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Infortuni sul lavoro. Pavarin (Uil Fpl Rovigo): “Quello da covid non sempre riconosciuto agli operatori sanitari”

La questione sollevata da alcuni casi di dipendenti di strutture socio sanitarie che hanno contratto il virus ma sono stati considerati dal medico di medicina generale come affetti da una comune malattia e, di conseguenza, esclusi dai benefici previsti in caso di infortunio sul lavoro. Ma per il segretario Uil Fpl, Cristiano Maria Pavarin, “la circolare Inail toglie ogni dubbio di interpretazione, del resto il fattore del rischio per chi lavora in ambiente socio-sanitario è oggettivamente evidente”. LA CIRCOLARE

di Endrius Salvalaggio
07 GEN - Una recente circolare Inail spiega che “in base alle istruzioni per la trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, la tutela assicurativa si estende anche alle ipotesi in cui l'identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica. Ne consegue che, ove l'episodio che ha determinato il contagio non sia percepito o non possa essere provato dal lavoratore, si può comunque presumere che lo stesso si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni e di ogni altro indizio che in tal senso deponga”. E questo dovrebbe fugare ogni dubbio e risolvere così le problematiche ad oggi riscontrate da alcuni operatori sanitari che non si sono visti riconoscere la condizione di infortunio sul lavoro, dopo aver contratto il covid 19, ma solo di malattia.

“Solo nella seconda ondata, i casi positivi nell’ospedale di Rovigo ha riguardato all’incirca una cinquantina di lavoratori e circa un centinaio nelle Rsa. C’è stato più di un caso in cui alcuni dipendenti di strutture socio sanitarie, dopo aver contratto il Covid – 19 nello svolgimento delle proprie mansioni proprio – spiega il Segretario generale Uil Fpl di Rovigo, Cristiano Maria Pavarin -  sono stati considerati dal medico di medicina generale come affetti da una comune malattia. A seguito di un nostro intervento, a questi lavoratori gli è stata riconosciuta la giusta condizione di infortunio, Inail e non Inps. Tale differenza fra essere assenti per malattia anziché per infortunio, oltre ad essere legata al nesso della mansione svolta, ha anche un risvolto economico in ragione del rischio correlato al lavoro. Infatti il lavoratore in infortunio non subisce tagli di retribuzione nella parte accessoria come l’indennità e produttività. Invitiamo, quindi, tutti a fare la propria parte in un momento già estremamente grave per lavoratori che altrimenti rischiano, oltre al danno, pure la beffa”.

Sulla faccenda è intervenuto il Presidente OMCeO di Rovigo, Francesco Noce, affermando che “possono esservi state alcune difficoltà interpretative da parte di alcuni medici  dovute alla confusione delle norme, non sempre chiare, sulle certificazioni INPS e INAIL, ma queste sono state prontamente corrette”. Oltre a quanto accaduto lo stesso Ordine dei Medici di Rovigo puntualizza che, se un lavoratore risultasse positivo al molecolare Covid-19 in un contesto in cui non esistono altre positività, appare discutibile che lo stesso possa essere stato contagiato in ambiente lavorativo e che quindi, non essendoci la prova del contagio dell’infezione in ambiente di lavoro, non sussisterebbero i presupposti per l’infortunio.

Di tutt’altro avviso è il segretario Uil Fpl: “La circolare attraverso il quale Inail nazionale da indicazione ai territori, toglie ogni dubbio di interpretazione, del resto il fattore del rischio per chi lavora in ambiente socio-sanitario è oggettivamente evidente. Ad ogni buon conto, nel rispetto delle proprie funzioni istituzionali, ognuno si assume le proprie responsività e quando la guerra al Covid sarà terminata, ci sarà tutto il tempo per le opportune valutazioni”.

Endrius Salvalaggio

07 gennaio 2021
© Riproduzione riservata

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