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Tribunale di Bergamo: produzione e distribuzione di farmaci non sono “attività pericolose”

di David Maria Santoro

Per questo i giudici, chiamati a pronunciarsi sul caso di una donna che, dopo l’assunzione di un farmaco, aveva sviluppato una grave patologia cutanea, ha collocato la responsabilità dell’azienda produttrice non nell’ambito del Codice Civile ma in quello del Codice del Consumo. Con indubbi vantaggi per il produttore. LA SENTENZA.

14 MAR - E’ stata recentemente resa nota la sentenza pronunciata dal Tribunale di Bergamo sulla controversia per presunta responsabilità da prodotto che ha coinvolto Procter & Gamble e la casa farmaceutica inglese Smithkline Beechman PLC, la prima come titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio e responsabile della commercializzazione in Italia e la seconda in qualità di produttore e titolare del principio attivo del farmaco antibiotico Neoduplamox. Nello specifico, un paziente ha convenuto in giudizio P&G la quale a sua volta ha coinvolto nel giudizio SmithKline Beecham PLC, così da essere garantita da quest’ultima in caso di accoglimento, totale o parziale, da parte del Tribunale delle ragioni della parte attrice che, a seguito dell’assunzione di suddetto farmaco, aveva sviluppato una grave patologia cutanea (Sindrome di Lyell).

La presunta responsabilità è stata individuata dalla parte attrice riconducendo la produzione e vendita di farmaci nell’ambito dell’esercizio di “attività pericolose”, come previsto dal codice civile all’art. 2050. Secondo tale normativa,  colui che, nell’esercizio di dette attività, cagiona un danno è obbligato a risarcirlo se non dà la prova di “aver adottato tutte le misure idonee ad evitarlo”.

Dopo una delicata consulenza medico-legale il tribunale ha rigettato la domanda dell’attore con un’interessante motivazione che ruota intorno a due perni di notevole importanza nel panorama, non molto folto in verità, della recente giurisprudenza italiana in tema di responsabilità da prodotto farmaceutico.

La prima questione riguarda nello specifico la responsabilità da prodotto farmaceutico. Con questa sentenza il Giudice ha infatti interpretato suddetta responsabilità non come responsabilità per l’esercizio di attività pericolose, regolata dall’art. 2050 del Codice Civile, quanto come responsabilità del produttore, ora regolata all’interno del Codice del Consumo (art. 114 e ss.). Interpretazione che si pone in netto contrasto con una consolidata tradizione giurisprudenziale che, a partire dalla nota vicenda delle gravi infezioni subite da pazienti soggetti a trasfusioni a causa dell’immissione in commercio di emoprodotti derivati da gammaglobuline umane contaminati da virus, ha finora qualificato l’attività di produzione e commercializzazione di medicinali come “attività pericolosa”, traendo argomento dalle numerose fonti normative che disciplinano l’attività di produzione e commercializzazione di medicinali oltre che dalla disamina della portata del rischio corso dal paziente con l’assunzione del farmaco. In siffatto contesto,  la tutela del danneggiato da un’attività qualificabile come “pericolosa” è stata finora particolarmente incisiva, essendogli  sufficiente dimostrare la sussistenza del nesso di causalità tra l’attività ed il preteso danno, laddove al responsabile dell’attività, qualora interessato a evitare il risarcimento, spettava invece l’onere, pesantissimo, di dimostrare di aver adottato tutte le cautele idonee ad evitare il danno stesso.

Inquadrando e regolando, invece, la responsabilità da prodotto farmaceutico nell’ambito della normativa posta dal Codice del Consumo, i vantaggi per il produttore sono indubbi sotto diversi aspetti: abbreviazione dei termini della prescrizione estintiva del diritto al risarcimento da 5 a 3 anni, appesantimento dell’onere probatorio in capo al danneggiato - che deve provare la sussistenza di un difetto del farmaco, la sussistenza di un danno ed il nesso di causalità tra difetto e danno -, previsione di specifiche esenzioni da responsabilità in favore del produttore. A questo riguardo, è di particolare interesse il c.d. “rischio da sviluppo” che esonera il produttore farmaceutico da responsabilità con riguardo allo stato delle conoscenze scientifiche esistenti al momento in cui il farmaco è stato immesso sul mercato.

La seconda questione, invece, riguarda la precisazione dell’esaustività e sufficienza delle informazioni contenute nel foglietto illustrativo del farmaco e della loro idoneità a liberare da responsabilità il produttore e/o il distributore del farmaco, anche nell’ipotesi in cui si dovessero configurare le loro attività come “attività pericolose”. Sulla base degli approfondimenti condotti in sede di consulenza medico-legale, che avevano fatto emergere come la patologia accusata dall’attore non fosse legata  ad alcuna difformità del farmaco e non  costituisse un effetto indesiderato sconosciuto bensì noto, seppur molto raro, il Tribunale di Bergamo ha ritenuto che nel caso concreto fosse evidente che erano state adottate tutte le possibili cautele per evitare il danno: a giudizio del  Tribunale, la segnalazione della remota possibilità d’insorgenza della Sindrome di Lyell , contenuta nel foglietto illustrativo del Neoduplamox, rappresentava e rappresenta  l’unica misura oggettivamente adottabile, consentendo così di ritenere il produttore e il distributore del farmaco esenti da responsabilità per il danno connesso proprio al verificarsi dell’effetto indesiderato.

Alla luce della decisione presa dal Tribunale di Bergamo, si consolida quindi nel panorama della giurisprudenza italiana in tema di prodotti farmaceutici, un orientamento di sostegno alla  commercializzazione dei prodotti ed allo sviluppo del settore. Tenuta presente la normativa rilevante e, in particolare, il Codice del Consumo, secondo cui possono essere immessi sul mercato solo prodotti sicuri, e il D.Lgs.219/2006, secondo cui la regolarità dei procedimenti autorizzativi di un farmaco non costituisce motivo di esonero da responsabilità per il produttore o il distributore del farmaco stesso, è indubbio che il rischio del possibile riconoscimento in sede giudiziale di una responsabilità risarcitoria a carico di una casa farmaceutica in relazione a un effetto indesiderato che essa abbia tempestivamente e correttamente indicato nel materiale informativo posto a corredo del farmaco potesse costituire un fattore fortemente disincentivante ad ogni investimento. Con la recente sentenza, questo rischio può dirsi fortemente indebolito.

Avvocato David Maria Santoro
Studio legale Simmons & Simmons


14 marzo 2014
© Riproduzione riservata

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