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Coronavirus. Studio San Raffale di Milano su anakinra: effetti positivi su 21 pazienti dei 29 testati

di Megan Brooks

Lancet Rheumatology ha pubblicato lo studio condotto dall’ospedale San Raffaele. La molecola, somministrata per via endovenosa, si è mostrata efficace in 21 pazienti su 29 considerati. “Il nostro studio è il primo a suggerire che un’elevata dose di anakinra può essere in grado di bloccare la reazione eccessiva del sistema immunitario causata da Covid-19.”, dice Giulio Cavalli, uno degli autori dello studio

12 MAG - (Reuters Health) – In un piccolo studio retrospettivo dell’ospedale San Raffaele di Milano – condotto su 29 pazienti colpiti da COVID-19 con difficoltà respiratoria acuta e iperinfiammazione – il trattamento con anakinra si è dimostrato in grado di migliorare i sintomi respiratori e di ridurre i segni clinici della “tempesta di citochine”. Anakinra è una molecola che blocca l’interleuchina-1.
 
“Il nostro studio è il primo a suggerire che un’elevata dose di anakinra può essere in grado di bloccare la reazione eccessiva del sistema immunitario causata da Covid-19.”, dice Giulio Cavalli, uno degli autori dello studio pubblicato su Lancet Rheumatology.

I 29 pazienti esaminati erano adulti con Covid-19, sindrome da distress respiratorio acuto (Ards) da moderata a grave e iperinfiammazione (definita come proteina sierica C-reattiva almeno 100 mg/L, ferritina almeno 900 ng/mL, o entrambi i parametri).

Questi pazienti sono stati trattati con anakinra endovenosa ad alte dosi, ventilazione non invasiva e trattamento standard (idrossiclorochina orale e lopinavir/ritonavir), mentre un gruppo di controllo, costituito da 16 pazienti, ha ricevuto ricevuto ventilazione non invasiva e il solo trattamento standard.
A 21 giorni, 21 pazienti su 29 (il 72%) trattati con anakinra hanno manifestato riduzioni della proteina C-reattiva e progressivi miglioramenti della funzione respiratoria; cinque (il 17%) hanno richiesto la ventilazione meccanica e tre (il 10%) sono morti.

Nel gruppo di controllo solo 8 pazienti su 16 (il 50%) hanno mostrato un miglioramento respiratorio a 21 giorni; uno (il 6%) ha richiesto la ventilazione meccanica e sette (il 44%) sono morti.

Il tasso di sopravvivenza a 21 giorni è stato del 90% con anakinra contro il 56% senza (P = 0,009). La sopravvivenza libera da ventilazione meccanica è stata del 72% con anakinra contro il 50% senza (P = 0,15).

La batteriemia si è verificata in quattro pazienti (il 14%) in trattamento con anakinra e due (il 13%) in trattamento standard. L’interruzione di anakinra non ha provocato ricadute infiammatorie. Le cause di morte in entrambi i gruppi sono riconducibili a tromboembolia polmonare, insufficienza respiratoria e insufficienza multiorgano.

“La somministrazione di anakinra per via endovenosa ad alte dosi in questi pazienti, che sono stati gestiti al di fuori dalla terapia intensiva, ha attenuato l’infiammazione sistemica e si è associata a un progressivo miglioramento della funzione respiratoria. Questo ci ha permesso di rimandare o evitare l’intubazione nella maggior parte dei pazienti”, aggiunge Chiara Tassan Din, coautrice dello studio.

I ricercatori avvertono, tuttavia, che da questo piccolo studio retrospettivo non è possibile trarre conclusioni definitive. “Sono in corso studi clinici randomizzati di fase 2, che dovrebbero fornire risposte definitive”, conclude Cavalli.

Fonte: The Lancet Rheumatology

Megan Brooks

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

12 maggio 2020
© Riproduzione riservata

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