L’indennità di continuità assistenziale erogata in via aggiuntiva non è danno erariale
di Fernanda Fraioli
Particolare di non poco momento secondo i giudici di appello che la vicenda oggetto di controversia non è limitata all’ambito regionale che ha dato luogo al contenzioso (Lombardia), poiché anche altrove sono stati stipulati accordi integrativi regionali finalizzati ad incrementare la retribuzione oraria spettante ai medici di continuità assistenziale.
03 FEB -
Lo avevano affermato in primo grado, ora i giudici della Corte dei conti lo hanno confermato in appello con una recentissima sentenza. Non costituisce danno erariale l’Indennità di Continuità Assistenziale in favore dei medici operanti nei presidi regionali, erogata in via aggiuntiva rispetto ai compensi, da considerarsi onnicomprensivi, previsti dalla disciplina nazionale.
Il contenzioso era stato azionato a causa dell’illegittimità di cui erano stati ritenuti affetti gli Accordi Regionali Integrativi che avevano disciplinato l’ICA con oneri aggiuntivi a carico del bilancio regionale, e le relative delibere di Giunta, di approvazione dei suddetti accordi.
A parere degli inquirenti, infatti, la disciplina del rapporto di lavoro dei medici di medicina generale in regime di convenzione è affidata alla negoziazione collettiva, con chiaro riferimento a quanto previsto dal d.l.vo 30 marzo 2001, n. 165, incluso l’art. 40, secondo cui la Contrattazione Collettiva Integrativa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai CCN, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi prevedono, con la conseguente nullità e inapplicabilità di clausole dei Contratti Collettivi Integrativi difformi dalle previsioni del livello nazionale.
Tanto premesso allora, l’ACN del 2005 con effetti retroattivi al 1 gennaio 2004, era stato ritenuto che stabilisse il compenso da intendersi come omnicomprensivo, salva la possibilità, rimessa alla valutazione delle Regioni, di corrispondere ulteriori compensi, purché connessi a prestazioni e/o attività aggiuntive che potevano essere identificate solo nelle attività espressamente previste.
In buona sostanza, essendo stabilito che il medico di continuità assistenziale partecipi alle attività previste dagli Accordi Regionali e Aziendali, quote variabili aggiuntive di compenso potevano essere previste unicamente per queste attività, primariamente orientate, come sono, a promuovere la piena integrazione tra i diversi professionisti della Medicina generale (art. 67, c. 17, ACN), analogamente agli altri medici di medicina generale che ad esse partecipano.
Sempre ad avviso degli inquirenti, l’art. 59 dell’ACN disciplina il trattamento economico spettante ai medici c.d. di base, prevedendo che i compensi aggiuntivi siano parametrati ai servizi resi in base al tipo ed ai volumi di prestazioni (art. 59, c. 1, lett. c, punto C, ACN).
Quindi le quote variabili aggiuntive, previste dallo stesso Accordo collettivo, costituiscono la possibile remunerazione delle sole attività attribuite al medico in aggiunta a quelle istituzionali, e comunque sempre in base al tipo ed ai volumi delle prestazioni, dunque non in modo indifferenziato (c.d. “a pioggia”).
E ancora, sul carattere di onnicomprensività del trattamento retributivo non avrebbe inciso il nuovo Accordo Collettivo Nazionale sottoscritto il 29 luglio 2009, che ha modificato l’importo del compenso professionale, in quanto l'art. 23 dell'ACN 29 luglio 2009 (di modifica all'articolo 72, comma 1, dell'ACN del 23 marzo 2005) pur avendo eliminato il riferimento ai “compensi lordi omnicomprensivi per ogni ora di attività svolta”, tuttavia la nuova formulazione dell'art. 72 conterrebbe pur sempre il riferimento alla rideterminazione dell'onorario professionale, prevedendo che “[a] far data dal l gennaio 2008 l'onorario professionale di cui all'art. 72, comma 1 dell'ACN 23 marzo 2005 è rideterminato in euro 22,03 per ogni ora di attività svolta [...]”, e tale riferimento dovrebbe comunque intendersi quale trattamento onnicomprensivo.
Per questo motivo, l’Accordo Integrativo Regionale – approvato con Delibera di Giunta Regionale che ha esteso ai soggetti non residenti il servizio gratuito di continuità assistenziale (c.d. guardia medica) e previsto, per i medici di continuità assistenziale, un compenso aggiuntivo di 1 euro l’ora – presenterebbe secondo l’accusa, profili di illegittimità.
In estrema sintesi, la corresponsione di compensi ulteriori, da stabilirsi in sede regionale, solo in relazione a prestazioni aggiuntive rispetto a quelle istituzionali (artt. 8, 67, 72 ACN citato), determinerebbe ben due conseguenze:
1) l’illegittimità dell’A.I.R. approvato con Delibera di Giunta Regionale, nonché dei successivi A.I.R. approvati con Delibera di Giunta Regionale confermativi del precedente accordo, i quali avrebbero previsto un aumento “a pioggia” di 1 euro l’ora, in favore dei medici di continuità assistenziale, non correlato a prestazioni effettivamente rese;
2) la responsabilità amministrativa dei Dirigenti delle ASST e della Regione, nonché degli Assessori regionali alla Sanità, che hanno partecipato alla stipulazione degli accordi illegittimi e all’approvazione degli stessi con delibera di Giunta regionale, in relazione alle maggiori spese gravanti sul bilancio regionale negli anni di riferimento.
