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L’Alzheimer è contagioso? Una lettera su Nature scatena il panico

di Maria Rita Montebelli

E’ un grande equivoco scientifico. Ma ha incendiato in un attimo le redazioni di tutti i quotidiani inglesi che hanno titolato “L’Alzheimer è contagioso”, spiegando anche come si potesse contrarre la malattia attraverso trasfusione di sangue, ferri chirurgici contaminati o una seduta dal dentista. Poi le smentite e i chiarimenti e la marcia indietro. Ecco come è andata

12 SET - La notizia è una di quelle che ti fanno saltare sulla sedia. E i quotidiani del Regno Unito sono stati dunque ben attenti a non farsela scappare.
 
The Independent titolava “Alzheimer's disease may be infectious”, spiegando che i ‘semi’ dell’Alzheimer possono essere trasmessi da una persona all’altra attraverso alcune procedure mediche, spingendosi a ipotizzare che trasfusioni di sangue ma anche sedute dal dentista potessero essere a rischio.
 
The Guardian non stava certo a guardare e titolava: “Una proteina collegata all’Alzheimer potrebbe diffondersi durante un intervento chirurgico”e spiegava come queste proteine “appiccicose possano trasmettersi attraverso ferri chirurgici contaminati”.
 
The Telegraph infine la metteva giù ancora più pesante, titolando che “L’Alzheimer si può prendere attraverso incidenti medici” e tirando ancora in ballo emotrasfusioni e interventi neurochirurgici.
Per non parlare del titolo shock del Daily Mail : “You can catch Alzheimer”. Attento, ti puoi prendere l’Alzheimer come fosse un raffreddore.
 
Insomma un incubo. Uno va dal dentista o a fare una passeggiata e torna a casa con l’Alzheimer, improvvisamente diventato una malattia infettiva, come l’influenza o l’epatite.
 
Un’angosciante leggenda metropolitana che è rimbalzata da un giornale all’atro nello spazio di poche ore, gettando tutti nel panico.
Anche e soprattutto gli autori della lettera al giornale Nature, che con la loro segnalazione avevano scatenato l’inferno. I poveretti sono stati costretti a correre ai ripari, scrivendo sul sito del MRC Prion Unit, loro ente di appartenenza, una pagina FAQ per dare risposte dettagliate su come stessero realmente le cose.
 
“I titoli dei giornali di questa mattina erano un po’ scioccanti” – ha dichiarato alla CNN Simon Mead, ricercatore presso l’Istituto di Neurologia, University College di Londra e autore della lettera aNature, che proseguiva “Povera Regina”, alludendo alla notizia di spalla del giorno, e cioè che la Regina Elisabetta era diventata la sovrana inglese che aveva regnato più a lungo.
 
Il fatto più strano è che in epoca non sospetta, cioè già sulla ‘famigerata’ lettera a Nature, i ricercatori inglesi avessero speso chiare parole per sottolineare chiaramente come “non esista nulla che suggerisca che l’Alzheimer sia una malattia contagiosa e nessuna evidenza dagli studi epidemiologici che l’Alzheimer sia una patologia trasmissibile, in particolare attraverso le trasfusioni”.
 
Ma allora, da dove nasce tutto questo equivoco? Da un’osservazione fatta nel corso di uno studio autoptico su 8 persone decedute per malattia di Creutzfeldt-Jakob: 4 di loro presentavano gravi alterazioni della sostanza grigia cerebrale e chiari segni di patologia vascolare da sostanza amiloide-beta (Aβ). Ora, il deposito di Aβ nella sostanza grigia è un tratto tipico della malattia di Alzheimer, mentre la malattia di Creutzfeldt-Jakob, più nota come morbo della ‘mucca pazza’, è una malattia da prioni, trasmissibile appunto. Di qui il ‘corto-circuito’, il sofismo anti-scientifico Alzheimer = malattia contagiosa.
 
La lettera a Nature. Gli autori inglesi partono dall’osservazione che finora nel mondo almeno 200 persone hanno sviluppato la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD) a seguito di un trattamento effettuato da bambini, per la bassa statura, con ormone della crescita (c-hGH,growth hormone) estratto da ipofisi di cadaveri e contaminato da prioni. Questo tipo di terapia è stata abbandonata già dal 1985, ma ancora oggi continuano ad emergere casi di CJD iatrogeni (iCJD), visto il lunghissimo periodo di incubazione delle infezioni da prioni umane.
 
