduce una deroga ai limiti imposti dalle disposizioni di legge nazionali che prevedono la riduzione dell’acquisto di volumi di prestazioni sanitarie da privati accreditati per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera. A tal proposito, si segnala che l’art.15 comma 14, del D.L. 95/2012 ha individuato, in un’ottica di spending review, precisi obiettivi di spesa per la finanza pubblica per tutte le regioni e province autonome. E tale articolo 15, non prevede deroghe per le regioni a statuto speciale eventualmente compensate da misure alternative su altre aree di spesa sanitaria. A ciò si deve aggiungere che il D.L. 95/2012 introduce disposizioni che attengono ad una revisione della spesa pubblica alle quali, per gli ambiti inerenti la sanità, è corrisposto un coerente adeguamento dei livelli del fabbisogno sanitario nazionale standard. Il mancato rispetto di quanto previsto nel citato D.L., comporterebbe quindi rischi per la sostenibilità della spesa del servizio sanitario regionale”.

“Alla luce di quanto indicato – prosegue concludendo il CdM -, va dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art.56 per la violazione del principio di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art.117 Cost. in relazione all’art.15, comma 14, del D.L. 95/2012”.

“Non sono rimasto sorpreso dalla scelta del Governo – commenta a Quotidiano Sanità il Capogruppo PD Gianfranco Ganau, componente commissione Salute -: come fa spesso, la Regione Sardegna cerca scorciatoie in nome dell’autonomia e della spesa in sanità “autofinanziata” ma poi sbatte il muso sulle leggi dello Stato e sulle regole comuni che ci si dà in conferenza Stato-Regioni. Inoltre le norme davvero importanti che siano dubbie vanno concordate prima con i livelli di controllo legislativo per evitare impugnative non volute. A meno che non si intendano fare battaglie frontali contro il Governo per cose importanti, appaiono solo scorciatoie agli interlocutori nazionali e al Ministero guidato da Calderoli che è autore di questa strage di norme. Non può che apparire una scorciatoia il tentativo di fare nomine di direttori sanitari o amministrativi senza attingere dagli elenchi nazionali o senza farne uno regionale o pensare che un commissario in sanità non debba sottostare agli stessi vincoli di professionalità di un direttore generale. E fa ancora più male quando si usano le scorciatoie per risolvere problemi veri e condivisi. L’aumento degli stipendi dei medici e dei sanitari in generale è cosa buona e giusta ma non può essere fatta da una sola Regione a la càrte, altrimenti si scatenerebbe la competizione tra Regioni sugli aumenti. Immaginiamo cosa potrebbero fare in un’asta al rialzo Lombardia, Veneto e Friuli”.

“Infine – prosegue il consigliere - l’aumento delle prestazioni convenzionate per contrastare le liste d’attesa, anch’essa iniziativa ragionevole, passa per la strada già utilizzata nel 2020 non nel contrastare la normativa del 2012 in maniera frontale. Peraltro nella legge di bilancio nazionale 2024 si prevede per il tetto fissato nel 2012 un aumento dell’1% per 3 anni, che anche la Sardegna potrà applicare. Lo si usi per i nuovi Lea, per contrastare la migrazione sanitaria e per compensare i gravi divari territoriali”.

“Su questi temi non ci sono scorciatoie ma solo le sedi riconosciute, a partire dalla conferenza Stato-Regioni dove si deve decidere l’aumento del fondo sanitario regionale oltre che le sedi della contrattazione regionale e aziendale. E le specificità dell’isola va perseguita con una battaglia frontale senza cercare aggiramenti. Queste valutazioni non sembrino preclusive: su azioni e norme condivise si possono fare battaglie comuni anche contro i tentativi del Governo di limitare l’autonomia”, conclude Ganau.

Elisabetta Caredda

22 dicembre 2023
© Riproduzione riservata

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