Fin qui, la posizione degli inquirenti non affatto sposata dai giudici i quali si sono determinati in modo diametralmente opposto avendo ritenuto che l’art. 23 ACN 29 luglio 2009 ha modificato l’art. 72, comma 1, ACN del 23 marzo 2005, eliminando il precedente riferimento ai “compensi lordi omnicomprensivi per ogni ora di attività svolta”, limitandosi a richiamare e a rimodulare l’”onorario professionale” di cui all’art. 72 comma 1 ACN 23 marzo 2005, incrementandolo con decorrenza dal 1 gennaio 2008.
E il successivo ACN 10 marzo 2010, sotto questo particolare profilo, non ha apportato alcuna innovazione.
Il mancato richiamo alla onnicomprensività del compenso ha determinato in modo opposto i giudici (quantomeno con riferimento alle annualità a partire dal 2008), i quali hanno ritenuto che, ad ogni buon conto, l’incremento retributivo di 1 euro l’ora conferito ai medici di continuità assistenziale non appare scollegato da prestazioni aggiuntive ad essi richieste, considerato l’inevitabile aggravio di lavoro connesso con la necessità di assicurare il servizio gratuitamente a residenti e non residenti (accollandosi dunque una parte dei pazienti che presumibilmente, in precedenza, avrebbero utilizzato per le emergenze il servizio di Pronto Soccorso), secondo la scelta di politica sanitaria operata dalla Regione.
Tale scelta, indiscutibilmente discrezionale, è insindacabile nel merito, ai sensi dell’art. 1 co. 1 L. n. 20/1994 che reca Disposizioni in materia di Corte dei conti.
Ora, in disparte tecnicismi sottilmente operati che andrebbero a dimostrare l’antieconomicità dell’aumento orario di 1 euro, peraltro non riconosciuti dai giudici, a rilevare è anche la mancanza dell’elemento soggettivo dell’illecito contestato.
Con riferimento ai primi, i giudici hanno obiettato che il pagamento “a prestazione” evocato dalla Procura come foriero di notevoli risparmi, infatti, non andrebbe applicato soltanto al residente fuori Regione ma, ex artt. 67 c. 1 e 57 c. 3 ACN 2005, anche ai cittadini sempre della Regione che si rivolgessero al medico di ambito territoriale diverso rispetto a quello di propria residenza.
E ciò sarebbe valido anche all’interno della medesima circoscrizione e anche all’interno dello stesso Comune, essendo il territorio ripartito in più “ambiti”.
Con riferimento, invece, all’eventuale colpa grave, hanno statuito come sia assai dubbio che si possa parlare di contrasto degli AIR citati con l’ACN di riferimento, sia per quanto riguarda l’ACN 23 marzo 2005, sia per gli ACN successivi, vista l’espunzione da questi ultimi del riferimento all’”onnicomprensività” del compenso dovuto ai medici di continuità assistenziale.
Ma, a tutto voler concedere alle tesi degli inquirenti che comunque sono state ritenute carenti di prova del danno erariale, hanno, altresì, ritenuto i giudici, che alcun profilo di colpa grave potrebbe mai rivenirsi in capo agli amministratori pubblici, per la sottoscrizione degli accordi regionali unitamente ai rappresentanti delle OO.SS., e per la proposizione delle delibere di Giunta regionale approvative degli stessi, a causa delle incertezze generate dalla scarsa chiarezza della normativa.
Particolare di non poco momento secondo i giudici di appello che la vicenda oggetto di controversia non è limitata all’ambito regionale che ha dato luogo al contenzioso (Lombardia), poiché anche altrove sono stati stipulati accordi integrativi regionali finalizzati ad incrementare la retribuzione oraria spettante ai medici di continuità assistenziale.
In alcune Regioni, addirittura, l’Amministrazione ha, in via precauzionale, sospeso l’erogazione dell’indennità aggiuntiva procedendo ad azioni di recupero dopo avere preso atto che la validità di tali accordi era stata messa in discussione.
Ciò ha determinato un significativo contenzioso davanti al Giudice Ordinario, atteso che i medici di continuità assistenziale hanno reagito giudizialmente nei confronti dei provvedimenti dell’Amministrazione, dando, così, vita a pronunce di segno opposto.
Ad es., il Tribunale Potenza e quello di Benevento hanno ritenuto legittimo, sul punto, l’Accordo Integrativo Regionale, mentre a diversa soluzione è pervenuta la Corte di Appello dell’Aquila.
La Corte dei conti della Basilicata, poi, in una fattispecie sovrapponibile a quella di cui si sta parlando, ha ritenuto compatibile con l’ACN 23 marzo 2005 l’Accordo Integrativo Regionale per la Medicina Generale sottoscritto in data 20 febbraio 2008 dai “rappresentanti della Regione Basilicata e delle OO.SS. maggiormente rappresentative”, nella parte in cui ha concesso ai medici di continuità assistenziale un aumento di 4 euro l’ora quale indennità per i rischi derivanti dal servizio svolto, oltre ad 0,50 euro per usura macchina e 0,50 euro per l’assistenza resa alla popolazione in età pediatrica, seppure sulla base di un percorso argomentativo differente da quello fin qui esposto.
Fernanda Fraioli
Presidente di Sezione della Corte dei Conti
Procuratore regionale per il Piemonte
03 febbraio 2025
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