Commissione D’Ippolito, come nasce un buco nell’acqua
di Ivan Cavicchi
20 GEN -
Gentile Direttore,
ho letto la relazione della commissione D’Ippolito, istituita dal ministro Nordio al fine di intervenire sui difficili rapporti tra operatori sanitari e cittadini. Come forse si ricorderà, più o meno un anno fa, pubblicai un istant book[1] proprio sulla commissione al quale seguì su questo giornale [2], una interessante discussione (Pizza, Agnetti, Scorretti, Agneni ed altri).
Fu, il mio, un tentativo, certamente inusuale, di giocare di contropiede cioè di dialogare e interagire con la commissione, fin dall’inizio cioè, senza aspettare che concludesse i suoi lavori, al solo scopo di darle semplicemente una mano ad affrontare la famosa “questione medica”[3].Ma, solo ora, mi rendo conto che il mio gesto, è stato clamorosamente ingenuo. La commissione è nata su un copione che doveva rispettare e che non ammetteva variazioni. Si dice che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. La commissione d’Ippolito ne è la prova.
Come nasce un buco nell’acqua?Le sue proposte, rispetto ai problemi sul tappeto, per me sono semplicemente inadeguate e, considerando le premesse, perfino scontate. Siccome del maiale, come si usa dire dalle mie parti, non si butta via niente, vorrei invece approfittare dell’occasione per capire meglio come fa una commissione che avrebbe dovuto essere “esperta” a non essere tale. Cioè vorrei capire come si arriva a fare un “buco nell’acqua”. Quale la sua dinamica? Per capire, sono partito da una premessa, secondo me obbligatoria, che è quella che, rispetto agli interessi dei medici degli operatori, considera il diritto fondamentale dei cittadini, previsto in Costituzione, come vincolante e prioritario. Cioè vorrei ricordare a tutti la così’ detta “natura strumentale” della medicina tutta. La medicina serve i diritti costituzionali non il contrario perché il contrario sarebbe una negazione dei diritti. .
Sono i medici che si dovrebbero adeguare ai cittadiniPersonalmente ritengo che dovrebbero essere i medici, esattamente come si è fatto all’ordine di Trento nel 2018[4] a fare lo sforzo per adeguarsi alle nuove esigenze dei cittadini, non il contrario. I cittadini non hanno un codice deontologico i medici si. Toccherebbe agli ordini e alle università alle società scientifiche ai sindacati adeguare i medici ai nuovi cittadini. I malati non solo non hanno codici deontologici ma, per fare i malati, non vanno all’università. Per i medici è diverso essi hanno dei codici e vanno all’università per cui è possibile ripensarli , se necessario, al fine di rispettare i diritti dei cittadini. La commissione, al contrario, secondo me ha ragionato con un’altra ottica, che non condivido, subordinando di fatto i diritti dei malati agli interessi dei medici. Questo per me è visibilmente una violazione dei principi costituzionali.
“Da errata tantum errata”La relazione della commissione, nel suo complesso, è l’esatta espressione di un noto detto latino “da errata tantum errata” ( da errori solo errori)
Le cose più o meno sono andate così:
· la politica mette in piedi una commissione su un problema reale, il crescente conflitto tra cittadini e operatori, ma che ha formulato fin all’inizio in modo sbagliato cioè in modo intuitivo
· la commissione nonostante il suo expertise non corregge l’errore di impostazione della politica ma decide pedestremente di assecondarla in modo servile.
Cioè la commissione si comporta, intellettualmente, come una trivial machine, inconsapevole dei danni che, proprio il suo comportamento burocratico, può arrecare alla politica. Per esempio portarla fuori strada. Cioè si comporta come se non fosse esperta.
Una occasione sprecata
Personalmente non accetto che la commissione nasconda la sua ignoranza dietro l’alibi del mandato ricevuto. Se il mandato è sbagliato o dopo una consultazione risulta sbagliato, tocca all’esperto, se è esperto, informare la politica. Poi la politica deciderà. La mia tesi generale è che la commissione, comportandosi come una trivial machine, abbia davvero sprecato una occasione importante di riforma facendo al suo committente un pessimo servizio.
Mi sento di predire che le proposte della commissione, se accolte dalla politica, e trasformate in norme , non solo rispetto al conflitto in corso tra medici e cittadini, saranno ininfluenti ma che a causa delle grandi complessità in gioco probabilmente riusciranno a peggiorare la situazione già pesante che esiste.
Ma di quale equilibrio si parla?L’equivoco grossolano, però inizia, con un input sbagliato della politica e che ho deciso di chiamare “equivoco ponderale”. Cioè una questione di pesi da distribuire. La politica chiede alla commissione di trovare un “equilibrio” tra gli interessi. Come se i diversi soggetti in campo cioè i medici e i cittadini fossero equiparabili per mezzo dei loro interessi rispetto ai quali distribuire meglio i pesi, quindi ponderandoli meglio.
