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Il nuovo Atto di indirizzo del ministero non è affatto rassicurante sulla salute mentale

di Andrea Angelozzi

05 FEB -

Gentile Direttore,
raccontano che un signore era alla fermata del bus da 4 ore .. notato da un passante che nel frattempo era andato e tornato dal lavoro, ha spiegato che in realtà lui aveva atteso il bus solo per 30 minuti … il resto del tempo era solo per la curiosità di vedere quando arrivava.

Confesso che ormai è con la stessa sensazione che mi avvicino ai documenti programmatici, e con questo spirito ho letto l’Atto di Indirizzo del Ministero 2025 del quale puntualmente ci riferisce Quotidiano Sanità.

Sarebbe ingiusto dire che mancano i riferimenti alla salute mentale. La maggior parte sono riferimenti indiretti. Colgo in tal senso il rilievo dato alla attività formativa ma mi domando in che senso può aiutale la salute mentale l’attenzione alle infezioni ospedaliere. Ed ho molti dubbi che la sicurezza per gli operatori psichiatrici sarà meglio garantita da una aspra repressione degli episodi di violenza, da un filtro degli accessi e dalla video sorveglianza, quando si sa da tempo che solo una adeguata continuità di cura tutela dalla violenza relativa ai disturbi psichiatrici.

Certo, continuerà attuazione del Programma Equità, che però, con investimenti molto modesti, riguarda la salute mentale di solo sette regioni; probabilmente qualche maggiore collaborazione fra professionisti nascerà dallo sviluppo del fascicolo elettronico (sempre che non serva per sostituire il parlarsi con il guardare un monitor), mentre la telemedicina darà l’illusione di poter seguire adeguatamente pazienti psichiatrici attraverso videochiamate, per le quali peraltro occorre come minimo che all’altro capo qualcuno ci sia nei Centri di Salute Mentale, sfidando la progressiva desertificazione. Colgo le promesse di un potenziamento della medicina territoriale, ma vedo che si parla di MMG, di Case della comunità e di farmacie, dimenticando i servizi che operano sul territorio.

Alla salute mentale è dedicato un paragrafo specifico di ben 20 righe (su circa 1600), di cui cinque dedicate alla demenze ove proseguono le attività in atto; cinque righe sono dedicate all’ambito penitenziario in cui si include la continuazione di quanto i DSM fanno attualmente per i pazienti autori di reato e quanto fa la psichiatria nelle carceri; quattro sono dedicate all’autismo dove proseguiranno gli interventi in atto. Evidentemente c’è grande soddisfazione per i risultati ottenuti.

Le restanti sei righe spiegano che “particolare attenzione sarà rivolta al settore della salute mentale e alle misure volte a rafforzare i servizi di supporto psicologico e psichiatrico” cosa che dovrebbe avvenire anche con una interessante ma non meglio precisata “stipula di Protocolli di Intesa e Accordi di collaborazione interistituzionali finalizzati al rafforzamento della sinergia operativa intersettoriale su tematiche di grande interesse e rilevanza per la salute pubblica.” Molto interessante, ancora di più se venisse spiegato cosa significa, e soprattutto se qualcuno pensa che la “sinergia operativa intersettoriale” possa risolvere le carenze di progetto e di risorse che ormai impregnano la salute mentale.

Per quelle probabilmente si pensa all’ "aggiornamento del Piano di Azioni Nazionale per la Salute Mentale (PANSM) del 2013 in coerenza con il piano del WHO "Comprehensive Mental Health Action Plan 2013– 2030”, che però rischia, come il precedente, di illustrare una serie di cose bellissime da fare per talune patologie, senza dire con quali risorse, e senza nemmeno sfiorare le tante questioni più generali: da un TSO a rischio di illegittimità insieme alla legge 81/2012, alla posizione di garanzia, alla sempre minore rispondenza dei servizi alle problematiche attuali, al crescente ruolo dei privati, al progressivo allontanarsi da un modello di psichiatria di comunità, all’impoverimento di personale, giusto per citarne qualcuna mentre sono alla fermata del bus.

Quanto alla salute mentale dei minori, probabilmente rientra nella “promozione della salute delle donne, dei bambini e degli adolescenti” che “rappresenta un fondamentale investimento per lo sviluppo e il benessere della società nella sua interezza”, in un generico “promuovere il benessere psicofisico degli adolescenti” ed in un ancor più generico “rafforzare il ruolo dei Consultori Familiari e valorizzazione dell’accessibilità e della prossimità dei servizi di base garantiti dal SSN”.

Il programma alla fine fa due cose: rassicura che la salute mentale è fondamentale e riceve attenzione particolare, e promette che di prosegue quello che si sta facendo. E dal momento che la attenzione particolare da anni non ha minimamente affrontato, tantomeno risolto i vari problemi della salute mentale, e che quello che si sta facendo, e che il SISM ci testimonia, è il progressivo impoverimento dei servizi, con il ripristino di una logica, o di abbandono con delega alle famiglie, o neoistituzionale, non pare affatto rassicurante.

Mentre aspetto il bus, mi vengono alcune domande di fondo.

Cosa serve scrivere un progetto che per almeno per quanto riguarda la salute mentale si limita a fare promesse che mi ricordano quelle che scrivevo da bambino per Natale e che per giunta in sostanza promettono di continuare l’attuale drammatico stato delle cose? E chi ha scritto queste cose ha provato a vedere i dati relativi al funzionamento della salute mentale in Italia? A cosa serve il Sistema Informativo Salute Mentale se nessuno ne tiene conto e non ha mai portato ad alcuna effettiva programmazione?

E soprattutto, chi ha scritto queste righe ha mai sentito dei tanti problemi che costantemente, in ogni sede, operatori, pazienti, familiari ed associazioni scientifiche pongono circa quello che non funziona nella attuale organizzazione?


Andrea Angelozzi
Psichiatra



05 febbraio 2025
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