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Il dibattito sulle Asl. La governance aziendale non è la causa di tutti i mali

di Enzo Chilelli

Costantino Troise aveva definito le Asl come "Organismi geneticamente modificati". Ma il nodo di fondo è che "per governare qualunque sistema occorre conoscerlo ed analizzarlo e noi misuriamo davvero poco, soprattutto la parte clinica"

01 LUG - Egregio dottor Troise, profitto dell'ospitalità di Quotidiano Sanità, per confermarle i miei più sinceri auguri per la prosecuzione di un lavoro nel suo insieme complesso e per condividere alcune riflessioni sul suo ultimo articolo sull'aziendalizzaione delle Asl. Per prima cosa mi permetto di ricordarle solamente un fatto: circa il 65% dei direttori generali di aziende sanitarie proviene dalla dirigenza medica e diversi sono i direttori succedutisi in questi venti anni di aziendalizzazione che sono passati attraverso la dirigenza Anaao. E ciò fa onore alla sua organizzazione.

Mi consenta, però, di difendere nuovamente l'operato della stragrande maggioranza di questi dirigenti che, ribadisco, rimettendoci parte della propria retribuzione e lavorando con responsabilità enormi (quasi sempre l'Azienda sanitaria o l'Ospedale sono la più grande azienda di una provincia) hanno scelto di dedicarsi con abnegazione al servizio della collettività cercando di attuare quell'ammodernamento delle aziende sanitarie pubbliche difficilissimo da affrontare in tempi di rapida evoluzione tecnologica ed in presenza del blocco degli investimenti derivante dal D.lgs. 118/2011.

Si è fatto riferimento all’influenza nelle nomine dei direttori generali della politica locale, ma né la norma attuale, né - da quello che si legge - quella in fieri prevedono una qualunque forma di ingerenza della politica né locale, né generale. E, in ogni caso, se ciò accade, non si vede come il problema possa essere superato, con un Albo nazionale. Oppure è forse per una sorta di “pregiudizio” che nasce l’idea della necessità di uniformare i criteri di inserimento nell’Albo dei potenziali direttori generali? O dalla volontà di limitare il (a norme vigenti, legittimo) potere dei governatori regionali di poter decidere, fra i soggetti in possesso di  profili professionali necessari, coloro che meglio si adattano ad una specifica realtà sanitaria?

Peraltro, il precedente ministro Balduzzi, ha introdotto l’obbligo che la Commissione per la selezione dei primari (direttori delle UO complesse), sia estratta da un elenco nazionale e ha previsto che la presidenza della commissione venga individuata con meccanismo interno elettivo (cosicché il direttore sanitario diviene un mero componente della Commissione) abolendo la cosiddetta terna di idonei e sostituendola con una graduatoria.

Insomma, oggi la Commissione “comunica” al direttore generale la graduatoria dalla quale è assai improbabile che questo possa discostarsi (pena il ricorso o, peggio, la possibile denuncia per abuso d’ufficio…). Inoltre, analizzando da vicino la nuova normativa sulle nomine dei responsabili di struttura complessa emerge come, anche in questo caso, la "meritocrazia" sia alquanto anestetizzata da regole e punteggi che premiano più l'anzianità di servizio che la genialità e la capacità professionale, e chissà se è davvero la direzione giusta per una governance migliore.
Quale può essere il risultato di questa visione? Quasi certamente il ritorno in auge le antiche lobbies dei professionisti, quelle che stabiliscono chi può partecipare e chi è bene/giusto che vinca. Altro che governo clinico! E tutto ciò alla faccia dell’autonomia imprenditoriale (ex DLgs 502/92) e della cosiddetta cultura aziendalistica che, a parole, anche il prof. Gianfrate sostiene di voler promuovere.

È certo che il Ssn abbia bisogno di essere messo in condizione di assolvere al meglio ai compiti sociali a cui deve rispondere e che tutte le parti in causa debbono concorrere offrendo il proprio contributo per raggiungere questo obiettivo ma non credo che sia solamente la governance aziendale ad essere la causa di tutti i mali.

Per governare qualunque sistema occorre conoscerlo ed analizzarlo (“Misurare per governare” recitava il Modello Toyota negli anni “70 ed “80, durante la crisi industriale dell'epoca) e noi misuriamo davvero poco, soprattutto la parte clinica, tanto che in tutti i convegni internazionali a cui partecipiamo anche i nostri scienziati portano sempre dati anglosassoni o americani.

Sarebbe auspicabile, nel terzo millennio, ragionare su qualità ed efficienza dei servizi erogati. Un esempio sono le reti di patologie "nazionali", nelle quali far confluire i "dati" di tutti i pazienti cronici, in modo da poter intervenire sui processi di cura e sulla presa in carico del singolo paziente. Ma nel nostro Ssn, in tutto il nostro Ssn, si continua a lasciare la misurazione in mano a singoli di buona volontà, senza sistematicità né obbligo.

Ecco, per una governance diversa, forse migliore, io partirei da qui per poi lavorare su un governo clinico che possa camminare su fondamenta solide.

Enzo Chilelli
Direttore generale di Federsanità Anci

01 luglio 2014
© Riproduzione riservata


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