Come se fare i medici e i malati fosse la stessa cosa. In realtà la questione è più complessa di ciò che sembra. Per prima cosa non ci sono solo interessi ma ci sono “interessi e diritti” eppoi ci sono anche i “diritti e doveri” che non sono riducibili a interessi. La loro natura ontologica e quindi giuridica è diversissima. Scadere nell’equivoco ponderale, per una commissione fatta prevalentemente da giuristi, è davvero un bello svarione.
La natura complessa della relazione asimmetrica“L’equilibrio” di cui parla la politica, sia chiaro, si potrebbe trovare ma non trattando, come ha fatto la commissione, gli oneri giuridici “tanto al chilo” ( un po' meno ai medici e un po più ai cittadini) ma al contrario differenziando le loro modalità in rapporto a ruoli diversi posti in una relazione con una natura fortemente asimmetrica. Natura della relazione che la commissione sembra ignorare del tutto. Non si tratta di distribuire meglio i pesi ma di rimodulare il rapporto tra diritti e doveri degli uni e degli altri.
Diritti dovere e autonomieI medici e i cittadini, si dovrebbero definire, come due insiemi di valori asimmetrici reciproci e complementari. Cioè come due insieme di valori dominanti ma inversi. Nel senso che se aumentano i diritti come nel caso dei cittadini dovrebbero aumentare a parte i loro doveri ma anche il grado di autonomia dei medici. Non regge aumentare i diritti dei cittadini e ridurre in mille modi le autonomie garantite ai medici. Ma questa idea di definire una nuova dialettica tra diritti/doveri/autonomia alla commissione non è venuta proprio in mente. Essa ha pensato di poter risolvere la questione mettendo delle multe sui malati cioè di colpire i loro interessi, perché, per essa, esistono solo interessi. Il che è giuridicamente, scusate la sincerità, una grande fregnaccia.
Comportamenti professionali esigibiliL’altro equivoco grossolano è la questione dei “comportamenti professionali esigibili” che rispetto alla commissione rivela tutta la sua imbarazzante arretratezza culturale.
Una volta in medicina si potevano esigere a priori dei comportamenti per mezzo della sola evidenza scientifica, oggi è molto più complesso, cioè oggi le evidenze debbono essere interpretate “pragmaticamente” nella relazione. Oggi come ho dimostrato in diverse pubblicazioni, il decidere l’esigibile nelle relazioni e nei contesti dati, è diventata una questione complessa[5].
Anzi, secondo me, gran parte del contenzioso legale nasce ancora oggi dalla incapacità dei medici prima di tutto di avere delle relazioni, poi di costruire, attraverso di esse, delle consensualità e delle responsabilità estese. La commissione parla di “comportamenti esigibili” ma ignora che, oggi, la medicina è una “scienza impareggiabile”[6] la quale per aver deciso di passare dalla malattia al malato, non può che basarsi sulle relazioni. Ma per la commissione non ci sono relazioni. Per la commissione i malati sono solo malattie per cui le relazioni non servono.
L’equivoco grave della legge 24Infine l’ultimo equivoco grave, da segnalare, riguarda la legge 24 del 2017 sulla responsabilità dei medici. Nella relazione, c’è scritto, che bisogna sgombrare il campo della normativa dagli “equivoci”, ma il primo equivoco, che la commissione avrebbe dovuto chiarire al suo committente ma che non ha fatto, è proprio la legge 24 .
La legge 24 anziché preoccuparsi del conflitto sociale tra cittadini e medici, quindi occuparsi di relazioni difficili, che è il vero problema del nostro tempo, si è preoccupata di rendere le cure più sicure e per giunta di renderle più sicure, nel modo più sbagliato, cioè attraverso l’imposizione di procedure. Cioè le linee guida.
La legge 24 fa un autogol terribile perché alla crescita dei diritti dei cittadini non concede ai medici più autonomia ma impone loro più limiti obbligandoli a rispettare delle linee guida.
Se una legge è sbagliata va riscritta La commissione inesperta non avverte il proprio committente di questa contraddizione ma persiste nell’errore, proponendo di sostituire le linee guida con le best practice. Cioè se non è zuppa è pan bagnato. L’idea di fondo è molto banale: il medico nonostante la complessità sociale cresca in ragione dei diritti dei cittadini , non ha bisogno di maggiore autonomia anzi deve seguire semplicemente delle istruzioni e diventare suo malgrado un “linea guidaro”[7].
