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Tumori. Il 25% dei pazienti è candidato alle terapie mirate. “Accesso più rapido a cure con una sola approvazione farmaco e test”


Saverio Cinieri, Presidente eletto Aiom: “È importante garantire anche in Italia la contemporanea disponibilità delle nuove molecole e delle analisi necessarie per individuare le alterazioni molecolari”. Passi avanti significativi nel trattamento dei tumori del polmone, ovaio e mammella. Paolo Ghia, Professore Oncologia Medica Università San Raffaele di Milano: “Nella leucemia linfatica cronica acalabrutinib ha evidenziato benefici ed elevata tollerabilità”.

15 OTT - Le caratteristiche molecolari del singolo tumore determinano il trattamento per ogni persona colpita dal cancro. È il cardine dell’oncologia di precisione. E si stima che circa il 25% dei pazienti possa ricevere una terapia mirata proprio grazie alle analisi genomiche che scoprono le alterazioni molecolari. Vi sono però alcune criticità da superare. Innanzitutto, l’approvazione del farmaco e del corrispondente test nel nostro Paese non sono contestuali, determinando spesso ritardi nell’accesso reale alle terapie innovative che richiedono l’esecuzione di queste analisi molecolari.
 
Dall’altro lato, i marcatori tumorali sono un esempio paradigmatico di esami diagnostici gravati da un alto rischio di inappropriatezza per eccesso. Sono infatti test poco invasivi, da qui l’utilizzo spesso improprio in persone sane con l’obiettivo di diagnosticare precocemente il cancro. L’appello viene dagli specialisti in un media tutorial oggi a Milano per presentare l’impegno di AstraZeneca in oncoematologia. L’azienda ha creato una piattaforma unica, AZFastNet, con l’obiettivo di rendere più agevole e diffuso l’accesso ai test di diagnosi molecolare e favorire un approccio multidisciplinare alla prevenzione e al trattamento dei tumori.
 
Nel 2020, nonostante l’impatto importante della pandemia Covid, AstraZeneca ha coinvolto nei suoi studi clinici 200 centri in 10 Regioni e anche, attraverso il sostegno alla ricerca indipendente, ha raggiunto oltre 20mila pazienti in più di 14 Regioni con l’attivazione di oltre 80 nuove sperimentazioni. L’azienda punta alla leadership nel trattamento di 4 aree terapeutiche: tumori del polmone, dell’ovaio, della mammella ed ematologici. Per fare questo utilizza 6 piattaforme di ricerca, una (Tumor Drivers and Resistance) dedicata proprio allo sviluppo di terapie che bloccano le mutazioni responsabili della crescita tumorale e i meccanismi di resistenza che permettono alle cellule tumorali di sfuggire alla terapia, con l’obiettivo di migliorare la sopravvivenza.
 
“I biomarcatori sono l’insieme delle caratteristiche genetico-molecolari dei tumori, necessarie per definire la terapia personalizzata – spiega Saverio Cinieri, Direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi e Presidente eletto Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) -. Le linee guida nazionali ed internazionali suggeriscono che, nei tumori per i quali sono disponibili farmaci a bersaglio molecolare, la determinazione dei biomarcatori debba essere eseguita contestualmente alla valutazione istologica della malattia, per fornire al clinico tutte le informazioni necessarie per la scelta della migliore terapia. A differenza di quanto accade negli Stati Uniti, dove l’ente regolatorio (Fda) approva contestualmente i farmaci a bersaglio molecolare ed i test necessari per identificare il biomarcatore corrispondente, l’agenzia regolatoria europea (Ema) è deputata alla sola approvazione dei farmaci. Sia a livello europeo che nazionale, l’approvazione farmaco/test per biomarcatore è disgiunta, creando una potenziale situazione paradossale in cui, alla disponibilità del farmaco, non corrisponde la contemporanea approvazione del biomarcatore, limitando di conseguenza l’accesso alle nuove terapie. È importante garantire anche in Italia la contemporanea disponibilità di farmaco e test per i pazienti oncologici; senza mai abbandonare il principio di appropriatezza”.
 
Nel tumore del polmone una delle principali mutazioni che permette l’utilizzo di terapie mirate è quella che riguarda il gene Egfr. Nel 2020, in Italia, sono stati stimati quasi 41mila nuovi casi della neoplasia che è ancora il big killer, responsabile di quasi il 19% delle morti oncologiche. “Trattare la malattia nei primi stadi significa migliorare le possibilità di sopravvivenza e in alcuni casi offrire l’opzione di guarigione – afferma Paola Morosini, Medical Affairs Head Oncology AstraZeneca -. Un approccio che si riflette all’interno del nostro portfolio: nel carcinoma polmonare abbiamo una terapia target anti Egfr in adiuvante (dopo l’intervento chirurgico radicale) nei pazienti non a piccole cellule in stadio precoce (IB-IIIA) che presentano mutazione specifica; ma anche l’immunoterapia, per pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio III non resecabile. Immunoterapia che ha dimostrato di essere efficace anche nel microcitoma, un tipo di tumore del polmone particolarmente aggressivo e caratterizzato da una rapida progressione. Trattamenti con cui oggi garantiamo una maggior speranza di vita ai pazienti”.
 
