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Il bostrico della burocrazia: Inail  

di Enzo Bozza
22 APR - Gentile Direttore,
guardare i miei boschi in Cadore mi mette angoscia e tristezza. Un minutissimo coleottero sta distruggendo abeti di grande bellezza. Abeti rossi che cadono come birilli, tronco grigio e rami secchi. Cambiamento climatico e incuria degli uomini. Si paga il conto. Passando di palo in frasca, arriviamo all’Istituto Inail: di questi giorni l’annoso dibattito su chi debba rilasciare il certificato di infortunio, una pratica che ogni medico cerca di evitare come la peste. Meglio infortunarsi che compilare un certificato di infortunio, trovarsi con una gamba rotta è meglio che affrontare il portale Inail. Nel dibattito tra medici e funzionari Inail, non è stato centrato il vero problema che non è quello inerente alla figura professionale che deve compilare il certificato, bensì, l’estrema complessità della certificazione Inail.

Per entrare nel dettaglio e capire, farò un esempio confrontando due certificati: quello di malattia INPS e quello INAIL, cronometro alla mano.

Arriva il paziente con malattia e mi chiede il certificato per assenza dal lavoro, dalla schermata del mio software Millewin, clicco la finestrella certificati INPS, l’anagrafica del paziente è già inserita in automatico, indico la durata della malattia e la diagnosi, un click su invio e il certificato arriva in tempo reale all’INPS, stampo la copia per il paziente, tempistica dell’operazione: un minuto.

Secondo esempio, la disgrazia, per me e il paziente: arriva nel mio ambulatorio per un infortunio subito al lavoro e mi chiede il certificato di infortunio. Sul mio software non ci sono i certificati INAIL per il mancato accordo tra Millewin e Inail, quindi, chiudo il programma, clicco Google e cerco il portale INAIL, devo autenticarmi, nonostante mi conoscano da 30 anni, accedo con SPID, apro la sezione certificati, dopo averla trovata con il lumicino, e inizia l’avventura del signor Bonaventura: devo compilare tre fogli: uno per il lavoratore, uno per il datore di lavoro e l’ultimo per l’INAIL. Devo inserire l’anagrafica del paziente e non capisco perché, visto che i dati salienti sono già in possesso dell’INAIL, la ditta per cui lavora, con tanto di indirizzo fiscale, e non capisco perché, visto che i dati sono già in possesso dell’INAIL e poi arrivano finalmente i dati di mia competenza: diagnosi e prognosi.

Ma non finisce qui, da buon Sherlock Holmes, devo indicare tutte le circostanze dell’incidente, e non capisco perché questa dovizia di particolari spetti a me e non all’incaricato INAIL che dovrebbe indagare sul caso. Finalmente, si arriva all’invio telematico del certificato e alla stampa delle tre copie. Tempistica dell’operazione: quaranta minuti.

Intanto nella mia sala d’attesa, in seguito a collutazione tra i pazienti in attesa, circa una trentina, posso contare un morto e tre feriti gravi.

Questa è l’unica motivazione per la quale i medici evitano come la peste il certificato INAIL e discutono ancora oggi su chi deve compilarlo, nessuno tra noi può perdere 40 minuti in ambulatorio per un certificato, figuriamoci in Pronto Soccorso... E la soluzione NON è quella delle precisazioni allo SMI sul primo e secondo certificato da parte dell’INAIL. Unica soluzione, che chiedo da anni, è la semplificazione VERA del certificato di infortunio, sul modello INPS e collegato ai software in uso per i medici, da Millewin, Perseo, Atlas, etc… Se la compilazione mi richiederà solo un minuto, potrò affrontarlo col sorriso sulle labbra e con me tutti i miei colleghi che non rimpalleranno più la competenza del certificato.

Nell’era dell’Intelligenza Artificiale, è ancora possibile impiegare 40 minuti per un certificato e autenticarsi con 30 passwords? Lo chiedo ai funzionari INAIL. Intanto, tra un certificato e l’altro, guardo i miei abeti rossi che cadono al suolo per la nostra innata idiozia, di cui la burocrazia è figlia.

Enzo Bozza
Medico di base per i Comuni di Vodo e Borca di Cadore (BL)

22 aprile 2024
© Riproduzione riservata

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