L’Italia resta indietro nelle retribuzioni: tra i Paesi Ocse infermieri in fondo alla classifica, i medici poco sopra la media ma il gap con i principali stati del Nord Europa è ancora elevato

L’Italia resta indietro nelle retribuzioni: tra i Paesi Ocse infermieri in fondo alla classifica, i medici poco sopra la media ma il gap con i principali stati del Nord Europa è ancora elevato

L’Italia resta indietro nelle retribuzioni: tra i Paesi Ocse infermieri in fondo alla classifica, i medici poco sopra la media ma il gap con i principali stati del Nord Europa è ancora elevato
I dati OCSE confermano che l’Italia continua a pagare meno, sia i medici specialisti sia gli infermieri, rispetto alla gran parte dei Paesi avanzati. I dottori italiani si attestano a 142 mila dollari a parità di poter d’acquisto (PPP), appena sopra la media ma distanti anni luce da Irlanda, Paesi Bassi e Germania. Per gli infermieri la situazione è ancora più preoccupante: 48 mila dollari, contro una media OCSE di 61 mila, con l’Italia in coda all’Europa occidentale.

Medici specialisti pagati meno dei colleghi del Nord Europa e infermieri tra i meno retribuiti di tutto l’Occidente avanzato: il nuovo quadro OCSE presente nel rapporto Health at a Glance 2025 sulle remunerazioni sanitarie fotografa con chiarezza un’Italia che fatica a restare competitiva sul terreno degli stipendi. Mentre altri Paesi europei ed extraeuropei investono per trattenere e attrarre professionisti, l’Italia arranca tra salari stagnanti, differenziali crescenti e una mobilità in uscita che indebolisce ulteriormente la capacità del Servizio sanitario nazionale di garantire qualità e continuità assistenziale.

Medici specialisti: Italia leggermente sopra la media, ma la distanza dai Paesi leader è enorme

Secondo la comparazione OCSE, i medici specialisti italiani guadagnano in media 142 mila USD PPP, un valore superiore alla media OCSE (133 mila USD PPP) ma ben lontano dai Paesi dove le retribuzioni sono più elevate.

I Paesi in testa

Irlanda: 256 mila

Paesi Bassi: 228 mila

Germania: 207 mila

Corea: 195 mila

Belgio: 170 mila

Danimarca: 163 mila

Regno Unito: 162 mila

L’Italia si colloca quindi in una fascia medio-alta, ma il gap con i leader europei è di 60-100 mila dollari l’anno.

I Paesi con retribuzioni inferiori o comparabili

Spagna: 133 mila

Francia: 115 mila

Slovenia / Polonia: tra 106 e 108 mila

Portogallo: 85 mila

Grecia: 75 mila

Bulgaria: 55 mila

Il posizionamento italiano resta quindi “di mezzo”: meglio del Sud Europa e dell’Est, ma troppo poco per evitare la concorrenza di sistemi molto più generosi.

Un problema strutturale: competitività salariale e scelta delle specialità

Il divario retributivo influisce direttamente sulle scelte dei giovani medici: i Paesi ad alta remunerazione attraggono specialisti da tutto il mondo, mentre quelli con retribuzioni più basse – come l’Italia – rischiano di perdere personale formato con risorse pubbliche.
Il fenomeno è particolarmente evidente nelle specialità più carenti in Italia: anestesia, pronto soccorso, radiologia e medicina interna.

Infermieristica: l’Italia tra le ultime in Europa occidentale

Se per i medici il posizionamento italiano è intermedio, per gli infermieri la situazione appare decisamente più critica.

Gli infermieri italiani guadagnano in media 48 mila USD PPP, contro una media OCSE di 61 mila.
Un divario di 13 mila dollari che diventa molto più ampio se confrontato con i Paesi ad alta retribuzione.

I Paesi guida OCSE

Lussemburgo: 123 mila

Stati Uniti: 97 mila

Australia: 84 mila

Paesi Bassi: 82 mila

Paesi nordici (Danimarca, Norvegia, Islanda): tra 72 e 77 mila

Qui le retribuzioni sono tra il 40% e il 100% più alte rispetto all’Italia.

I partner europei

Germania: 73 mila

Spagna: 73 mila

Francia: 48 mila (simile all’Italia, ma con trend di crescita più rapido)

I Paesi dell’Est

Ungheria: 40 mila

Grecia: 39 mila

Bulgaria: 37 mila

L’Italia è quindi al limite inferiore dei Paesi dell’Europa occidentale e più vicina – per livelli salariali – al blocco dell’Est che alle economie di riferimento dell’Unione Europea.

Gli effetti sul SSN: carenze, mobilità, difficoltà di reclutamento

La differenza retributiva non è solo un numero: è un fattore diretto della crisi di personale che il SSN sta vivendo. Un numero crescente di medici e infermieri italiani migra verso Germania, Svizzera, Regno Unito, Paesi nordici, Francia dove stipendi e condizioni lavorative risultano più favorevoli. Inoltre, secondo le stime delle associazioni infermieristiche mancano circa 70 mila infermieri, mentre le carenze di specialisti colpiscono soprattutto i reparti di emergenza-urgenza e le specialità ad alta complessità.

Il sotto-finanziamento della forza lavoro sanitaria compromette la capacità di: garantire turni adeguati, mantenere gli standard di qualità, coprire la crescente domanda legata all’invecchiamento della popolazione. Un quadro che rischia di diventare insostenibile senza interventi strutturali.

La fotografia OCSE è chiara: i medici italiani sono pagati in modo moderatamente competitivo, ma comunque lontano dai Paesi guida e gli infermieri italiani sono tra i meno retribuiti dell’Europa occidentale e sotto la media OCSE.

Se il SSN vuole restare attrattivo – e soprattutto funzionale – deve intervenire su entrambi i fronti con: politiche salariali mirate, percorsi di carriera più chiari, valorizzazione delle competenze e investimenti sulla forza lavoro.

L’alternativa è un progressivo indebolimento del sistema, già oggi sostenuto dalla professionalità di operatori spesso mal retribuiti rispetto al contesto internazionale.

L.F.

14 Novembre 2025

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