Ma a parte questo il problema vero è che la commissione, davanti ad una legge sbagliata, propone proprio perché inesperta di riconfermarla aggiustandola solo un pò. Eppure la commissione sapeva bene che il conflitto sociale tra medici e cittadini, dopo il varo della legge 24, era enormemente aumentato e non diminuito. Cioè che la legge 24, proprio perché sbagliata, non aveva funzionato. Il che accresce i dubbi sulla sua “competenza”.
Poteri che variano in modo inversoOggi, il vecchio potere del medico, quello che derivava dalla famosa “professione liberale” e che gli concedeva la più ampia autonomia ormai, come dimostra, sia la medicina difensiva che la crescita delle controversie legali, ma anche la crescita delle procedure pensate per guidare il medico , è sempre più in calo .
Affermare ciò significa affrontare il problema del nostro tempo che è quello di due ruoli e quindi due poteri che variano in modo inverso: il primo raddoppia, il secondo dimezza.
Nel momento in cui, il potere del malato cresce, il malato diventa perfino invasivo a volte arbitrario e qualche volta tirannico. Ribadisco che il problema di fondo non sono interessi da riequilibrare ma sono le autonomie da ridefinire ma dentro una relazione asimmetrica.
Manca un pensiero di riformaTutto questo ci dice però una cosa sola: per salvare la situazione, le proposte adeguate vi sarebbero, e anche di molto interessanti, ma solo se si mette in campo una coraggiosa proposta di riforma della medicina e della professione. Non è possibile farlo separatamente.
E qui casca il famoso asino. La commissione per incompetenza non è in grado neanche di concepire, e meno che mai, di ipotizzare una proposta di riforma. Il “buco nell’acqua” coincide con l’incapacità della commissione, di concepire un pensiero di riforma, in grado di cambiare i processi negativi in corso.
Dalla professione autonoma alla professione esecutivaA me, a volte, sembra impossibile che la professione medica, con tutte le evidenze che ci sono e con tutti i guai che ha, ma anche con tutte le intelligenze notevoli che ha ( in questi anni ho conosciuto migliaia di bravi medici aperti al cambiamento), non si renda conto della tragedia che, piano piano, ma inesorabilmente, ne sta decretando la fine. Di fatto sta cambiando il “genere” di professione che da “liberale”, che era, sta diventando sempre più “servile” ma sempre meno al servizio dei diritti delle persone e sempre più dipendente da interessi i più diversi. La professione sta diventando sempre più una professione esecutiva e sempre più proceduralmente eteroguidata. Cioè sempre meno intellettuale. Quando i medici smetteranno di garantire i loro malati e il contratto sociale, non ci sarà più, i medici non saranno più medici. Avremo solo “server”[8] e dirigenti .Ma non più medici.
Una tendenza che sicuramente crescerà ancora di più, a causa dell’ingresso massiccio in medicina, dell’informatica.
Siamo davanti ad una immensa anticostituzionalitàLe sorti dei malati sono legate da sempre a quelle dei medici e quando i medici a causa dei loro guai vanno contro la Costituzione essi vanno loro malgrado e nello stesso tempo, contro i malati.
La questione, alla quale confesso non riesco a rassegnarmi, è la sua immensa “anticostituzionalità” perché il primo che pagherà il conto di questa regressione a parte il medico sarà il malato. Quindi tutta la società. Andare contro i diritti dei malati per me resta un grave reato contro la Costituzione. Tutto questo, a parte le responsabilità pesanti della commissione dimostra, soprattutto, le enormi responsabilità della professione. Responsabilità storica che secondo me riguarda chi li rappresenta. Cioè chi decide in nome e per conto di tutti i medici.
Un madornale erroreDiciamo tutta la verità: se è vero che la commissione ha fatto un buco nell’acqua è perché la professione non glielo ha impedito. Oggi chi rappresenta la professione ha enormi responsabilità. Capisco che siamo al massimo della complessità storica, anzi che siamo dentro una società inedita, difficile da governare, ma certe responsabilità, davanti al valore della professione, non hanno attenuanti . Oggi i primi a far la festa ai medici sono i medici che per le ragioni più diverse li rappresentano . Non aver fatto gli stati generali della professione, come promesso dalla Fnomceo con il consenso di tutti nel 2018, per ragioni che, data la loro meschinità, sono inenarrabili, cioè indegne di una classe dirigente seria, di sicuro per la professione resta uno dei suoi più madornali errori. Un errore che pagherà a caro prezzo. Di questo i malati e i cittadini non hanno colpe
Il decalogo per una eutanasia della professioneHo letto il decalogo presentato da
Filippo Anelli a nome della "lista unica” per essere rieletto alla presidenza della Fnomceo.
