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Colangite biliare primitiva: in corso di studio nuovi farmaci per il controllo della malattia. Intervista a Pietro Invernizzi

di C.d.F.

Da qualche mese è partito lo studio internazionale di fase 3 “Response”, rivolto ai pazienti affetti da colangite biliare primitiva che non rispondono adeguatamente alle terapie attualmente disponibili. L’Italia partecipa con diversi centri scelti su tutto il territorio nazionale. Ne parliamo con il Prof. Pietro Invernizzi, Ordinario in Gastroenterologia all’Università Milano-Bicocca

 

24 NOV - La colangite biliare primitiva è una malattia rara, che colpisce circa 20.000 persone in Italia.
Sono attualmente disponibili diversi farmaci che però non permettono un controllo della malattia nel 100% dei casi. Per questo motivo sono in corso diversi studi per sviluppare e testare nuove opzioni terapeutiche. Tra queste c’è anche lo studio internazionale di fase tre “Response”, al quale partecipa l’Italia. Ne abbiamo parlato con il Professor Pietro Invernizzi, Ordinario in Gastroenterologia all’Università Milano Bicocca e Responsabile U.O.C. Gastroenterologia e Centro “European Reference Network, Rare Liver”, per le Malattie Autoimmuni del Fegato, Ospedale San Gerardo di Monza.
 
 
Professore, ci può dire che cosa è la colangite biliare primitiva e quali sono i sintomi più comuni?
La colangite biliare primitiva è una malattia autoimmune, colestatica, del fegato. In chi ne è affetto le difese immunitarie aggrediscono i dotti biliari del fegato, con conseguente stasi della bile, tossica, nell’organo. Il paziente può soffrire di prurito, dovuto alla bile che va in circolo ematico, e può sentirsi anche stanco, soprattutto nelle fasi avanzate della malattia. Ci sono poi altri disturbi correlati alla malattia in fase avanzata.

Qual è l’impatto di questa patologia in Italia?
Si tratta di una malattia rara, quindi con una frequenza inferiore a 5 pazienti per 10.000 soggetti. Possiamo quindi stimare circa 4.000 pazienti diagnosticati in Lombardia e tra i 18.000 e 22.000 in Italia.

All’inizio, molto spesso, la malattia è asintomatica. Grazie a screening sempre più diffusi, magari nel corso di analisi ed esami condotti per altri motivi, si può riscontrare una sofferenza del fegato e quindi effettuare la diagnosi di colangite sempre più precocemente.
Inoltre vengono sviluppate terapie sempre più efficaci, quindi la probabilità di una progressione è ridotta.
 
Quali sono le terapie disponibili attualmente?
La malattia viene trattata con una categoria di farmaci di prima linea, gli acidi biliari non tossici, come l’acido ursodesossicolico, che vengono assunti per via orale. Se la terapia di prima linea non permette il controllo della malattia, e questo avviene nel 30-40% dei pazienti circa, si ricorre ad altri due farmaci. Il primo è l’acido obeticolico, già commercializzato in molti Paesi, anche in Italia, che può essere assunto in aggiunta all’acido ursodesossicolico per arrivare a un’ulteriore riduzione della colestasi. Poi c’è una categoria di molecole, i fibrati, usate da 10-20 anni come ipolipidemizzanti, che riesce a controllare anche la colestasi. Queste ultime terapie possono essere aggiunte, per il momento off-label, all’acido ursodesossicolico.

Le terapie di seconda linea possono essere sufficienti, ma non sempre lo sono, ed è per questo che ci servono nuovi farmaci Il vero obiettivo per chi si occupa di questa malattia è infatti quello di avere un più ampio numero di trattamenti a disposizione, affinché la malattia venga completamente spenta e controllata in tutti i pazienti diagnosticati. Per fortuna ci sono in corso diversi studi clinici per testare nuovi farmaci.

A questo proposito, in cosa consiste lo studio “Response”?
Si tratta di uno studio internazionale di fase tre, in corso da diversi mesi, basato sul trattamento di 180 pazienti in diversi continenti, che valuta l’efficacia di un farmaco che agisce sullo stesso target molecolare dei fibrati ma in modo più selettivo, in particolare sul recettore PPAR-delta. I dati disponibili ad oggi, provenienti dagli studi di fase 1 e 2, sono promettenti perché mostrano che questo farmaco riesce a migliorare ulteriormente la nostra capacità di controllare la malattia. Quindi la comunità scientifica e medica che si occupa di colangite biliare primitiva, spera tanto che questa possa diventare “una molecola importante da aggiungere nel prossimo futuro alle terapie attualmente in uso.

Quali sono i criteri di arruolamento nello studio?
Per lo studio “Response” vengono selezionati i pazienti affetti dalla patologia e attualmente non controllata adeguatamente con i farmaci ad oggi disponibili.
 
L’Italia partecipa alla ricerca?
Sì, l’Italia contribuisce con diversi centri (ben cinque), scelti lungo tutto il territorio, che stanno reclutando attivamente.
 
C.d.F.

24 novembre 2021
© Riproduzione riservata

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