AstraZeneca punta alla leadership anche nel trattamento del tumore più frequente in tutta la popolazione, quello della mammella, con circa 55mila nuove diagnosi in Italia nel 2020. “Oggi l’87% delle donne colpite da questa neoplasia è vivo a 5 anni, un risultato molto importante ottenuto anche grazie alla ricerca, anche se, per alcuni sottogruppi, è presente ancora una forte necessità clinica – afferma Saverio Cinieri -. La mutazione dei geni Brca determina la scelta della terapia. Olaparib, capostipite della classe dei PARP inibitori, agisce inducendo un ulteriore danno al Dna che non può essere riparato a causa della mutazione per potenziare l’efficacia delle cure. È approvato in Italia nel trattamento di prima linea di mantenimento del carcinoma ovarico e nel trattamento del carcinoma mammario metastatico triplo negativo che presentano la mutazione genetica. Come nel tumore del polmone, anche in quello della mammella l’anticipazione della terapia consente di aumentare le possibilità di guarigione”. “Si stanno delineando armi innovative come trastuzumab deruxtecan, un nuovo anticorpo coniugato, cioè una molecola che nasce dall’unione di un anticorpo monoclonale (trastuzumab) con la chemioterapia (deruxtecan) – continua Cinieri -. Si tratta di una terapia a target molecolare molto potente, che è in grado di trasportare 8 molecole di chemioterapico per ogni anticorpo, agendo non solo sulla cellula tumorale che costituisce il bersaglio ma anche su quelle vicine. In uno studio presentato recentemente al Congresso Europeo di Oncologia Medica (Esmo), trastuzumab deruxtecan ha ridotto il rischio di progressione della malattia del 72% nel tumore metastatico HER2 positivo precedentemente trattato con un tasso di controllo di malattia del 97%, un beneficio mai riscontrato prima in questa popolazione di pazienti”.
 
L’altra area terapeutica in cui si concentrano gli investimenti di AstraZeneca è quella dei tumori ematologici, in particolare nella leucemia linfatica cronica. “Ogni anno questo tumore del sangue fa registrare in Italia circa 3.400 nuove diagnosi – afferma Paolo Ghia, Direttore Programma di Ricerca Strategica sulla Leucemia Linfatica Cronica all’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano e Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università Vita-Salute San Raffaele -. Ingrossamento dei linfonodi, anemia, piastrinopenia con febbre e sensazione di affaticamento sono manifestazioni della malattia. Uno dei maggiori ostacoli al trattamento di questi pazienti, che in genere ricevono la diagnosi dopo i 70 anni e spesso presentano una o più comorbidità, è trovare opzioni terapeutiche efficaci e tollerate per la gestione della malattia nel lungo termine, senza dover interrompere il percorso terapeutico. Acalabrutinib, inibitore di BTK, ha evidenziato un beneficio significativo in termini di efficacia e tollerabilità a lungo termine tanto nel trattamento in prima linea quanto nella malattia recidivante o refrattaria”.
 
“Il nostro ampio programma di sviluppo comprende oltre 25 studi clinici riguardanti monoterapie e terapie di combinazione su diverse forme di tumori ematologici delle cellule B – conclude Mirko Merletti, Vice Presidente Oncology AstraZeneca -. Più in generale la nostra pipeline di studi copre quasi tutte le principali tipologie di cancro, molte difficili da trattare. Il nostro impegno si articola sui tumori in 11 diversi organi, che includono il sangue. Siamo capofila a livello nazionale nella ricerca clinica per il cancro al polmone e all’ovaio, con rispettivamente 22 e 12 studi in corso. I nostri investimenti in ricerca clinica oncologica in Italia ammontano a circa 20 milioni di euro nel 2020. Grazie alla diagnostica siamo in grado di identificare i pazienti con più probabilità di beneficiare di un particolare trattamento. Abbiamo lavorato allo sviluppo di piattaforme diagnostiche di testing sul territorio nazionale come AZFastNet, oggi riferimento unico nel Paese per il Sistema Sanitario e la comunità scientifica nell’ambito della medicina di precisione in oncologia e dei dati genetici”.
 
Attraverso questa applicazione, i centri oncologici possono entrare in contatto con laboratori di diagnostica altamente qualificati per richiedere in modo semplice e diretto l’esecuzione dei test per la determinazione dello stato mutazionale dei geni BRCA1/BRCA2 (per il tumore della mammella e dell’ovaio) ed EGFR (per il tumore del polmone). 

15 ottobre 2021
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