“Lista unica” vuol dire, che , che tutta la professione condivide il decalogo, senza alcuna eccezione. Quindi il decalogo, nei contesti dati, oggi può essere considerato la sintesi della strategia dell’intera professione.
Se intendiamo, il decalogo, come un testo da interpretare, analizzando per esempio tutti e 10 i suoi “verbi transitivi” (difendere, preservare, sostenere, riproporre, promuovere, favorire ,tutelare, approvare, incoraggiare, avviare)cioè il rapporto tra le cose che esso intenderebbe fare e i problemi che la professione vorrebbe risolvere, mi pare di poter dire che, in pieno conflitto sociale con questa società , in mezzo a cambiamenti strutturali e sovrastrutturali di ogni tipo , con una medicina impantanata in un vecchio paradigma che fa acqua come un colabrodo, la professione medica è chiusa semplicemente in difesa del suo passato. Regressiva. Anziché sforzarsi di andare avanti rifiuta l’ostacolo e cerca di tornare indietro.
Una professione condannata dalla follia degli imbecilliSi pensi che, nonostante i fallimenti politici incassati “ufficialmente” dalla professione, il decalogo ripropone, tra le varie cose, di nuovo una legge sull’atto medico e una legge per sua depenalizzazione. Cioè ripropone la difesa tout court della sua invarianza e della sua intangibilità ostinandosi ad inseguire obiettivi sbagliati.
Per queste ragioni, la professione medica, è condannata al declino, cioè a mutare ma in peggio alla mercè di tutti e di tutto ma sempre meno al servizio dei diritti delle persone, ma non a causa dei cambiamenti epocali “cattivi” ma a causa della sua macroscopica miopia che con questi cambiamenti si è rifiutata di confrontarsi di dialogare ma soprattutto di negoziare.
L’idea di fondo del decalogo di resistere ma anche di rifiutare i cambiamenti di una intera epoca è per citare Parini la classica “follia degli imbecilli
La commissione D’Ippolito davanti a questa situazione, spaventosamente regressiva, incurante dei danni che subiranno i diritti dei cittadini e la nostra intera società, si limita a prendere atto di questo declino e a dare il suo “nulla osta” facendo con ciò davvero al suo committente il peggior servizio possibile.
ConclusioneNon c’è dubbio che la partita con il cambiamento, sia i medici che la commissione D’Ippolito, se la sono giocata molto male. Io mi ero illuso che fosse possibile raddrizzare le cose. Le 100 tesi che ho scritto per conto della Fnomceo[9] avevano questo obiettivo ma per ignavia per ragioni vili e meschine per opportunismi personali, la Fnomceo per prima le ha rinnegate. Ma la questione che mi brucia di più, ribadisco ancora, è la mostruosa “anticostituzionalità” di tutto ciò. Cioè la “mostruosa ingiustizia”, che io considero la vera “colpa grave” dei medici come professione e, della quale, la professione certamente dovrà risponder ma nel tribunale della storia, quando tra qualche anno ci accorgeremo dei gravi errori fatti. Che colpa hanno i cittadini se sia il decalogo di Anelli che le risultanze della commissione D’Ippolito sono drammaticamente strategicamente sbagliate? E che colpa hanno i cittadini se nonostante i loro diritti essi, oltre le petizioni retoriche, in realtà non contano e non conteranno mai niente? A che serve avere una Costituzione se poi chi avrebbe il dovere per primo di rispettarla, è il primo a negarla?
Ivan Cavicchi[1] I. Cavicchi Medici VS cittadini. Un conflitto da risolvere Castelvecchi editore 2024[2] Quotidiano Sanità I. Cavicchi Tra il protezionismo che chiedono i medici e il ‘malatismo’ di certi cittadini oggi più che mai si deve trovare un equilibrio 1 marzo 2024[3] I. Cavicchi. La questione medica. Come uscire dalla palude e book Quotidiano Sanità edizioni 2015[4] I. Cavicchi Ordine dei medici di Trento: Riformare la deontologia. Proposte per un nuovo codice deontologico Edizioni Dedalo 2018[5] I:Cavicchi L’evidenza scientifica in medicina. L’uso pragmatico della verità Nexus Edizioni 2020[6] I:Cavicchi La scienza impareggiabile Medicina medici malati 2022 Castelvecchi editore[7] I:Cavicchi :È il momento dei “lineaguidari” Quotidiano sanità 26 febbraio 2016[8] Maria Luisa Agneni. Non facciamo diventare il medico un server Quotidiano sanità 11 marzo 2024 [9] I. Cavicchi 100 tesi per discutere il medico del futuro 2018. Stati generali della professione medica. Fnomceo Editor
20 gennaio 2025
© Riproduzione riservata
Altri articoli in Lettere al direttore