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Parlare “digitale”. In sanità c’è ancora molta strada da fare

di Walter De Caro

12 LUG -

Gentile Direttore,
sono a riferirmi ai grandi dibattiti e alle enormi opportunità offerte dalla digitalizzazione, nel settore sanitario e sociale, di cui anche alla meritoria pubblicazione di Agenas che mostra le tante e diversificate attività da mettere in campo nell’area territoriale.

In linea generale, appare sempre più evidente una corsa a strumenti molto sofisticati di analisi e gestione remota, in taluni casi, privi della “maturità” e delle prove di efficacia necessarie per l’impiego ad ampio spettro e, al contempo, una scarsa attenzione a quello di cui questi tools hanno bisogno per “vivere” e rendere al massimo del loro potenziale: i dati sanitari.

Infatti, non si può ragionare compiutamente e sfruttare il potenziale della medicina predittiva e di intelligenza artificiale, senza avere sistemi terminologici standardizzati, avendo ancora in piedi sistemi cartacei/analogici, presenza di documenti in formato immagine/pdf legati alla precedente generazione di archiviazione dei dati, che comportano tutta una serie di rallentamenti delle analisi.

Questo è tanto più evidente nel settore infermieristico in cui la digitalizzazione della documentazione è tutta in divenire, con esperienze di eccellenza in talune Aziende, ma meno brillante in moltissime altre.

Ad esempio, non si può continuare ad utilizzare/aggiornare cartelle/record elettronici progettate nel passato e pensate in modo analogico, che prevedono macchinose procedure di inserimento dati replicate da modelli cartacei, costruite su base non strutturata, senza usare terminologie standardizzate validate livello internazionale, con difficoltà di interoperabilità, non in grado di funzionare al meglio in formato touch, poco user-friendly con dispositivi mobili e multipiattaforma. A livello locale, purtroppo, per aspetti di parcellizzazione ancora in atto, tutto questo sta ancora accadendo.

Proprio l’assenza di una direzione stabile nella scelta di un nomenclatore terminologico di riferimento, porta ad evidenziare l’eterogeneità di dati presenti nella documentazione infermieristica, che vede il fiorire di soluzioni molto fantasiose  e diversificate anche a livello della singola azienda, con troppa variabilità rispetto ai formati di assessment, passaggio di consegne e di quanto propriamente presente nelle terminologie infermieristiche standardizzate: diagnosi, interventi ed outcomes.

Questa carenza, tra l’altro, ha impedito di avere comparazioni adeguate delle attività infermieristiche  e sanitarie nel complesso, in ambito regionale, nazionale e sovranazionale.

Nel merito, l’UE, attraverso la European Health and Digital Executive Agency,  ha previsto, per risolvere proprio le criticità delle terminologie sanitarie, la previsione, per tutti gli Stati membri, di un finanziamento del 60% per l’adesione di SNOMED International fino al 2027, il nomenclatore di riferimento a livello globale. Tra i 42 Paesi che hanno già aderito ci sono Germania, Belgio, Francia, Spagna, Norvegia, UK e tanti altri paesi europei.  Il Ministero della Salute italiano, al momento, da quanto noto, sembra (mi auguro di essere smentito) non aver ancora aderito, rimandando e spostando l’eventuale adesione anche al livello regionale.

Questa decisione non appare sicuramente in linea con la necessità di un ampio coordinamento nazionale e con le indicazioni volte alla trasferibilità e alla migliore interoperabilità delle informazioni sanitarie tra i diversi Paesi.

SNOMED CT  (Systematized Nomenclature of Medicine - Clinical terminology) con oltre 350.000 termini, è la  terminologia sanitaria standardizzata più completa ed utilizzata a livello internazionale. Rappresenta un importante prerequisito per l’uso e lo scambio affidabile di dati sanitari provenienti da varie fonti e consentire le attività cliniche e di ricerca. Valida per tutte le professioni e le aree, comprende tutti i diversi aspetti della clinica, come segni e sintomi, diagnosi mediche, farmaci e migliaia di interventi, procedure chirurgiche, terapeutiche e diagnostiche riconosciuti e validati a livello internazionale, oltre ad una specifica area per l’assistenza infermieristica.

La componente terminologica infermieristica di SNOMED ha previsto l’integrazione dell’ICNP (International Classification of Nursing Practice) di ICN, con specifiche diagnosi, interventi e outcomes. La CNAI, con l’Università di Milano Bicocca, cura attraverso il  Centro di ricerca e sviluppo dedicato, la traduzione in italiano e la relativa implementazione fin dal 2014.

Vale bene notare anche un altro e cruciale aspetto: quello della rendicontazione economica delle prestazioni sanitarie. L’ultima grande riforma per il “pagamento” delle prestazioni sanitarie, anche dal punto di vista terminologico, con l’adozione dei DRG legati alla terminologia medica ICD-9 (siamo ora a ICD-11), segue quanto previsto negli anni 90 con la riforma del SSN.

Da allora, pur con alcuni passi di innovazione, i.e. prospettati come il sistema IT-DRG, si è ancora in divenire. Appare indispensabile un urgente “ripensamento” di carattere generale, utilizzando anche l’esperienza maturata in ambito nazionale ed internazionale con SNOMED-CT, che potrebbe essere utilizzato per “nutrire” di informazioni il modello di rendicontazione scelto, come avviene in altri Paesi, anche con il contributo di Centri e Associazioni professionali.

Questo è valido ancora più per la professione infermieristica: gli infermieri che avranno un ruolo cruciale sul territorio hanno necessità di poter utilizzare la terminologia riconosciuta e adottata come standard a livello internazionale, l’ICNP, anche per quanto attiene alla rendicontazione professionale ed economica dell’assistenza infermieristica. Ed al momento tutto ciò manca.

In conclusione, congiuntamente all’impegno per le più moderne applicazioni (predizione, machine learning, tecnologie adattive, monitoraggio, teleassistenza), è il caso per le Istituzioni di concentrarsi sui framework coordinati di base, sulla standardizzazione, a livello nazionale, dei dati dei pazienti e sui dati, sulle scale, sulle metriche che appaiono talvolta sfuggire all’attuale sistema. E’ necessario anche un grande investimento strategico nella presenza e nella formazione di infermieri e di infermieri con capacità e competenze nell’analisi dei dati e nella digitalizzazione.

Soprattutto, è il caso di “parlare digitale” davvero, non con la mente piena di idee “analogiche” che portano ad appesantire il lavoro dei professionisti sanitari, invece che facilitarlo.

Se non ora, quando?

Walter De Caro

Presidente Nazionale CNAI - Consociazione Nazionale Associazioni Infermiere/i



12 luglio 2022
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