Dal 2008 la maggior parte dei pazienti inglesi con malattie da prioni è stata reclutata nello studio National Prion Monitoring Cohort, compresi 22 dei 24 pazienti con CJD iatrogeno correlato a trattamento con c-hGH. Di questo gruppo di pazienti, 8 di loro, deceduti ad un’età compresa tra 36 e 51 anni, sono stati sottoposti ad autopsia. La presenza di prioni è stata confermata in tutti i campioni esaminati. Ma quattro di loro presentavano alterazioni anatomiche tipiche della malattia di Alzheimer (sostanza amiloide β, o Aβ) in assenza di mutazioni patogene (APOE ɛ4 o altri alleli di rischio) associabili ad Alzheimer a insorgenza precoce.
 
In passato, ricordano gli autori, è stata dimostrata la possibilità di trasmettere per ‘inoculo sperimentare’ la patologia Aβ sia nei topi che nei primati, attraverso un’iniezione periferica o a livello del sistema nervoso centrale di omogenato di un cervello con malattia di Alzheimer.
 
Ed ecco dunque la loro conclusione: la presenza di marcati depositi di Aβ a livello parenchimale e vascolare in questi pazienti relativamente giovani con iCJD, a differenza di quanto osservato in altri controlli e in pazienti con malattie da prioni, farebbe ipotizzare una trasmissione iatrogena di patologia Aβ, in aggiunta alla CJD, suggerendo quindi che individui in buona salute esposti potrebbero essere a rischio di malattia di Alzheimer iatrogena e di angiopatia amiloide cerebrale.
 
E’ probabile – proseguono gli autori – che se questi pazienti non fossero morti di iCJD, nel corso degli anni avrebbero sviluppato una malattia di Alzheimer conclamata; in ogni caso, la severità dell’angiopatia cerebrale Aβ (CAA) osservata in questi soggetti, li avrebbe esposti al rischio di emorragie cerebrali, se fossero vissuti più a lungo.
 
Un’ipotesi pesante dunque, ma niente più che un’ipotesi da verificare accuratamente, anche per capire se altre strade di trasmissione iatrogena di malattie da prioni possano avere un qualche ruolo nella patologia Aβ, associata alle malattie neurodegenerative.
 
E quindi, pur in assenza di prove che l’Alzheimer sia una malattia contagiosa  trasmissibile, ad esempio attraverso le trasfusioni di sangue, le osservazioni scaturite da questo studio – concludono gli autori – dovrebbero portare a considerare se altre vie note di trasmissione iatrogena di prioni, compresi gli strumenti chirurgici e gli emoderivati, possano essere importanti anche nella diffusione di Aβ o di altre proteine patogene osservate nelle malattie neurodegenerative. E ricordano anche come sia la sostanza Aβ, che i prioni, siano in grado di aderire alle superfici metalliche e di resistere all’inattivazione con formaldeide e alle classiche procedure di disinfezione utilizzate negli ospedali.
 
Insomma, a leggere con attenzione la ‘lettera’ a Nature, è tutto un sussurrare allarmi, un tirare il sasso e ritirare la mano. Il sospetto viene suggerito, ma la deformazione scientifica professionale del ricercatore invita subito dopo alla prudenza e a nuove ricerche per confermarlo o smentirlo. Non altrimenti devono averla pensata i titolisti dei giornali inglesi, che hanno dato già per acquisita e scontata la notizia, andandola dunque a ‘strillare’ dalle loro colonne, cercando di battere gli altri sul tempo.
 
“Ma in realtà, un allarme da lanciare ci sarebbe - sostiene Mead nel corso dell’intervista alla CNN – ed è che le 30 mila persone che sono state trattate in passato con il famigerato h-cGH potrebbero essere a rischio di ictus e di emorragia cerebrale.
 
Per il resto – conclude Mead – l’idea che l’Alzheimer possa essere contagioso è spazzatura totale. L’ultima cosa che volevamo era causare il panico o portare la gente ad evitare di sottoporsi a interventi chirurgici o a trasfusioni di sangue”.
Insomma, per dirla con il titolo del servizio della CNN, possiamo tutti tirare un sospiro di sollievo perché “No, Alzheimer’s is not contagious”.
 
Maria Rita Montebelli

12 settembre 2015
© Riproduzione riservata

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